giovedì 24 Luglio 2014

Presenza dei volontari in Rwanda


Atto Camera

 

Interrogazione a risposta scritta 4-05646

presentato da

LOCATELLI Pia Elda

testo di

Mercoledì 23 luglio 2014, seduta n. 270

  LOCATELLI e MARIASTELLA BIANCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri . — Per sapere – premesso che:

in occasione della visita delle interroganti a Kigali, Rwanda, (2 – 4 luglio 2014) per partecipare allo Women in Parliament-WIP Summer Summit 2014, ospitato dal Parlamento rwandese, l’ambasciatore Stefano A. Dejak ha organizzato un incontro con la comunità italiana al quale hanno partecipato una quarantina di connazionali;

durante l’incontro, che ha dato luogo ad un interessante scambio di opinioni e informazioni sull’attualità politica del nostro Paese e sulle attività della comunità italiana in Rwanda, è stata avanzata da alcuni volontari/e del servizio civile nazionale all’estero una richiesta di interessamento presso il Ministero degli affari esteri con riferimento alle difficoltà che essi hanno incontrato nella concessione del visto da parte delle autorità ruandesi, nel caso specifico l’Immigration Office di Gisenyi;

i/le volontari/ie richiedenti partecipano al progetto «Promozione della giustizia sociale e della pace in Rwanda-Frosinone 2012» che è promosso da Caritas di Frosinone-Veroli-Ferentino e Caritas Italiana; partner locale è la diocesi di Nyundo nel distretto di Rubavu, provincia dell’Ovest; la diocesi di Nyundo, è legata da un decennale accordo di partenariato con quella di Frosinone-Veroli-Ferentino; nell’ambito di questo accordo, negli anni sono stati inviati diversi gruppi di «caschi bianchi» impiegati in progetti di servizio civile all’estero;

i/le volontari/ie giunti in Rwanda il 3 marzo 2014 con una entry facility della durata di 30 giorni» con causale «official mission», hanno successivamente presentato all’Immigration Office di Cisenyi una application per un visto di un anno e dopo quasi cinque mesi il visto non è ancora stato rilasciato –:

quali siano le ragioni che inducono il dipartimento della gioventù e del servizio civile nazionale e il Governo italiano ad approvare progetti di Servizio Civile in Rwanda nonostante le difficoltà per ottenimento di visti, difficoltà che, secondo i/le richiedenti il visto, sono già state segnalate dall’Ambasciata italiana al Ministero degli affari esteri;

quali opportune iniziative il Governo intenda porre in essere nei confronti del Governo rwandese al fine di rimuovere le richiamate difficoltà burocratiche che impediscono la legittima presenza dei/lle volontari/e nel Paese e il pieno svolgimento dell’impegno solidale cui stanno dedicando passione ed energie. (4-05646)

Atto Camera

 

Risposta scritta pubblicata Venerdì 31 ottobre 2014

nell’allegato B della seduta n. 322

4-05646

presentata da

LOCATELLI Pia Elda

Risposta. — Fin dal giugno del 2012 l’ambasciata d’Italia in Kampala, competente anche per il Ruanda, ha cercato di favorire l’afflusso dei volontari del servizio civile italiano proponendo un memorandum d’intesa alle autorità di Kigali soprattutto per snellire la concessione dei visti di ingresso.

Le autorità ruandesi non hanno dato seguito alle nostre proposte nonostante i numerosi solleciti, è anzi parsa vieppiù evidente la loro contrarietà ad accogliere richieste di accreditare quali «cooperanti» o «volontari», cittadini stranieri attivi in settori o aree in cui esistono competenze ruandesi. Nel caso di specie le autorità locali non hanno neppure mai risposto alle richieste di motivazioni circa il diniego della trasformazione del visto turistico in visto di residenza. Va peraltro rilevato che anche in altri Paesi, non solo africani, una simile modifica presenta criticità spesso insormontabili.

Le organizzazioni non governative operanti in Ruanda, informate della situazione, hanno cercato di ottenere i visti facendo figurare le attività di volontariato come «attività missionarie» riferite al sostegno delle locali autorità ecclesiastiche, senza peraltro riuscire a sbloccare la circostanza.

A due volontari le autorità ruandesi hanno temporaneamente ritirato il passaporto e l’unità di crisi è dovuta intervenire presso la Caritas per convincere i due interessati a lasciare il paese come richiesto dalle autorità locali. Il nostro ambasciatore a Kampala ha quindi continuato a sensibilizzare gli interlocutori italiani dei rischi della permanenza in Ruanda di volontari non graditi. Da ultimo in data 8 aprile ha incontrato a Kigali i giovani italiani ivi presenti a titolo di «attività missionarie» o di «volontariato», avvertendoli personalmente del rischio di permanere in loco ed in generale delle difficoltà incontrate sulla possibilità di modificare il visto turistico in visto residenziale.

Il Ruanda appare maldisposto verso gli stranieri che intendano operare in settori per i quali già esistono in loco le professionalità necessarie e sul fatto che questi si inoltrino in zone confinarie (come quella di Nyundo che si trova nel luogo più delicato di tutti: Gisenyi è la parte ruandese della congolese Goma, martoriata dai ribelli). Lasciare che i nostri volontari operino in zone ritenute «sensibili» li esporrà a rischi e alla sicura attenzione delle autorità di sicurezza ruandesi, che non gradiscono la presenza di stranieri in tali aree (soprattutto in fasi di tensione dovute alle note accuse reciproche di Repubblica del Congo e Ruanda di ingerenze nei rispettivi affari interni).

Il dipartimento della gioventù e del servizio civile nazionale, contattato al riguardo da questo dicastero, ha precisato che le norme in vigore prevedono che spetti agli enti che realizzano progetti di servizio civile all’estero l’obbligo di occuparsi del rilascio dei visti di ingresso nei Paesi ospitanti in cui sono impegnati i volontari. Molti di questi enti hanno comunque rappresentato difficoltà per il rilascio dei visti ai volontari del servizio civile per la fattispecie atipica della categoria non prevista da vari ordinamenti esteri. Il dipartimento ha cercato di risolvere caso per caso le varie difficoltà, tenuto conto che i progetti all’estero interessano Paesi diversi con una differente normativa in materia e scarsa propensione a stipulare accordi bilaterali per la concessione dei visti ai volontari del servizio civile italiano.

Con riferimento al caso di specie, al fine di evitare il ripetersi di circostanze analoghe, il dipartimento ha indicato come possibile soluzione l’inserimento nei prossimi bandi di selezione di volontari in Ruanda una disposizione che preveda l’avvio dei progetti solo successivamente alla dimostrazione dell’effettivo rilascio del visto da parte del Paese ospitante per tutto il periodo di permanenza, e quindi in precedenza alla sottoscrizione del contratto tra dipartimento ed il volontario, presupposto per l’espletamento del servizio civile.

Va ribadito in ogni caso che un’equiparazione dei volontari in servizio civile ai cooperanti (categoria peraltro non più prevista dalla legge di riforma della cooperazione allo sviluppo entrata in vigore dal 19 agosto scorso) non potrà mai dare indicazioni vincolanti per i Paesi stranieri. Ogni Paese è e resta libero di ammettere o non ammettere degli stranieri sul proprio territorio.

Il Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Lapo Pistelli.