“Le ultime vicende della politica europea hanno rafforzato in qualcuno l’idea che la sinistra europea, intesa come socialdemocrazia, non se la passi bene o addirittura che si stia concludendo un lungo ciclo storico. L’errore delle leadership di sinistra, ma non solo, è di aver dimenticato l’empatia, di essersi limitate a studiare la situazione con statistiche e rapporti, ma senza indossare davvero i panni dei perdenti”. Lo afferma Pia Locatelli in un articolo pubblicato sull’ultimo numero di Mondoperaio
“Ma se è vero che in molti casi la socialdemocrazia europea deve rinnovarsi e conquistare anche porzioni dell’elettorato di centro (il caso inglese), è vero anche che altrove, come in Germania, la socialdemocrazia sembra comunque aver superato la sua crisi facendo rotta a sinistra e in Portogallo è al governo, facendo addirittura coalizione con i comunisti”.
“C’è un po’ di tutto nelle difficoltà della socialdemocrazia europea, ma non per tutti la crisi è così grave come quella del Ps di Hollande o del Pasok ora guidato da una donna, Fofi Gennimata. Premesso che pure la ‘dottrina’ meriti quantomeno una rinfrescata alla luce del mutamento sociale in atto e delle sfide di una globalizzazione, la ricerca della giustizia sociale, insieme alla difesa dei più deboli, deve restare la stella polare per orientarsi anche e soprattutto nella ricerca del consenso elettorale, perché le diseguaglianze negli ultimi decenni in Italia come in tutti i Paesi avanzati, sono in crescita.
Questi ideali, propri dei socialisti, per essere perseguiti al meglio richiedono molta empatia. È questa capacità che ci mette in grado di ‘capire’ gli altri, di ‘sentire’ le loro emozioni, soffrire e gioire per loro e con loro, prevedere le loro reazioni. In politica l’empatia è fondamentale e non può essere sostituita dai sondaggi di opinione, pena l’incapacità di comunicare, insieme ai programmi, passione vera, di trascinare sostenitori e simpatizzanti. In queste condizioni non si conquistano i cuori e forse in questi ultimi anni nelle socialdemocrazie europee, in alcune leadership, è mancata anche un po’ di empatia. E poi crisi di leadership, problemi organizzativi, ritardi nell’aggiornare gli strumenti della politica a fronte di un mondo che continua a cambiare molto in fretta e non è più quello del Novecento. Ma non sono i valori del socialismo ad essere entrati in crisi, sono piuttosto i partiti che risentono di un eccesso di professionalizzazione, di un’insufficiente elaborazione delle strategie e dell’incapacità di confrontarsi con i guasti della globalizzazione senza snaturarsi. In alcuni casi c’è la tendenza ad andare al rimorchio del ‘nuovo’ senza neppure tentare di comprenderlo, sposando populismo e demagogia – di destra, ma anche di sinistra – in una deriva semplificatrice, inevitabilmente superficiale e inefficace alla prova dei fatti, ma molto performante nella comunicazione a colpi di tweet e, per i media tradizionali, di slogan”.