Siamo ormai a tre anni dall’inizio della guerra civile in Yemen nel settembre 2014, una guerra che è partita con un colpo di Stato vero e proprio che ha interrotto un processo di transizione democratica. Nei fatti si tratta di una contrapposizione fra sunniti e sciiti, una contrapposizione che ha un’etichetta religiosa, non certamente un contenuto religioso. In ballo sono gli interessi e le lotte per il dominio della regione, non della religione.
Noi però siamo qui a discutere mozioni che affrontano due aspetti legati in modi diversi a questo conflitto yemenita: il primo riguarda la situazione umanitaria nel Paese, un disastro che le diverse mozioni hanno illustrato nei loro tragici numeri; il secondo la produzione italiana di armi e la loro vendita a Paesi coinvolti nel conflitto.
Noi dobbiamo continuare a sostenere la mediazione delle Nazioni Unite e i negoziati per il cessate il fuoco, ad attivarci per promuovere iniziative volte a fare rispettare il diritto internazionale umanitario e i diritti umani, a favorire le condizioni per una soluzione negoziata del conflitto, per la stabilizzazione del Paese, per la costruzione di una pace duratura e inclusiva di tutte le risorse disponibili, compreso il contributo che le donne possono da come previsto dalla risoluzione ONU 1325 (2000).
Per gli aspetti umanitari, ricordo che alla conferenza dei donatori di Ginevra, il Governo italiano ha annunciato un contributo pari a 10 milioni di euro per il 2017-2018.
Per quanto riguarda il tema della produzione e vendita di armi, ricordo che l’Italia si muove in stretto raccordo con i partner dell’Unione europea, con i quali vi sono incontri periodici di coordinamento a Bruxelles e in un quadro di stretto coordinamento con i nostri principali alleati. Chiediamo quindi il rispetto delle norme vigenti nazionali, europee internazionali anche nel raccordo con i partner dell’Unione europea.