Infatti, mentre in un primo momento la crisi ha colpito soprattutto gli uomini, i tagli nel settore pubblico hanno aumentato la disoccupazione femminile al 10,8%. Gli investimenti tendono ad essere concentrati su infrastrutture pesanti, che creano soprattutto posti di lavoro per gli uomini, senza preoccuparsi minimamente della segregazione occupazionale di genere.
Non solo: gli investimenti in servizi per l’infanzia sono a rischio, e quelli destinati agli anziani sono in fase di smantellamento.
A causa di stereotipi di genere ancora presenti, queste tendenze impediscono a molte donne di tornare al lavoro o le spingono a svolgere ulteriore lavoro di cura domestico non retribuito. Se analizziamo il trade-off tra attività economiche, di cura ed altre attività sociali, l’Europa ha raggiunto solo il 38,8% di un punteggio dove 100% indica la piena parità.
Come risulta nel rapporto della Commissione Europea “L’impatto della crisi economica sulla condizione di uomini e donne e sulle politiche di genere”, il numero dei casi di discriminazione nell’ambito del lavoro è aumentato, ma, a causa dello smantellamento delle infrastrutture per l’uguaglianza di genere, le donne a fatica riescono a rivendicare i loro diritti.
Nel frattempo, il potere politico ed economico rimane privilegio degli uomini. La capacità delle donne di influenzare pubblicamente il proprio futuro rischia di assottigliarsi sempre di più.
L’esempio più preoccupante di questo trend è l’arretramento che si sta verificando nel campo della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi. Basti pensare a quanto sta avvenendo in Spagna con la legge sull’aborto.
Il ministro della giustizia spagnolo, Alberto Ruiz Gallardón tenta di giustificare le restrizioni nella legislazione sull’interruzione volontaria di gravidanza evocando il diritto di tutte le donne a diventare madri, libere da ogni condizionamento. In realtà, così come è avvenuto in Ungheria, non offre a loro possibilità di scelta.
Siamo dunque convinte che l’attuale arretramento nell’uguaglianza di genere non è un mero effetto laterale della crisi, ma parte di una strategia consapevole per creare una società conservatrice con il supporto delle politiche di austerità.
Ma c’è un’alternativa a questa visione, e perciò, ci sono politiche alternative all’austerità. Una società equa dà le stesse possibilità a tutti I suoi cittadini. Perciò facciamo un appello per denunciare e combattere le limitazioni imposte dalle disuguaglianze strutturali. La nuova legge sull’uguaglianza tra uomini e donne introdotta dal governo socialista francese dovrebbe diventare un esempio per gli altri paesi europei.
Per rivitalizzare l’agenda della parità, prima di tutto dobbiamo cambiare la sfera pubblica aumentando la visibilità delle donne. Poi dobbiamo incoraggiare le donne a combattere le diseguaglianze offrendo loro una narrazione positiva della emancipazione verso una società migliore. Infine bisogna offrire iniziative politiche alternative che investono sulla consapevolezza di genere.
Alla luce di queste considerazioni, noi vorremmo combattere il sentimento di delusione e depauperamento che regna tra le cittadine e i cittadini come conseguenza preoccupante della crisi. Come fu evidenziato dopo le elezioni del 2009, le donne hanno mostrato una maggiore tendenza all’astensionismo rispetto agli uomini. Con l’attuale peggioramento della situazione femminile, questo numero rischia di aggravarsi ulteriormente alle prossime elezioni. Vorremmo diffondere la consapevolezza di questo rischio e incoraggiare le nostre sorelle a mobilitarsi per il voto. Le donne non possono lasciare il loro futuro interamente legato alle decisioni di altri. Ci sono diversi percorsi che l’Europa può intraprendere e tutto dipende dalle scelte consapevoli di tutti i suoi cittadini. Non possiamo permettere che le voci delle donne vadano perse nella folla, la vostra voce può diventare il vostro megafono.