“Sono centinaia di migliaia le donne che nel corso delle guerre vengono violentate e stuprate: si tratta di una gravissima violazione dei diritti umani. Lo stupro è usato come arma per contaminare le donne, affinché a loro volta contaminino l’etnia a cui appartengono, come strumento di umiliazione, come premio per le truppe insieme al saccheggio”. Lo ha detto Pia Locatelli, intervenendo al Convegno sul libro, a cura di Simona La Rocca, “Stupri di guerra e violenze di genere”, che si è svolto presso la Sala del refettorio della Camera. e che ha visto gli interventi di Maria Luisa Boccia, presidente fondazione Centro Riforma. Isabella Peretti e Vittoria Tola coordinatrice dell’Udi Nazionale.
Le agenzie delle Nazioni Unite calcolano che più di 60.000 donne siano state stuprate durante la Guerra civile in Sierra Leone (1991-2002), più di 40.000 in Liberia (1989-2003), fino a 60.000 nella ex Yugoslavia (1992-1995), e almeno 200.000 nella Repubblica Democratica del Congo durante gli ultimi 12 anni di guerra. Nel sud del Sudan secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia per i diritti umani delle Nazioni Unite si sono verificati più di 1.300 casi di stupro tra aprile e settembre del 2015 solo nello Stato dell’Unità e più di 50 casi da settembre a ottobre.
Il volume tocca e affonda la mano sul tema dello stupro come arma di guerra, un elemento costitutivo militare che si perpetra dagli albori della storia. Molti i punti esaminati, dalle “marocchinate” e le “mongolate” in Italia durante la seconda guerra mondiale, agli stupri etnici in Ruanda, a quelli commessi dai Caschi blu dell’ONU in Africa, fino alle violenze in Palestina, in Nigeria e nei confronti delle donne curde.
“Un libro che provoca sofferenza e rabbia”, afferma Maria Luisa Boccia, Presidente Centro Riforma dello Stato, ma per la filosofa si tratta di “una sofferenza necessaria perché la prima barriera da infrangere è proprio quella del silenzio”, e romperlo “è già un atto politico”.