Dichiarazione di voto
Nel primo passaggio alla Camera di questo provvedimento avevamo lo avevamo definito passo avanti nella cooperazione internazionale per il contrasto e la prevenzione del terrorismo, che, essendo diventato transnazionale, non può che essere combattuto con azioni coordinate allo stesso livello. Ritorna dal Senato modificato in due parti, che prevedono l’inasprimento delle pene per reati di terrorismo nucleare; il resto rimane tutto com’era.
Con questo provvedimento autorizziamo il presidente della Repubblica alla ratifica, per poi prevederne l’esecuzione, di ben 5 provvedimenti: tre convenzioni e due protocolli, norme per il contrasto al terrorismo, nonché ratifica ed esecuzione: a) della Convenzione del Consiglio d’Europa per la prevenzione del terrorismo, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005; b) della Convenzione internazionale per la soppressione di atti di terrorismo nucleare, fatta a New York il 14 settembre 2005; c) del Protocollo di Emendamento alla Convenzione europea per la repressione del terrorismo, fatto a Strasburgo il 15 maggio 2003; d) della Convenzione del Consiglio d’Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, e sul finanziamento del terrorismo, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005; e) del Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d’Europa per la prevenzione del terrorismo, fatto a Riga il 22 ottobre 2015.
Siamo in grave ritardo per la loro ratifica essendo quattro su cinque precedenti il 2005. Solo il Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d’Europa è dello scorso ottobre, ma l’allarme per il terrorismo che si sta diffondendo nei diversi paesi, ci ha dato la sveglia.
Il terrorismo va combattuto con determinazione ma sempre nel rispetto dello stato di diritto, nel rispetto dei diritti umani, nel rispetto delle conquiste di civiltà e tra queste, per prima la cancellazione della pena di morte.
In questi provvedimenti sono previste molte misure giuste, tra queste il “rifiuto di estradare verso un Paese dove esista il rischio di applicazione della pena di morte, oppure il rischio di subire torture o reclusione a vita senza possibilità di libertà provvisoria…”.
Leggendo queste parole contenute nel Protocollo della Convenzione europea per la repressione del terrorismo mi sono rimbalzate le immagini dei soldati bastonati , frustati, denudati, umiliati … a seguito del colpo di stato in Turchia. Ed è forte la preoccupazione per la possibile reintroduzione della pena di morte minacciata dal presidente Erdogan, un presidente cui abbiamo appaltato il controllo delle frontiere esterne della UE. Siamo sicuri di aver fatto bene? Già sapevamo che non era un campione della promozione e protezione dei diritti umani.
Ora le purghe, gli arresti, i licenziamenti su vasta scala, la sospensione delle ferie… il tutto accompagnate da esagerata violenza e accanimento, iniziano a preoccupare la comunità internazionale perché più che di ripristino della legalità è evidente che si tratta di vendetta che si erge a giustiziera. Sono parole di oggi di Dacia Maraini che spiega la differenza tra storia antica e moderna nell’avere imparato a separare la giustizia dalla vendetta. Una differenza dovrebbe trovare posto, come condizione da porre, nelle relazioni nostre e della UE con la Turchia.