“Il linguaggio di genere è soprattutto una questione culturale. Non ci siamo abituati, alcune parole avvocata, sindaca, ministra, ingegnera risultano cacofoniche, per alcuni anche irritanti. La resistenza ad accettare e a utilizzare una declinazione di genere nelle professioni è soprattutto maschile, ma non solo. E’ il caso della “rivolta” di alcune dipendenti della Camera che hanno fatto ricorso contro una delibera della presidenza che comprende la denominazione al femminile nei badge di riconoscimento”. Lo scrive Pia Locatelli in un post su Facebook, ripreso da un articolo su Repubblica.it “Il 10% delle donne che lavorano a Montecitorio, – prosegue Pia Locatelli – 47, si appellano alla loro libertà e chiedono di poter scegliere e non essere obbligate a scrivere il proprio genere nel tesserino. La contestazione riguarderebbe soprattutto la carica di segretario che declinata in segretaria, risulterebbe riduttiva e svilente. Il sospetto che dietro questa fronda ci sia un attacco politico alla presidente Boldrini, più volte messa sotto accusa per aver voluto inserire il linguaggio di genere negli atti parlamentari, c’è tutto. Ma c’è anche altro ed io voglio ragionare su quest’altro aspetto. C’è la percezione che “segretaria” sia un termine che indica una mansione umile, da sottoposta. E qui è la vera battaglia culturale! Perché ai più la parola segretario al maschile indica potere, mentre se la stessa è declinata al femminile indica servizio, quando non sottomissione. Si tratta di uno stereotipo che deriva da anni in cui il potere e le cariche prestigiose erano appannaggio solo degli uomini e per questa ragione non prevedevano declinazioni al femminile. Ora che non è più così anche il linguaggio va adeguato al cambiamento, altrimenti resterà sempre la percezione che la posizione importante di una donna, per essere riconosciuta tale, ha bisogno della declinazione al maschile, lasciando la declinazione al femminile solo per i lavori più umili: esattamente il risultato opposto a quello che si intende conseguire. Quando le donne fanno carriera sono un’eccezione e quindi va bene che il “titolo” resti al maschile. Bisogna ribaltare questa concezione con una piccola rivoluzione che proprio le donne devono portare avanti. E se l’esempio arriva da un’istituzione come la Camera dei deputati e delle deputate, dopo diventerà scontata per tutti e tutte. Non c’è nulla di sminuente a essere segretaria così come non c’è nulla di particolarmente gratificante a essere segretario. Se proprio c’è un problema di affermazione mettiamo la S maiuscola per Segretaria e Segretario”.