Proposte di legge in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento
Intervento di Pia Locatelli sul complesso degli emendamenti
Questo provvedimento è frutto di un lavoro tutto parlamentare senza nessuna interferenza governativa: un atteggiamento giusto del governo attuale e del precedente perché su temi definiti “eticamente sensibili” il parlamento non deve subire condizionamenti.
Siamo partititi da 16 proposte di legge molto diverse fra loro, abbiamo fatto molte sedute di commissione, votato per alcune decine di ore, 288 emendamenti segnalati, un testo uscito dalla Commissione XII° all’unanimità, anche per l’assenza di chi non ne ha condiviso l’ impostazione di fondo caratterizzata da un profondo rispetto per la volontà della persona autrice delle DAT, le disposizione anticipate di trattamento. Un lavoro rigoroso da parte di tutti e tutte, a partire dalla relatrice Lenzi che ha guidato con prudenza e fermezza i lavori, ascoltando e svolgendo insieme il ruolo di chi deve fare sintesi delle diverse posizioni, tenendo ferma la barra su alcuni punti fondamentali. E mi auguro che i due principali gruppi in quest’aula, PD e 5 Stelle, su questo testo restino uniti, per tutto il suo iter, senza fare ulteriori concessioni e senza tirarsi indietro, a dimostrazione che sui temi etici maggioranza e opposizione possono lavorare insieme per il bene del Paese.
Il nostro Paese ha bisogno di questa legge, ci vengono segnali chiari da una opinione pubblica sempre più informata e sempre più impaziente.
Non possiamo aspettare oltre, sarebbe un altro schiaffo nei confronti dei cittadini, quelli che ancora ripongono un po’ di fiducia in noi. E mi rivolgo soprattutto a chi si oppone a questo testo, un’ opposizione che sembra essere cieca e sorda di fronte alle richieste del Paese. Seicentoventicinque emendamenti su una legge di sei articoli sono una palese volontà a bloccare il provvedimento, di prolungarne i tempi e, confidando nei tempi del passaggio al Senato, far sì che non se ne faccia nulla nemmeno in questa legislatura. Guardate colleghi che questo provvedimento, che alcuni di voi non vorrebbero affatto, è già vecchio e superato. Per l’opinione pubblica è troppo poco. Secondo gli ultimi sondaggi l’80% dei cittadini chiede il diritto di scegliere sul fine vita. La società civile, le sentenze della magistratura, i medici e le strutture ospedaliere, sono molto più avanti, e in molti casi mettono già in atto la materia sulla quale ci accingiamo a legiferare.
Un segno di quanto anomala sia la condizione in cui si trova il nostro Paese viene da una rapida occhiata alla situazione europea: solo l’Italia e l’Irlanda non hanno una legge sul testamento biologico. Ancora una volta ultimi, o tra gli ultimi in Europa.
Non intendo parlare del contenuto del testo uscito dalla commissione. E’ già stato fatto nella discussione generale, oltre che nei diversi incontri cui abbiamo partecipato in tanti città perché questo è tema che ha l’interesse delle persone e lo abbiamo visto nella partecipazione numerosa ed attenta a diverse iniziative.
Ogni volta che mi sono ritrovata a parlarne, ho precisato che questa legge non parla di eutanasia! Questa legge parla di diritto di una persona a decidere se e come vuole esser curata.
Il se è relativo al fatto che a nessuno può essere imposta una cura, attuando così un principio costituzionale; il come viene affrontato in un paio dei sei articoli di cui è composta la legge, articoli che valorizzano la relazione tra la persona cui le cure sono dirette e il medico, anzi l’equipe medico-sanitaria, come propone un nostro emendamento, perché la relazione di cura è più ampia della sola relazione con il medico, in una valorizzazione di tutti i e le protagoniste di questa relazione, comprese le famiglie.
Con questa legge abbiamo inteso dare attuazione a più di un articolo della costituzione, il 32, e pure all’articolo 3 che parla di uguaglianza delle persone,
perché uno degli obiettivi che si prefigge la legge è di superare la differenza di trattamento, ingiusta e incostituzionale, di cui è vittima una persona che è diventata incapace rispetto a chi continua ad essere in grado di intendere e di volere.
Una persona non può perdere la sua identità perché è diventata incapace per un incidente o per la progressione di una malattia. Io sono sempre io mentre vivo due situazioni diverse, e ho il diritto di continuare ad essere titolare dei medesimi diritti.
Noi socialisti abbiamo scritto nella nostra proposta di legge che è necessario distinguere fra l’incapacità sopravvenuta e l’incapacità originaria, in cui versa chi non ha mai avuto modo di formulare validamente una propria scelta perché da sempre incapace o perché ancora immaturo.
Al contrario la mancanza di una legge produce l’equiparazione giuridica, tra la persona che prima della sopravvenuta incapacità ha preso in piena coscienza una decisione se e come essere curato e l’incapace che non ha mai deciso per se stesso; senza una legge in entrambi i casi la volontà dell’individuo è sostituita con la volontà altrui.
Purtroppo è quello che ha chiesto qualche tempo fa il cardinale Bagnasco: “Ci preoccupano non poco le proposte legislative che rendono la vita un bene ultimamente affidato alla completa autodeterminazione dell’individuo”.
Io mi chiedo chi altri dovrebbe decidere della propria vita se non chi ne è, per così dire, titolare?
Noi abbiamo cercato di fare una legge che mantenesse come principio di fondo il diritto di una persona di fare una scelta e il diritto al rispetto di questa scelta, il rispetto della sua volontà. In modo chiaro, preciso. Per questo abbiamo presentato un emendamento che sostituisse nel testo le parole “convinzioni e preferenze” con le parola “volontà”; per togliere ogni possibile ambiguità di interpretazione. Ed è per la stessa ragione che abbiamo scelto di usare il termine “disposizioni” piuttosto che “dichiarazioni”, per amore di chiarezza dei principi.
Noi ci auguriamo che non si verifichi un conflitto nella relazione tra persona destinataria delle cure e medico o équipe medico-santaria; al contrario ci auguriamo che il contesto sia di valorizzazione positiva della relazione di cura, ma …. non è sempre così anche perché siamo portatori di una storia lunga in cui il medico era una sorta di persona la cui parola non poteva essere messa in dubbio. Ricordo il timore reverenziale quando si aveva a che far con “il dottore”.
Proviamo a pensare all’uso del temine con il quale si indicava e ancora si indica la persona in cura: “paziente”.
L’uso di questo termine ci deve far riflettere su come fosse, e in certi casi lo è ancora, sbilanciata la relazione tra le due figure. Quella del medico, che sa e quindi decide e quella del “paziente” persona che è “capace di sopportare” e che ha dovuto “sopportare” anche le decisioni del medico, oltre che la malattia. Era il tempo del “paternalismo benevolo” che aveva forse un senso perché la maggior parte delle persone era ignorante e c’era una sorta di relazione fideistica con il medico.
Ora la situazione è giustamente cambiata e l’origine del consenso informato sta tutta nel cambiamento di questa relazione: nel miglioramento della qualità della relazione tra medici e malati. Anche se, per tante ragioni, questo consenso informato a volte, spero di poter dire solo “a volte”, finisce per costituire un alibi giuridico-burocratico, uno strumento della medicina difensiva.
Facendo ancora riferimento ad alcuni emendamenti che abbiamo presentato:
abbiamo chiesto di cancellare una parte del comma 7 del primo articolo in cui si dice che il paziente non può chiedere al medico trattamenti sanitari contrari a norme di legge esistenti e alla deontologia professionale.
Lo ha detto la relatrice Lenzi, che ancora una volta ringrazio per avere guidsto i lavori con saggezza, che la contrarietà di alcuni di noi all’ introduzione di queste parole nel testo nasce dalle esperienze dell’applicazione della legge 194, la legge sulla interruzione volontaria della gravidanza. Non possiamo non rimarcare per l’ennesima volta che la percentuale del 70% di medici obiettori, con punte in alcune regioni del 90% e addirittura del 100% in numerosi ospedali, non può non far pensare a comportamenti opportunistici. Anche perché molto spesso notiamo una coincidenza tra coloro che invocano il diritto all’obiezione di coscienza, che è un “giusto” diritto, con l’ inerzia quando non la complicità nell’impedire azioni per prevenire l’aborto, che non piace a nessuna di noi che difendiamo la legge, attraverso ad esempio l’aumento del numero e una maggiore funzionalità dei consultori, luogo privilegiato se si vuole davvero sconfiggere l’aborto.
A noi pare che coscienza e quindi obiezione di coscienza e comportamenti opportunistici non vadano proprio d’accordo e non vogliamo incentivare questi comportamenti fornendo un appiglio legale proprio nella legge stessa, oserei dire fornendo una sorta di sollecitazione a questi comportamenti che abbiamo già visto realizzarsi in modo sproporzionato nel caso della 194.
Abbiamo proposto infine di introdurre nel testo il riferimento esplicito alla scelta della sedazione continua e profonda, che ha cambiato la vita consentendo che la morte arrivi in modo dignitoso, ce lo a ricordato in discussione generale Maria Amato. Qualcuno ha definito inutile il riferimento esplicito a questa procedura medica, essendo esplicitamente indicata nel testo la legge 38 del 2010 sulle cure palliative. Noi invece chiediamo che il riferimento sia esplicito perché questo trattamento non è diffuso in modo omogeneo in tutto il Paese. Io ho la fortuna di vivere a Bergamo dove è pratica diffusa, ma non possiamo lasciare al caso, alla fortuna di vivere in un luogo piuttosto che in un altro la possibilità della riduzione progressiva dello stato di coscienza che non abbrevia la vita, ma allevia il dolore alla persona. Lo ha già detto la collega Giordani, facendo riferimento alla letteratura medica, che la durata media della sopravvivenza dei pazienti sedati in fase terminale non differisce da quella dei pazienti non sedati.
Il riferimento esplicito a queste cure rende esigibile questo diritto in ogni angolo d’Italia e noi crediamo che sia un giusto atto legislativo e pure un atto di pietas, cristiana o laica.
E lo affermo con decisione per confermare che l’atteggiamento che ci ha guidato in questo troppo lungo lavoro per portare a termine questa legge, che spero completerà l’iter in questa legislatura, è soprattutto un atto di amore nei confronti delle persone che ci sono vicine e anche verso quelle che non conosciamo. Senza nessun ideologismo che ci pare abbia caratterizzato le azioni di alcuni di noi che hanno parlato addirittura di complotti finalizzati a destrutturare antropologicamente l’umanità o di assassinii. Che tristezza!
La componente socialista voterà a favore del primo articolo.