Interrogazione al Ministro degli Esteri Alfano sul caso Regeni
Signor Ministro, non credo sia necessario raccontare la tragedia di Giulio Regeni: la conosciamo bene nella sua drammaticità. Ad un anno di distanza il Governo egiziano e lo stesso Presidente Al-Sisi continuano a negare ogni responsabilità e lasciano intendere che al massimo si sarebbe trattato di un crimine compiuto da non meglio identificati servizi deviati per colpire sia la credibilità dell’Egitto sul piano internazionale sia i rapporti con l’Italia. La collaborazione dei nostri inquirenti con la magistratura egiziana è stata fin qui a singhiozzo e non per nostra volontà. Le chiediamo, signor Ministro, quali siano le iniziative del Governo italiano nei confronti delle autorità dell’Egitto affinché sia fatta luce sulla circostanza della orribile morte di Giulio Regeni. In particolare, le chiediamo se non ritenga di riconsiderare la scelta di richiamare il nostro ambasciatore a Il Cairo. Allora, era stata giustamente accolta .la richiesta della famiglia di allontanare il nostro ambasciatore. Era un passo necessario. Oggi, dopo un anno, le chiedo se non sia il caso che il nostro ambasciatore ritorni al Cairo per incalzare da vicino le autorità egiziane sulla strada della verità. Gli ambasciatori hanno anche il compito di tentare di risolvere i nodi difficili
La risposta del Ministro Alfano
Grazie onorevole Locatelli, era lei presente anche ieri, in Commissione esteri congiunta tra Camera e Senato, nella circostanza in cui abbiamo insieme rivolto un pensiero commosso a Giulio Regeni ed è un pensiero e un ricordo commosso che vogliamo ribadire in quest’Aula proprio in questi giorni, a cavallo tra i due anniversari, cioè quello della sua tragica scomparsa e quello del ritrovamento del corpo del nostro giovane ricercatore.
Abbiamo credo fatto anche qualche gesto, mi riferisco come Paese, perché non è di competenza e responsabilità del Governo in questo caso, come l’iniziativa promossa qui alla Camera per il prossimo 3 febbraio, tra gli altri dal collegio del mondo unito di Duino, perché verranno lanciate in quell’occasione delle borse di studio intitolate a Giulio Regeni e che consentiranno a dei giovani studenti egiziani di studiare al collegio di cui lo stesso Giulio è stato allievo.
Non credo che possa esserci tributo migliore alla sua memoria e all’esemplare lezione di compostezza e dignità che hanno dato i suoi genitori in questi lunghi e dolorosi mesi.
Sul piano della ricerca della verità, permettetemi di dire in quest’Aula le stesse parole che ha pronunciato il Presidente del Consiglio Gentiloni nella sua veste di Ministro degli Esteri, ossia ci fermeremo soltanto quando troveremo la verità, quella vera e non quella di comodo.
Questa nostra ricerca della verità continuerà a seguire la strada della fermezza e della richiesta di cooperazione e vorrei rassicurare sul fatto che questo sforzo per arrivare alla verità continuerà con la stessa determinazione che c’è stata fin qui e devo dire che ultimamente si sono visti dei segnali di cooperazione molto utili da parte dell’Egitto, in particolare mi riferisco alla collaborazione tra la procura di Roma e la Procura Generale del Cairo, che sta producendo alcuni significativi risultati e mi riferisco al fatto che già l’8 e il 9 settembre scorso si era svolto un incontro tra i magistrati italiani ed egiziani definito proficuo dalla stessa Procura di Roma.
E poi nel successivo incontro, che si è svolto lo scorso 7 dicembre, la delegazione egiziana ha consegnato – e cito il comunicato stampa congiunto delle due Procure – tutta la documentazione richiesta dalla procura di Roma con la rogatoria di settembre scorso e il verbale delle dichiarazioni rese dal capo dei sindacati indipendenti degli ambulanti del Cairo, da cui emerge come lo stesso abbia spontaneamente riferito alla polizia dei contatti tra lui avuti con Giulio Regeni fino al 22 gennaio 2016 e un video dell’incontro avvenuto ai primi di gennaio tra Regeni e il capo dei sindacati indipendenti degli ambulanti del Cairo, realizzato da quest’ultimo.
Prendiamo anche atto dell’impegno espresso dal Procuratore Generale della Repubblica Araba d’Egitto, Sadek, ai familiari di Giulio, a non chiudere le indagini finché non saranno arrestati i responsabili.
C’è una parte che riguarda anche qualche considerazione che ci rivolge l’ onorevole Locatelli, relativamente al ritorno dell’ambasciatore al Cairo: è materia sotto la nostra attenzione, parecchio delicata, di cui ovviamente continuerò a parlare con il Presidente del Consiglio.
La replica di Pia Locatelli
La ringrazio signor Ministro, ovviamente non mi aspettavo che lei fosse pronto a comunicarci la decisione relativa al rientro dell’ambasciatore in sede oppure a continuare a trattenerlo in Italia: sono decisioni complesse, difficili e delicate, quindi accetto la risposta che lei mi ha dato rispetto al considerare questa proposta che ho avanzato e di rivalutarla insieme al suo predecessore, attualmente Presidente del Consiglio, perché vede, comunque noi dobbiamo continuare a cercare la verità. Non le sembra strana la reticenza dei professori di Cambridge, in particolare della professoressa che lo seguiva nella ricerca sui sindacati egiziani ? Si sono tutti rifiutati di incontrare i magistrati italiani, tutti, addirittura la tutor è sparita, non sappiamo dove sia, così come è strano che questo Mohammed Abdallah, rappresentante dei sindacati indipendenti, abbia aspettato tanto a raccontare la sua verità.
Ecco allora la richiesta che le abbiamo fatto in modo specifico sull’ambasciatore, proprio per tentare di arrivare, primo di conoscere la verità, quella vera, come ha detto lei, di assicurare i responsabili, anche se fossero figure istituzionali, perché noi vogliamo ripristinare delle relazioni corrette e rispettose reciproche e le relazione rispettose devono essere relazioni veritiere.
E poi mi consenta, nel dire che accetto e sono soddisfatta della sua risposta, mi permetta di spiegare, soprattutto alla famiglia di Giulio Regeni, che il nostro suggerimento di inviare l’ambasciatore al Cairo, nominato da non molto, il dottor Cantini, non è una mancanza di solidarietà nei confronti della famiglia o per compiacere il Governo egiziano, ma al contrario come strumento per pungolare meglio le autorità egiziane per arrivare finalmente alla verità, quella vera.