Il Question Time di Pia Locatelli al Ministro Alfano
Il 27 settembre scorso questa Camera ha approvato due mozioni che impegnavano il Governo a promuovere, nelle competenti sedi internazionali, ogni iniziativa per il riconoscimento del genocidio yazida e per assicurare i responsabili di questi crimini alla giurisdizione della Corte penale internazionale. Gli yazidi, come sappiamo perché ne abbiamo parlato in quest’Aula, sono un’etnia antichissima, linguisticamente di ceppo curdo, la cui identità è definita dalla professione di una fede preislamica. Nell’agosto 2014, quando Daesh prese il sopravvento nella regione al confine tra Siria ed Iraq, la popolazione yazida, che vive per lo più nella regione e nella provincia di Sinjar, ha subito persecuzioni, violenze e massacri: migliaia di uomini e donne massacrati, migliaia di donne e ragazzi yazidi ridotti in schiavitù.
Chiaramente, non potevamo rimanere inerti e inattivi e, di fronte a questa tragedia, abbiamo chiesto al Governo di impegnarsi per il riconoscimento del genocidio e per assicurare i responsabili di questi odiosi crimini alla Corte penale internazionale. Sono passati 160 giorni; chiediamo di sapere che cosa il Governo abbia fatto nel frattempo.
La risposta del Ministro degli Esteri Angelino Alfano
Presidente, come giustamente ricordato dall’onorevole Locatelli, la minoranza religiosa yazida è stata una delle principali vittime della violenza e degli abusi compiuti dagli estremisti di Daesh in Iraq dal 2014 ad oggi. La Commissione indipendente di inchiesta sulla Siria, istituita nel 2011 dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, nel rapporto del giugno 2016 ha definito quale genocidio le violenze commesse da Daesh nei confronti degli yazidi, facendo particolare riferimento ai tragici eventi avvenuti nell’aria del Sinjar. Il 40 per cento dell’area circostante tale località, peraltro, non è stato ancora liberato dal controllo dei terroristi.
Il contrasto al Daesh è la priorità dell’azione del Governo e in quest’ottica mi recherò la prossima settimana a Washington, per partecipare alla riunione ministeriale della coalizione globale contro Daesh. Siamo in contatto con i nostri partner per valutare ogni possibile modalità per assicurare che i responsabili delle atrocità siano assicurati alla giustizia. Il tema dell’accountability e come è noto complesso soprattutto in contesti in cui le atrocità sono commesse da attori non statuali. Analogamente, stiamo seguendo con attenzione quanto i nostri partner intendono fare e con quali modalità per il riconoscimento di quei fatti come genocidio, anche nell’ottica di assicurare una coerenza d’azione sul piano internazionale. In questo importante anno, che vede il nostro Paese ricoprire uno dei seggi non permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, abbiamo inoltre sensibilizzato a più riprese i Paesi che siedono in Consiglio di sicurezza nonché le autorità locali del Governo centrale del Kurdistan iracheno affinché vengano adeguatamente promossi e tutelati i diritti di tutte le minoranze etnico-religiose stanziate in Iraq e, in particolare, quelli della popolazione yazida.
Siamo uno dei Paesi maggiormente impegnati nella coalizione internazionale contro Daesh ed il nostro impegno proseguirà fino a quando questa minaccia esistenziale per le minoranze etnico-religiose del Medioriente non verrà definitivamente sconfitta. Intendiamo tenere fede al nostro impegno a favore della comunità yazida anche nell’ambito del nostro contributo alle attività di stabilizzazione delle aree liberate attraverso il ripristino dei servizi essenziali, per favorire un corretto e progressivo ritorno degli sfollati nelle loro aree di riferimento. Infine, credo sia importante mettere in rilievo anche il contributo che sta dando la nostra cooperazione, perché, grazie ai 500 mila euro stanziati, Unicef ha potuto costruire a Duhok un centro per la riabilitazione psicologica delle donne yazide vittime di violenze ed abusi. È stato questo il nostro impegno e in questa direzione proseguiremo e andremo avanti.
La replica di Pia Locatelli
Signor Ministro, mi pare di poter rispondere che rimaniamo in una fase interlocutoria. Aspettiamo che lei vada a Washington per assumere e concordare con i membri dell’Alleanza azioni, però siamo in una fase interlocutoria perché mi pare di poter capire che per adesso, in modo specifico con riferimento al riconoscimento del genocidio, non ci siamo ancora mossi.
Lo capisco: c’è stata la fase di passaggio del Governo e capiamo anche che c’è questa battaglia infinita per la conquista di Mosul, per cui ancora il 40 per cento del territorio è ancora lì nelle mani dell’Isis e, quindi, è chiaro che la nostra attenzione è focalizzata soprattutto su questo. Però, dopo 160 giorni noi sentiamo il dovere di richiederle nuovamente di agire per arrivare al riconoscimento e per deferire i responsabili, con tutte le difficoltà del caso, che riconosciamo, perché sappiamo bene che l’Iraq non è parte dello statuto della Corte penale internazionale. Però, noi siamo stati in al-Alil, che è il centro spirituale di questa popolazione, e i rappresentanti religiosi, politici e civili erano informati di questo impegno del Governo e ci hanno chiesto a che punto siamo e noi gli abbiamo detto a che punto saremo tra un po’. Adesso lei ci dice di aspettare ancora qualche tempo. Contiamo sul suo impegno, perché lei ha detto che intende tenere fede all’impegno nei confronti della popolazione yazida. Le diamo credito, però sappia che tra non molto, dopo il suo ritorno da Washington, noi le presenteremo di nuovo una richiesta per sapere a che punto siamo.