Alla Camera dei Deputati il mio ricordo di Salvador Allende
il video del mio intervento in
Celebriamo oggi il tragico anniversario della morte di Salvador Allende e del colpo di Stato che portò il Paese sudamericano alla dittatura. Iniziò con il golpe la lunga notte della democrazia cilena, una notte durata ben sedici anni.
Oggi ricordiamo tutte le migliaia di persone uccise, scomparse, torturate: lavoratori, intellettuali, dirigenti sindacali, donne e uomini, ragazzi e ragazze uccisi, desaparecidos, torturati, segnati per sempre nella loro vita, quando riuscirono a tenersela stretta e a non morire.
Quel golpe ha segnato le generazioni nate a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta anche fuori dal Cile, anche italiane. Lo shock colpì molti, anche persone solitamente disattente alla politica, e le manifestazioni di condanna dei militari e di solidarietà con il popolo cileno coinvolsero luoghi e persone che mai avevano partecipato a nessuna manifestazione. Tante le iniziative spontanee, mi colpirono in particolare quelle di studenti di scuole dove il Sessantotto non era arrivato, a conferma del fatto che ben pochi rimasero indifferenti.
Il golpe ha avuto riflessi anche sulla politica del nostro Paese, a seguito delle riflessioni che aveva suscitato, riflessioni con le quali noi socialisti non siamo stati sempre d’accordo (mi riferisco al compromesso storico).
In quarant’anni tante le analisi, molte severe nei confronti di Allende e del governo di Unidad popular. Non siamo qui ad esprimere giudizi ma affermiamo con certezza che il presidente Allende era guidato dai valori della giustizia sociale e della libertà, impegnato nella lotta alle ingiustizie e alle insopportabili diseguaglianze sociali. Nella sua campagna elettorale aveva percorso il Cile in tutta la sua lunghezza prendendo impegni che sentì di dover rispettare nel suo breve governo: la riforma agraria; le ricchezze minerarie, rame in primo luogo, che dovevano rimanere cilene e non “rapinate” da società straniere; lo stesso per le imprese elettriche, la radiofonia, la metallurgia, l’industria tessile, che voleva potessero dare un po’ di benessere al popolo cileno. Se oggi la Codelco, la società del rame, è ancora in parte cilena e con i suoi profitti lo Stato riesce ad equilibrare il bilancio statale è anche merito di Allende, come suo merito è la riforma agraria che, insieme a quella successiva del governo Frei, ha posto fine al latifondo, dando il passo alla moderna agricoltura cilena, come ha ricordato il nostro compagno Fausto Longo, oggi senatore socialista in Italia in rappresentanza del continente latino-americano.
Certamente imporre il socialismo con il 36% dei voti era velleitario, così come erano azzardate le spinte oltranziste dei socialisti di Altamirano. Il popolo cileno pagò quell’estremismo con 16 anni di dittatura, dura, crudele.
Ma i popoli imparano, la lezione servì e sedici anni dopo si manifestò una grande capacità di unione: masse popolari di opinioni politiche diverse ma accomunate dall’ideale democratico furono capaci di unirsi e sconfiggere Pinochet non con la lotta armata ma con la partecipazione democratica al plebiscito, imposto dall'opinione pubblica mondiale e soprattutto americana a Pinochet e che chiedeva se lo stesso potesse continuare ad essere Presidente della Repubblica per altri nove anni. Fu sconfitto, inaspettatamente per lui, in una campagna elettorale allegra (Chile la alegria ya viene) e colorata, come abbiamo visto nel recente film-documentario No. I giorni dell'arcobaleno.
Ero parte della delegazione internazionale di osservatori del plebiscito ed è stata una delle esperienze politiche più intense ed emozionanti della mia vita, che ha segnato il mio impegno negli anni successivi, accentuandone il carattere internazionale.
Ad una settimana dal 40esimo anniversario del golpe militare, in un gesto che non ha precedenti, pieno di significati e che apprezziamo, l'Associazione nazionale dei magistrati cileni ha riconosciuto le proprie colpe. "È giunto il momento di chiedere perdono alle vittime e alla società cilena", hanno affermato i giudici in un comunicato, riconoscendo di non aver assolto al loro ruolo di difensori dei cittadini di fronte agli abusi dello Stato.
Prima di concludere voglio ricordare con orgoglio l’azione della nostra ambasciata a Santiago. Il nostro ambasciatore si trovava in Italia nei giorni del golpe e non poté tornare in Cile perché l'Italia non volle giustamente riconoscere la dittatura. Il personale (Piero De Masi - incaricato d'affari
Roberto Toscano- secondo segretario , Damiano Spinola -secondo segretario, la cancelliera Livia Meloni) che si occupo' con molta dedizione agli aspetti amministrativi s logistici degli asilados e l'impiegato Cesare Rampioni.
Gli altri dipendenti continuarono a svolgere le normali attivita' dell'ambasciata rimasto fu fantastico nell’aiuto alle centinaia di persone rifugiate nella nostra ambasciata, che trovarono protezione ed assistenza, anche per poter espatriare con salvacondotti che il secondo consigliere d’ambasciata, Roberto Toscano, contrattava quotidianamente con le autorità cilene..
Del ruolo della nostra ambasciata è rimasto un indelebile ricordo e una perpetua amicizia tra il Cile e il nostro Paese.Tra poco ci saranno nuove elezioni presidenziali: per la seconda volta - non consecutiva, perché in Cile è rimasto il terrore dei presidenti che stanno a lungo al potere - Michelle Bachelet sarà candidata per quello che un tempo era il fronte delle Concertacion. Michelle ha vissuto da protagonista i drammatici anni di lotta alla dittatura, contribuendo in prima persona, lei e la sua famiglia, a difendere la democrazia nel suo Paese. Le auguriamo di vincere le future elezioni e dare continuazione all'impegno di Salvador Allende, che in tanti in Cile continuano a chiamare “il nostro presidente”.