23 aprile 2015 Nel centesimo anniversario del genocidio del popolo armeno
Sono trascorsi cento anni da quando le autorità turche diedero inizio al progetto per eliminare il popolo armeno. Nella notte del 24 aprile 1915 furono arrestati e giustiziati tutti i capi e gli intellettuali armeni. Era la prima tappa di quello che in seguito verrà definito il primo genocidio del XX secolo.
Le autorità turche, dopo aver arruolato tutti gli armeni dai 16 ai 40 anni, li disarmarono e li assegnarono ai reggimenti di lavori forzati e li annientarono, spesso dopo aver fatto scavare loro le fosse che li avrebbero ospitati. Dopo questa breve fase di terrore di Stato, iniziarono le deportazioni di massa per le persone rimaste, che erano anziani, donne e bambini.
Scortate dai soldati turchi, le colonne dei deportati da tutte le province e città furono convogliate verso i deserti siriani e iracheni, dove non vi erano condizioni di vita nemmeno per le piante e nemmeno per gli animali. E appena fuori dalle città, le colonne venivano attaccate da truppe di irregolari armati che uccidevano indisturbati, rubavano, stupravano o rapivano le ragazze e portavano via i bambini in tenera età per educarli da mussulmani o venderli alle famiglie turche.
Parecchi furono rinchiusi in grotte e uccisi per asfissia. E non a torto si è parlato di prototipo di quello che fu lo sterminio del popolo ebraico. E non a caso molti alti gradi tedeschi presenti all’epoca in Turchia come alleati saranno, anni dopo, al fianco di Hitler per riproporre il modello.
Perirono così un milione e mezzo di armeni, tre quarti della popolazione. Non sono state molte le voci di condanna e, da laica, non posso non sottolineare che le più significative furono quelle di due Papi:
il primo, Papa Benedetto XV, che cento anni fa scrisse al sultano turco per chiedere di porre fine all’ecatombe, e oggi quella di Papa Francesco, che, usando il linguaggio della chiarezza, nel ricordare quei morti, ha scatenato le proteste dell’attuale Governo turco, che ancora oggi nega il genocidio.
Questo è un lato oscuro della storia turca, cui si aggiunge ora, oggi, lo scarso rispetto dei diritti civili – e non solo dei diritti civili –, fatto con il quale la Turchia, se vorrà far parte della famiglia europea – come mi auguro – dovrà prima o poi fare i conti.