Signor Presidente, cinquant’anni di silenzio, di omissioni, di storia ignorata, tanto c’è voluto prima che si squarciasse il velo di omertà che per anni ha coperto quello che noi definiamo genocidio degli italiani nelle terre istriane. Ricordiamo le vittime delle foibe e l’esodo dalle loro terre di istriani, fiumani, dalmati nel secondo dopoguerra. Si parla di 10 mila morti e di 350 mila persone trasformate in esuli, persone che scappavano dal terrore, non avevano nulla; bocche da sfamare che non trovarono in Italia una grande accoglienza, proprio come quelle migliaia di profughi che si riversano oggi su quelle stesse terre, dove si alzano muri fisici e psicologici. La Giornata del ricordo, istituita nel 2004, è volta a mantenere viva una memoria che è stata per troppo tempo negata ma anche e soprattutto per far sì che la storia non si ripeta. Fatti vicini nel tempo ci mostrano che la storia può ancora ripetersi e mi riferisco a quella pulizia etnica di quasi settant’anni fa che vedemmo ripetersi nella prima metà degli anni Novanta, proprio nella stessa regione. Bene fa dunque il Parlamento a celebrare questa giornata e a ridare voce a quelle vittime che per decenni non hanno avuto voce, ignorate e negate del PCI che, per la vicinanza ideologica con Tito, non volle affrontare il dramma degli infoibati.
Ma non furono solo i comunisti e lasciar cadere l’argomento nel disinteresse, ci fu complicità diffusa nel considerare i profughi dalmati cittadini di serie B e ci fu complicità nel silenzio sulla tragedia delle foibe e, in generale, su ciò che avvenne alla fine della Seconda Guerra Mondiale nei territori istriani, e questo accadde in nome degli equilibri geopolitici della guerra fredda.
Oggi, a ricordare quella tragedia è tutto il Parlamento unito, da destra a sinistra, quei morti sono finalmente di tutti gli italiani e le italiane