“Grecia e Italia sono i due paesi europei in prima fila per l’accoglienza dei migranti, è quindi naturale che ci sia uno scambio di informazioni e di esperienze nell’accoglienza e nella gestione dei profughi, ma fino ad oggi questo non è avvenuto”. Lo ha detto Pia Locatelli di ritorno da Atene dove, su iniziativa di Open Society Foundation, si sono svolti una serie di incontri con attori locali istituzionali e della società civile per discutere della situazione dei migranti, sempre più critica per l’ aumento delle presenze in territorio greco.
La delegazione italiana, composta da Pia Locatelli, Sergio Lo Giudice, presidenti del Comitato e della Commissione Diritti umani di Camera e Senato, Gabriele De Giorgi, capo di gabinetto del sottosegretario Manzione, Marco Perduca, consulente Open Society, Simon Cox , Open Society Justice Initiative e Cristina Goni manager regionale per le politiche di sostegno e sicurezza di Open Society Foundation, ha consegnato alle autorità greche la relazione predisposta dalla “Commissione parlamentare d’ Inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate” della Camera dei Deputati.
Nikos-Deji Odubitan, capogruppo di Nuova Democrazia, ha accompagnato la delegazione italiana a visitare i campi dove sono ospitati soprattutto Afghani alla periferia meridionale di Atene. “Circa 8000 persone – ha raccontato Pia Locatelli – sono accolte nel vecchio aeroporto, in disuso da anni, e nelle strutture dello stadio di baseball e rugby (vedi foto). Una ONG danese ne ha la gestione e abbiamo assistito alla distribuzione del cibo, in forma ordinata. Le famiglie hanno a disposizione tende “familiari”, gli uomini soli sono in spazi comuni. Aspettano che si riapra la rotta balcanica e non hanno idea di quanto l’attesa possa protrarsi”.
In Grecia i numeri dei flussi non sono variati rispetto allo scorso anno, è variata la composizione. Nikos-Deji Odubitan, pur essendo all’opposizione, ha riconosciuto la difficoltà del Governo di gestire quasi 50.000 richiedenti asilo per un Paese con meno di 11 milioni di abitanti. Le condizioni di vita dei rifugiati sono difficili, sia sulle isole sia nei “campi” come quello di Eidomeni, sgombrato nei giorni della visita. Le ONG sono di aiuto ma non possono certo sostituire l’azione dello Stato. Il problema è come diminuire il numero delle presenze dal momento che la riallocazione prevista a livello europeo non funziona. In questo senso l’accordo con Ankara sembra essere un deterrente: il rischio di essere riportati in Turchia induce i profughi a non spendere 3000 euro per il passaggio via mare.