Le ragioni del Patto Civico
Intervento di Pia Locatelli alla giornata di formazione del Patto Civico per la Lombardia
27 gennaio 2013
La parola patto ha la stessa radice etimologica di pax e questo mi pare un buon inizio e un buon auspicio.
Patto: è un accordo basato sulla fiducia reciproca; in esso la fiducia è un dato di partenza, che si alimenta vicendevolmente nel percorso con la credibilità, la lealtà e la speranza e ci conduce, nel nostro caso, alle elezioni e oltre le elezioni;
Civico (da civis) nel senso che appartiene ad una comunità di persone libere che stanno insieme in comunanza, quindi è concetto opposto a quello di “privato”, nel senso di persone che si occupano degli affari propri, che si fanno i fatti propri; civico, comune quindi come opposto al “personale”, al privato.
Perché oggi c'è la necessità di un patto civico? Il nostro patto è una forma nuova di partecipazione democratica capace di rispondere all’antipolitica dilagante, il cui bersaglio non è, mi pare, la politica in quanto tale, quanto piuttosto i partiti, così rigidi ed autoreferenziali, impotenti nello stabilire un processo di identificazione e di identità con gli/le elettori/ trici, poco democratici nella loro vita interna, in crisi di rappresentatività eppure così pervasivi negli ingranaggi dei luoghi di potere.
Il patto civico come antidoto alla politica-mercato, politica-spettacolo, un ambiente connotato da forte strumentalizzazione, da corruzioni, luogo di auto-conservazione ed escludente, che rende tutti prima consumatori, e spettatori, che cittadini.
Il fenomeno non riguarda solo l’Italia ma gran parte dei Paesi europei, le vecchie e le nuove democrazie formatesi dopo il crollo del muro di Berlino. Ma questo non ci rassicura, al contrario.
Nella richiesta di una trasformazione della politica e dei partiti, pur con un voto spurio, le primarie hanno rivelato una massiccia domanda di democrazia e un bisogno potente che la politica torni in primo piano, non continui a nascondersi dietro governi tecnici e affermi di contro un programma di idee alternative sulla crisi. I cittadini sono andati a votare affermando la loro enorme voglia di contare.
In un bell’articolo pubblicato da la Repubblica, a commento delle primarie (titolo: Il parlar-vero delle primarie), Barbara Spinelli richiamava un saggio di Albert Hirschmann del 1970 (Voice, exit and loyalty) in cui si definiscono le categorie che sono più che mai attuali sulla partecipazione: la categoria dell’exit, del chiamarsi fuori, prendendo atto del declino (pensiamo all’alta percentuale delle astensioni), e la categoria della voice, la presa di parola, che è partecipazione, domanda di politica, voglia di contare. Perché le forme della democrazia e della partecipazione si evolvono, a volte in modo naturale, con un consenso che cresce, a volte in forma più faticosa, nello sviluppo di rapporti non facili, come quello che stiamo vivendo, tra società civile, che io preferisco chiamare civica, e politica.
Noi del Patto Civico stiamo tentando di dare una risposta seria a questa “voice”a questa “presa di parola”. E dobbiamo essere seri, convincenti e propositivi, all’altezza della fiducia che è nata dalle primarie, perché la massiccia affluenza “è una presa di parola che costruisce sulla premonizione del declino. Tra exit e voice ci sono più legami di quanto si immagini” [Barbara Spinelli, cit.].
Ce la può fare il Patto Civico? Nel Patto c'è l'idea del mettersi insieme per avere forza, perché il patto dà forza mentre da soli si è limitati e fragili, da qui l’apertura alla società civica e ai partiti di centrosinistra. La fragilità è consapevolezza del proprio limite, e della propria insufficienza, se soli. L'esserne consapevoli è presupposto per costruirci forti. Sembra contraddittorio ma la forza parte proprio dalla consapevolezza della fragilità e la fragilità offre la chiave di accesso alla mutevolezza della realtà. E il tema del limite si situa in un rapporto creativo con le regole, nel quale diventa accessibile e visibile a tutti il gioco politico e dove è possibile stabilire un patto costitutivo attorno alle aspettative reciproche.
I partiti da soli sono deboli, la società civica da sola non ce la fa, da qui la sfida e la bellezza dell'idea del patto, del mettersi insieme in un rapporto solidale, che però va continuamente alimentato nella direzione della fiducia, del darsi, del fare insieme, inventando forme nuove di democrazia partecipativa.
La democrazia è concetto non definito una volta per tutte nelle forme in cui si esprime; il Patto è un esempio di questo divenire in cui cittadine e cittadini protagonisti della polis intendono muoversi su reali basi di dialogo e di coesistenza.
Oggi assistiamo ad un deficit di solidarietà e di comunità, è venuta meno una spinta emotiva e affettiva che fa della generosità la base per aprirsi agli altri: si tratta di donare all’altro/a non per puro altruismo né per ricevere qualcosa in cambio, ma per ricostituire i legami.
Il Patto Civico si propone quindi non solo di contrastare l’illegalità, il malgoverno, la politica mercato, ma intende aver cura, occuparsi di una società in cui sono venuti meno i legami tra le persone, i legami comunitari. Questo venir meno si manifesta, come sostiene Elena Pulcini, in forme di individualismo illimitato (mi faccio i fatti miei) e in forme di comunitarismo endogamico, cioè di un Noi chiuso, basato sulla paura e sull’espulsione del diverso da sé (noi padani, noi bianchi, noi italiani, ecc), diventa intollerante verso ogni tipo di diversità, di sesso, razza, lingua, religione, opinione ( art. 3 della Costituzione).
Noi del Patto Civico accettiamo la sfida del cambiamento e vogliamo inventare forme nuove di partecipazione, un modo di stare insieme in cui la comunità, l’essere-in-comune recuperino il valore dei tratti che sono alla base di una reale integrazione. E nella integrazione sta il concetto del “cum” che si declina in mille forme:
connessione, come capacità di unire, mettere insieme, ordinare, intrecciare situazioni e problemi diversi
comunicazione, come capacità di trasmettere informazioni, costruire un confronto e un consenso autentico
cooperazione, come capacità di operare insieme ad altri per il raggiungimento di un fine comune, di fondare un’impresa collettiva
coesistenza, come capacità di attribuire a ciascun soggetto lo stesso valore, riconoscendone l’identità specifica
coerenza, come capacità di essere costanti e fedeli ad una linea di condotta, che lega e vincola nel collettivo i singoli individui
complementarietà, come capacità di accettare il proprio limite, la propria parte deficitaria valorizzando le risorse e le competenze altrui
confidenza, come capacità di stare in contatto con ciò che si fa qui ed ora e di apprendere dall’esperienza corporea, sensoriale, immaginativa, emotiva, cognitivo-verbale
concordia, come capacità di trovare accordi, di convenire creativamente ad una sintesi armonica
coordinazione, come capacità di sviluppare un comune sentimento di partecipazione attraverso interessi e valori condivisi o positivamente mediati
corrispondenza, come capacità di creare relazioni simmetriche, sentendosi all’altezza delle aspettative altrui
consistenza, come capacità di collocarsi solidamente nelle proprie convinzioni, di tenersi insieme e di stare con se stessi nonostante la diversità delle istanze interne ed esterne
contatto, come capacità di aprirsi alle relazioni sociali, come luogo “attraente”, come occasione di sperimentazione, apprendimento, affinità, originalità.
Non è quindi irrilevante nel programma del Patto Civico il forte interesse per l’integrità morale di ciascun individuo e per le componenti etiche contro la schiacciante prevalenza attribuita all’interesse e al potere economico.
Consentitemi un’ultima considerazione. La generosità si coniuga con la mitezza, nella sua dimensione sociale, come opposto della prepotenza, dell’arroganza, della sopraffazione, dell’arbitrio, approcci che sfacciatamente non si misurano, ignorano e non stabiliscono patti di alcun tipo. Il Patto Civico, nell’affermazione di una democrazia paritaria e solidale, è sostenuto dalla mitezza. Esiste ovviamente anche la dimensione individuale della mitezza, rappresentata da Umberto Ambrosoli, un uomo mite. Se recuperiamo la traduzione dal latino dell'aggettivo mitis, dobbiamo aggiungere un uomo dolce e maturo, due caratteristiche che danno il senso di gradevolezza, equilibrio, compiutezza e realizzazione. Per questi motivi abbiamo scelto Umberto Ambrosoli.