Nel nome della Rosa
Commemorazione in memoria dei giovani laburisti norvegesi vittime del massacro di Utoya. Alla commemorazione, organizzata nel corso della Festa nazionale socialista a Bologna il 3 settembre 2011, sono intervenuti tra gli altri Svein Roald Hansen, deputato
E’ difficile commemorare le persone vittime di una strage, perché tale è la tragedia norvegese, avvenuta in due tempi: prima ad Oslo, a significare l'attacco al cuore delle istituzioni, poi a Utoya, per colpire il Paese nelle sue generazioni più giovani, le classi dirigenti del futuro.
E' difficile dimenticare le immagini dei morti e dei sopravvissuti, dei giovani, ragazze e ragazzi, scampati alla strage perpetrata da un loro quasi coetaneo. Facce incredule, occhi sbarrati, sguardi persi nel vuoto, e in tutti un punto di domanda immenso: cosa voleva affermare questo disgraziato assegnandosi il ruolo di giustiziere?
Mi sono data questa risposta: ha voluto dimostrare in modo feroce e cruento la suo ostilità ad un modello di società e ad uno stile di vita, quelli norvegesi, e a una scelta di impegno politico dei giovani laburisti, e lo ha fatto cercando di annientarli fisicamente.
Per noi socialisti, socialdemocratici, laburisti europei la Norvegia rappresenta un modello a cui noi aspiriamo: un Paese bello e civile di cui ha fatto il ritratto Adriano Sofri il giorno dopo la strage in uno scritto insieme poetico e vero. L'ho riletto più volte.
Della Norvegia Sofri scrive che “quando arrivò a capo della creazione, Dio si frugò nelle tasche e trovò una manciata di granelli di polvere. Rovesciò le tasche, strofinò i polpastrelli, la polvere cadde e fece la Norvegia, mari e monti, isole e fiordi. Nessun posto del mondo è così bello e civile.” E’ un’immagine di poesia che piace a noi socialisti, anche a quelli non credenti, perché dà l’idea di un Paese speciale. E lo è davvero la Norvegia, per tante ragioni: per la natura, che è amata dai suoi abitanti al limite della identificazione; per la sobrietà dei suoi cittadini, tutti, dalla famiglia reale all’ultimo cittadino, ma lì gli ultimi sono difficili da trovare; per la storia che ha visto la Norvegia, sorella povera tra i Paesi scandinavi, non perdere il senso della parsimonia dopo aver scoperto il petrolio nel Mare del Nord che l’ha resa ricca; per la politica che la vede impegnata tra i primi Paesi come donatore nella cooperazione allo sviluppo e rigorosa nella scelta dei partner commerciali: non ci sono dittature o violatori di diritti umani tra di loro, ci sono tante nazioni povere e tante forme di cooperazione per la formazione, in primis dei diritti umani, tra i quali quelli sessuali e riproduttivi.
La Norvegia è il Paese della parità tra uomini e donne, il primo in Europa ad avere scelto come prima ministra una donna, Gro Brundtland, già nei primi anni Ottanta. Da lei tante donne socialiste hanno imparato l’importanza e l'utilità delle quote rosa e la necessità che prevedano una massa critica, almeno un terzo, perché la voce di chi è meno rappresentato non sia flebile e quindi inascoltata. E’ il Paese dove nove padri su dieci prendono il congedo di paternità e dove una commissione incaricata dal parlamento ha studiato il fenomeno del pay-gap, la diversità di salario tra uomini e donne a parità di prestazioni, che è il più resistente a ridursi, proponendo soluzioni concrete.
A questo Paese noi socialisti europei e italiani esprimiamo la nostra ammirazione e la nostra gratitudine. Siamo grati alla Norvegia e al suo popolo che è così speciale. Anche la sua gioventù è speciale e lo abbiamo visto nel suo essersi riunita a Utoya: mentre in tutto il mondo i giovani manifestano la loro protesta in modo a volte pacifico, come in Cile, Spagna, Israele, a volte violento come a Londra, i giovani laburisti norvegesi avevano scelto di partecipare ad una scuola di formazione e lavoro politico.
Credo sia questo che il fanatico giovane norvegese ha tentato di fermare e distruggere: la voglia di impegno e la passione politica dei giovani laburisti, in una fase in cui l’antipolitica è la cifra di tanti, giovani e meno giovani.
Dobbiamo dire grazie a questo popolo, a questi giovani morti e a quelli che continuano il loro impegno; a Gro Brundtland maestra di tante giovani donne socialiste, al Primo Ministro Stoltenberg, così fermo nel difendere il modello norvegese, a Jag Jagland, presidente del Comitato per il Nobel e per anni paziente tessitore di relazioni pacifiche tra Israeliani a Palestinesi dentro la grande famiglia dell’Internazionale Socialista....
A loro e a tanti altri diciamo il nostro grazie, grazie di tutto, takk for alt, come sta scritto sulle tombe norvegesi. Sofri dice che è il modo di accomiatarsi dal mondo dei morti norvegesi; io credo sia un grazie dai morti ai vivi e dai vivi ai morti, un grazie reciproco, per affermare ancora una volta una reciprocità generosa e rispettosa.
Donne in Giunta, o poche, o troppe
articolo sull'Avanti! del 24 luglio 2011
Sabato 16 luglio, ho provato soddisfazione leggendo su diversi quotidiani che il Tar del Lazio ha sciolto la Giunta di Roma perché inclusiva di una sola donna ed ha imposto al Sindaco di modificarne la composizione, prevedendo una presenza più equilibrata dei due sessi. Alemanno si è dichiarato immediatamente disponibile, pur non d’accordo con la sentenza, ed ha indicato il nome di Rossella Sensi come nuova Assessora.
Ritengo quella del Sindaco una risposta assolutamente insufficiente, direi quasi uno sberleffo al Tar. Come si può parlare di rispetto dell’articolo 5 dello Statuto che impone “una presenza equilibrata” di uomini e donne se le donne in Giunta saranno due e gli uomini undici, il Sindaco e dieci Assessori maschi? Siamo seri!
Sempre a proposito di donne e uomini nelle amministrazioni locali, ho invece avvertito un senso di disagio mentre leggevo su L’Eco di Bergamo di domenica 17 l’articolo sulla Giunta di Valnegra, una Giunta tutta di donne, guidata da Virna Facheris, persona che ho avuto modo di conoscere ed apprezzare.
Mi è parso che l’intervista della Sindaca, questo era il contenuto dell’articolo, intendesse essere una risposta alle vicende della Giunta di Roma, tant’è che l’occhiello dell’articolo riportava: “Giusta la decisione del Tar del Lazio: più donne nella squadra di Alemanno”.
Il mio “disagio” viene dal collegamento tra le due “vicende”, presentate la prima come esempio negativo, la seconda, al contrario, positivo.
Il problema è che considero entrambi i casi “problematici” in quanto all’errore di Alemanno si contrappone un altro errore, anche se di segno opposto. Se riteniamo “squilibrate” le giunte perché ci sono troppi uomini, perché consideriamo positive quelle “squilibrate” a favore delle donne?
Si possono elencare tante ragioni per giustificare questo squilibro, a partire da come è stata costruita la Giunta di Valnegra, modalità che la Sindaca racconta nell’intervista con chiarezza e in modo convincente: “Quando ho iniziato a pensare alla lista, il mio obiettivo primario non era quello di mettere delle donne, ma persone competenti. Il caso, o la fortuna, ha voluto che fossero donne”.
So che la Giunta di Valnegra sta facendo un buon lavoro ma mi chiedo se non dobbiamo essere proprio noi, consapevoli di essere state ingiustamente e a lungo escluse dai luoghi decisionali, a dare l’esempio costruendo organismi che prevedano una presenza equilibrata di uomini e donne, siano essi consigli comunali, giunte, consigli di amministrazione di società o governi nazionali.
Non è solo per affermare un principio di equità, che pure è un fatto importante, ma lo proponiamo anche perché è “conveniente”: il doppio sguardo, maschile e femminile, aiuta a leggere la realtà nella sua complessità e a proporre le soluzioni migliori, in tutti gli ambiti e a tutti i livelli, dalle piccole realtà come quella di Valnegra fino alla Giunta di Roma capitale.
Lo dice la stessa Sindaca parlando della sua esperienza: le donne si dedicano più ai servizi sociali, alla scuola … e gli uomini sono più pratici, pensano, ad esempio, alle opere pubbliche.
Non è forse questo sguardo a tutto campo e l’approccio inclusivo del mondo maschile e femminile quello che abbiamo sempre cercato di realizzare noi donne impegnate a costruire la parità in ogni situazione, a partire dalla democrazia paritaria?
La coerenza è una virtù, cerchiamo di esercitarla non perdendo nessuna occasione per praticarla, andando nella direzione giusta, sempre e comunque.
Se non ora quando - Siena 9 e 10 luglio 2011
intervento di Pia Locatelli
Tre minuti per riferire sul Comitato di Bergamo e interloquire con le proposte avanzate questa mattina.
A Bergamo ci siamo prese l’ impegno di organizzare ogni 13 del mese un’iniziativa:
13 febbraio: manifestazione nel centro della città, incredibilmente partecipata per una piazza piuttosto conservatrice come è quella di Bergamo;
13 marzo: manifestazione dei fiocchi rosa, sotto una pioggia che ci ha fatte fradice ma felici;
13 aprile: proiezione del filmato “Libere” di Cristina Comencini e dibattito con Iaia Caputo;
13 maggio: spettacolo teatrale, protagoniste una compagnia di giovani donne nel piccolo anfiteatro di una biblioteca;
13 giugno: riflessione con Marina Piazza sulle prospettive future di Se non ora quando a Bergamo, su orizzonti, obiettivi, azioni per realizzarli. Non abbiamo definito una linea con chiarezza, abbiamo deciso di aspettare la due giorni di Siena prevedendo che da lì sarebbero venute indicazioni sia organizzative sia tematiche.
Dagli interventi di ieri sono venute sollecitazioni e proposte interessanti e ricchissime che non possiamo permetterci di sprecare. Ieri è stato detto che abbiamo convocato il Paese e l’abbiamo fatto così bene che in tante e tanti hanno risposto. Questa grande risposta, ricca di aspettative, ci carica di responsabilità.
Per essere all'altezza del compito che ci è stato assegnato dobbiamo essere capaci di essere unite e strategiche, di andare tutte nella stessa direzione senza per questo rinunciare alle nostre indentità, di persone e di gruppi e associazioni.
Ci siamo assegnate alcuni temi da discutere in questo nostro primo incontro: le brutte immagini di donne nei media e sui muri, il mancato posto fatto alle donne nella vita pubblica, a partire dal lavoro, e il nesso che lega questi due aspetti.
Ieri abbiamo parlato anche di questo, insieme ad un valanga di tante altre cose. La ricchezza di idee e proposte è un fatto positivo; mi chiedo se siamo state o possiamo essere altrettanto incisive. Dobbiamo fare attenzione a non dis-perderci a causa di un eccesso di “ricchezza” di proposte.
Per questo parlo della necessita di una strategia per rendere efficace la nostra azione: meglio due, tre priorità ben definite e perseguite con determinazione che un insieme ricco di tante cose, certamente giuste, ma di scarsa efficacia.
E' fondamentale essere unite, andare tutte nella stessa direzione essendo capaci di rinunciare all'affermazione di una parte di sé per una azione condivisa, anche con quelle donne della destra che però condividono alcuni principi di fondo. Credo, ad esempio, che Giulia Buongiorno piuttosto che Flavia Perina condividano con noi il rifiuto di un modello di organizzazione della società che affida agli uomini la produzione e alle donne la riproduzione. E allora avanti insieme.
Lo ribadisco: unite e strategiche.
Infine, e sono argomenti ineludibili, dobbiamo affrontare il tema del rapporto con il potere, e non solo politico ma anche, ad esempio, economico; il tema del rapporto con le istituzioni, il tema della definizione di regole per il nostro movimento. So di toccare un tasto delicato, ma sono convinta che definirle ci consente di stare bene insieme e di agire in modo efficace senza che questo significhi controllo di nessuna su nulla.
Le proposte avanzate all'inizio dei lavori di questa mattina, costruzione della rete a partire dai territori, ricerca delle risorse disponibili nei territori, ruolo funzionale del coordinamento nazionale... vanno in questa direzione.
Non siamo le solite di sempre
articolo sull'Avanti! del 17 luglio 2011
Previste 200-300 partecipanti, iscritte oltre 1.000, presenti oltre 2.000, donne e alcuni uomini, decine di migliaia di contatti attraverso blog, facebook, twitter...: questi i numeri dell'incontro di Siena del 9 e 10 luglio, la prova che Se non ora quando ha colto nel segno dando speranza alle tante donne, e anche uomini, che si sentivano impotenti nel contrastare il degrado dell'immagine femminile e il ruolo negato alle donne nella vita del Paese.
La manifestazione del 13 febbraio e la due giorni di Siena indicano che si può uscire dall'impotenza e mettere in movimento le energie disponibili per cambiare un Paese bloccato, represso, senza desideri.
Siamo partite dalle tre proposte avanzate l'otto marzo, accompagnate dallo slogan “rimettiamo al mondo l'Italia”:
- Indennità di maternità universale a carico della fiscalità generale, perché tutte le donne che lavorano devono poter scegliere se essere madri, anche le precarie, che ora non possono scegliere.
- Riproposizione della legge che impediva la pratica delle dimissioni in bianco, strumento odioso imposto all'atto dell'assunzione per aggirare il divieto di ...libertà di licenziamento, usato soprattutto contro le donne a rischio di maternità, legge già esistente la cui cancellazione è stato il primo atto dell'attuale governo.
-Congedo di paternità obbligatorio: i figli e le figlie si fanno in due ma troppo spesso quando vanno allevati e accuditi risultano essere figli/e delle sole madri. Se per le donne il congedo di maternità è obbligatorio, la facoltatività di quello per i padri ha trasformato in una sorta di handicap quello che continuiamo a considerare un segno di civiltà. Congedo per i padri obbligatorio, retribuito al 100% e a carico della fiscalità generale: si rimette al mondo l'Italia anche condividendo gioie e fatiche di famiglia e lavoro.
Rappresentazione dei corpi e lavoro delle donne sono le due facce dello scandalo italiano, dicono le donne di Se non ora quando: questo è stato il punto di partenza su cui abbiamo costruito l'incontro di Siena proponendo come contenuto il nesso tra le brutte immagini di donne che attraversano gli schermi e riempiono le riviste e il mancato posto fatto alle donne nella vita pubblica, a partire dal lavoro.
Si comincia il 9 luglio poco prima di mezzogiorno con le proiezioni video del 13 febbraio; seguono alcuni interventi introduttivi: Francesca Izzo, una filosofa insolitamente (per una filosofa, non per lei) concreta, che parla di superamento di barriere, anche quelle dei diversi femminismi; Linda Laura Sabbadini, direttrice centrale dell’Istat che fotografa l'Italia al femminile, e non è una bella fotografia; l’economista Tindara Abbado; Sabina Castelfranco, rappresentante della stampa estera che racconta perché la manifestazione di febbraio ha conquistato le prime pagine dei giornali stranieri e come viene letta oltre frontiera la questione femminile nel nostro Paese.
Poi gli interventi, ricchi, vivaci, creativi, interessanti, liberi, sciolti e, miracolo, ordinati, anche nei tempi. Una sessantina nel pomeriggio della prima giornata, un susseguirsi di voci per un percorso a volte corale a volte individuale; tre minuti a testa per tutti e tutte, comitati, associazioni, singole donne, archeologhe o artiste; anche qualche politica cui è stata rivolta una leggera contestazione, segnale di una certa insofferenza verso quel mondo più che verso di loro.
Quattro ore di interventi in una piazza piena di donne, giovani e meno giovani, qualche uomo, in tante ad inseguire l'ombra degli alberi e di vecchi palazzi, piccoli stand e qualche impianto tecnologico che ci ha proiettate fuori dal Prato di Sant'Agostino, fuori da Siena, anche fuori dall'Italia attraverso le reti dei social network.
A conclusione un flash mob in Piazza del Campo dove siamo state guidate da una street band; a sera di nuovo a Prato di Sant'Agostino, per una gioiosa festa con la regia di Lunetta Savino.
Il giorno successivo è stato il momento per gli impegni, i contenuti e la proposta politico- organizzativa per far pesare la forza che abbiamo costruito, pur nelle differenze che devono essere riconosciute. Alcune sono differenze antiche, altre nuovissime non solo perché ci sono le giovani, finalmente, ma anche perché ci sono aggregazioni recentissime. Non siamo le solite di sempre. Qualcuno dice che il 13 febbraio abbiamo convocato il Paese e il Paese ha risposto. La composizione della piazza di Siena ne è la conferma.
Il progetto è di una rete inclusiva, accogliente, capace di superare le barriere identitarie, una rete ugualitaria - il Comitato nazionale ha esclusivo ruolo funzionale -, costruita a partire dalle diverse realtà locali, una rete agile e insieme stabile e organizzata, alla cui base stia la dimensione di giustizia. Nessuna vuole diventare partito ma è concreta la domanda di politica e di interlocuzione con partiti e istituzioni. C'è una nuova forza sulla scena politica nazionale, nata da un patto leale tra le mille realtà femminili che si incontrano e si riconoscono.