PROPOSTA DI LEGGE
d’iniziativa dei deputati
FITZGERALD NISSOLI, ADORNATO, ANTEZZA, ARLOTTI, BALDUZZI, BARBANTI, BERGAMINI, BINETTI, BOBBA, BOMBASSEI, BOSSI, BUENO, BUONANNO, BUTTIGLIONE, CARBONE, CARUSO, CATANIA, CAUSIN, CERA, CESA, ANTIMO CESARO, CIMMINO, CIRIELLI, CUPERLO, D’AGOSTINO, DAMBRUOSO, DE MITA, DELLAI, D’INCECCO, GIANNI FARINA, FAUTTILLI, FAVA, FEDI, FIORONI, GALGANO, GIACHETTI, GIGLI, GINOBLE, GITTI, GULLO, IMPEGNO, INVERNIZZI, LATTUCA, LAURICELLA, LIBRANDI, LOCATELLI, MAGORNO, MARAZZITI, MARCOLIN, MATARRESE, MAZZIOTTI DI CELSO, GIORGIA MELONI, MOLEA, MONCHIERO, MOSCATT, NASTRI, NESI, NICOLETTI, OLIARO, OTTOBRE, PAGANO, PALAZZOTTO, PALMA, PELLEGRINO, PICCHI, PIEPOLI, POLVERINI, PREZIOSI, RABINO, ROSSI, SANTERINI, SBERNA, SCANU, SCHIRÓ PLANETA, TACCONI, TARANTO, TOTARO, VARGIU, VECCHIO, VENITTELLI, VENTRICELLI, VERINI, VEZZALI, VILLECCO CALIPARI, ZANETTI, ZANIN, ZAPPULLA, ZARDINI
Disposizioni per l’organizzazione e il funzionamento del Museo nazionale dell’emigrazione italiana
Presentata il 5 luglio 2013
Onorevoli Colleghi! Il Museo nazionale dell’emigrazione italiana, di seguito «Museo», inaugurato il 23 ottobre 2009, presso il Vittoriano a Roma, dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con la partecipazione del Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini, e del Ministro per beni e le attività culturali Sandro Bondi, promosso dal Ministero degli affari esteri con la collaborazione del Ministero per i beni e le attività culturali, rischia la chiusura. Per tale ragione, dopo averlo visitato abbiamo ritenuto importante e necessario riprendere il lavoro svolto nella scorsa legislatura dall’onorevole Narducci, che aveva presentato una proposta di legge per stabilizzare il Museo e garantirne la presenza permettendo di conservare la memoria dell’emigrazione italiana in un secolo e mezzo di storia. Tale proposta di legge era stata discussa in Parlamento fino ad ottenere la sede legislativa nella Commissione VII, cultura, proprio per permetterne la tempestiva approvazione, cosa che non è stato possibile per la fine anticipata della legislatura. La presente proposta di legge recepisce gli emendamenti sui quali si era già raggiunto un accordo nella scorsa legislatura.
L’utile esempio degli altri Paesi a forte connotazione migratoria.
Da diversi decenni, i musei delle migrazioni nei Paesi a forte connotazione migratoria – dal Memoria do Imigrante di Sao Paulo, al Museo d’immigrazione di Melbourne a quello di Ellis Island, a New York – sono strumenti d’informazione e di sensibilizzazione della società sul ruolo di risorsa e di novità interculturale che il migrante svolge nelle società sia di insediamento che di origine. Il museo diventa, così, l’elemento capace di mettere in relazione il passato e il presente, la memoria storica e la comprensione della realtà, l’appartenenza identitaria locale, regionale e nazionale e l’incontro con le molteplici appartenenze culturali presenti nelle società plurali.
Se in molti Paesi del mondo le storie migratorie sono entrate pienamente nella coscienza collettiva, in Italia, invece, mancava ancora – almeno fino alla realizzazione del Museo – quel riconoscimento ufficiale che un museo nazionale avrebbe potuto dare a un fenomeno, quello migratorio, di oltre 29 milioni di italiani in centocinquanta anni, che ha segnato tutta la storia dell’Italia, soprattutto dalla seconda metà del XIX secolo fino ai giorni nostri.
In realtà, anche in Italia, nell’ultimo decennio del secolo scorso, sono sorti diversi musei (circa trenta) dell’emigrazione. Alcuni sono nati dall’azione di associazioni di emigranti e di centri di studio e di documentazione, spesso come prolungamento di mostre fotografiche, documentarie o esposizioni temporanee, con l’obiettivo di non disperdere la memoria storica dell’emigrazione che, pur avendo forgiato l’identità di un popolo, rischia di essere reclusa nella sezione degli oggetti folcloristici di un lontano passato.
Si sono così moltiplicate le iniziative locali e regionali caratterizzate dalla conservazione della memoria dell’esodo, dalle raccolte documentarie (oggetti, foto, lettere, carteggi, materiali visivi e audiovisivi) relative alla formazione di comunità in emigrazione e dal rafforzamento dei rapporti degli emigrati e dei loro discendenti con le realtà di origine.
In questo contesto frammentato e disperso, l’istituzione di un museo nazionale dava anche all’Italia un luogo pubblico della memoria e dell’attualità delle sue migrazioni, oltre a rappresentare un momento importante di raccordo e di valorizzazione delle iniziative locali e regionali.
Oggi i fenomeni migratori italiani (in partenza e in arrivo), oltre a non essersi del tutto esauriti, presentano diverse sfide: le nuove mobilità, le fughe dei cervelli, i «rientri», i legami con le seconde, le terze e le quarte generazioni di italiani, sono solo alcuni temi della nuova emigrazione italiana che meritano di essere studiati e inseriti in un percorso museale nazionale che non si limiti alla sola celebrazione del passato, ma sia capace di rileggere la storia per meglio capire e gestire il presente, che sempre più vede mescolarsi i flussi emigratori dall’Italia con i numerosi arrivi di immigrati nel nostro Paese.
L’offerta del Museo.
Il Museo, lungamente e fortemente richiesto dagli emigrati italiani e dalle loro associazioni rappresentative, è stato istituito per inserire in un quadro di unità nazionale la variegata esperienza di emigrazione vissuta su scala regionale e locale
e contraddistinta da molteplici specificità. Nel Museo sono così presentati la nascita, le caratteristiche e lo sviluppo della grande emigrazione italiana, anche se il periodo storico abbracciato va dall’Unità d’Italia (con alcuni cenni all’emigrazione precedente) fino ai nostri giorni. Il percorso storico si sviluppa in cinque sezioni cronologiche.
La sezione I rappresenta le caratteristiche delle migrazioni pre-unitarie e la realtà italiana sia dal punto di vista economico, sociale e culturale che della politica dello Stato italiano verso l’emigrazione. Nella sezione II, l’emigrazione italiana dal 1876 al 1915 è raccontata attraverso il lavoro e i momenti tipici dell’atto emigratorio: reclutamento, porto d’imbarco, sbarco, abitazione, tipologia di lavoro, vittime del lavoro, discriminazioni, inserimento. La sezione III affronta l’emigrazione nel periodo delle due guerre mondiali (1916-1945) presentando le caratteristiche sociali del periodo e i momenti tipici dell’emigrazione anche in rapporto al fascismo, al colonialismo e alle migrazioni interne. La sezione IV si occupa dell’emigrazione italiana nel secondo dopoguerra (1946-1976) presentando la trasformazione dei flussi migratori dall’Italia sia verso l’estero che all’interno del Paese, la ricostruzione e il decollo economico, nonché la crescita della legislazione e dell’organizzazione sociale a protezione del migrante. Infine, nella sezione V è presentata l’attuale realtà degli italiani nel mondo e il mondo accolto dall’Italia dal 1977 ai giorni nostri: come le comunità italiane si sono evolute e sono alimentate dalla sempre più consistente presenza di «emigrati ad alta qualificazione» e come l’Italia è divenuta sempre più Paese d’immigrazione a partire dagli anni 1970.
In questo lungo processo di unificazione che ha portato gli italiani a sentirsi un popolo, un ruolo importante hanno avuto, infatti, i 29 milioni di contadini, operai e piccoli imprenditori che proprio con la loro particolare esperienza migratoria, hanno contribuito al processo di definizione dell’identità italiana. Questi emigranti – anche nell’indifferenza delle istituzioni – hanno saputo combinare la memoria dolorosa di una terra avara lasciata alle spalle con la speranza di una vita migliore da creare altrove, hanno saputo unire le diverse regioni di provenienza in un’identità condivisa di «italiani all’estero», hanno, infine, saputo legare tra loro Paesi diversi (quello di arrivo e quello di partenza) in un continuo rapporto di conoscenza e di scambio reciproco.
Questa storia non è però né conosciuta né valorizzata dall’Italia restata in Italia, soprattutto dalle giovani generazioni. Infatti, se sfogliamo i testi scolastici scopriamo che all’emigrazione si dedicano poche righe e alcune grandi enciclopedie sono state, addirittura, capaci di raccontare la storia d’Italia senza nemmeno nominare la parola emigrazione. Quando poi si è chiesto agli alunni di una scuola superiore di Padova (il Veneto è stata la regione che ha inviato più emigranti nel mondo: 3,2 milioni di persone) di indicare alcuni esempi di emigrati, gli unici nomi ricordati erano quelli di alcuni calciatori o allenatori di calcio che oggi lavorano in Inghilterra o in Germania.
Il Museo ha voluto, allora, squarciare il velo di silenzio che ha accompagnato l’emigrazione italiana in questi centocinquanta anni, come se coloro che sono partiti non contassero niente per l’Italia. Al contrario, senza il riconoscimento del ruolo svolto dall’emigrazione, la storia d’Italia è incompleta e sbagliata. Per conoscere come è cresciuto il Paese, per capire come si sono sviluppate l’economia e la società italiane è indispensabile ricordare, invece, che milioni di contadini sono stati cacciati dalle loro terre e che altri milioni di lavoratori hanno preferito lasciare volontariamente un Paese che non offriva prospettive e che si serviva dell’emigrazione per mantenere bassa la pressione sociale. A questi italiani che, da lontano, hanno contribuito a creare quello che siamo oggi, l’Italia, facendo ammenda degli errori e delle omissioni del passato, dedica il Museo, riconoscendo così nell’esperienza migratoria un elemento fondamentale della propria identità nazionale.
Questi emigrati italiani non solo hanno fatto grandi i Paesi di destinazione, ma hanno contribuito a fare grande la stessa Italia. In un periodo storico in cui l’Italia, da Paese di emigranti, è divenuta anche Paese di vita per milioni di immigrati, sono proprio le vicende – spesso dolorose ma anche di successo – dell’emigrazione ad offrire solidi «anticorpi culturali» contro ogni forma di xenofobia e di razzismo. Ripercorrendo le foto, i video, e le testimonianze dei nostri connazionali che, partendo da Genova o da Napoli, sbarcavano a San Paolo o a New York, e vivevano nelle baracche, in Francia, Svizzera, Germania, Belgio, Argentina o Brasile, scopriamo nei loro volti e nelle loro storie lo stesso desiderio di giustizia sociale, di un avvenire migliore per loro e per la loro famiglia, di una migliore qualità della vita che, in molti casi, scorgiamo negli occhi di quanti vengono oggi in Italia, spinti unicamente dalla speranza di poter trovare un futuro migliore.
Fare «memoria» di questa realtà non significa fossilizzare in immagini o filmati di repertorio (benché suggestivi) un’avventura considerata finita. Significa, invece, dotarsi di uno strumento che aiuti oggi a vivere positivamente le nuove sfide che le migrazioni continuano a proporre. Si tratta, infatti, di un’opportunità, soprattutto per i giovani, di un luogo in cui passato, presente e futuro sono legati insieme da quel filo vitale rappresentato dalla memoria che non è mai solo «ricordo nostalgico di tempi andati», ma sentirsi a casa anche tra persone di origini e di esperienze diverse.
Dopo quasi quattro anni di vita: la valutazione e le prospettive.
Dal giorno della sua inaugurazione, il 23 agosto 2009, anche grazie alla centralità e al consolidato richiamo storico-culturale del Vittoriano, il Museo ha accolto, fino all’anno scorso, gratuitamente per decisione governativa, quasi 2 milioni di visitatori, con una media di 1 milione di persone l’anno.
Durante la settimana numerose scolaresche accompagnate dai loro insegnanti ripercorrono l’itinerario storico-cronologico del fenomeno migratorio secondo la scansione offerta dal Museo, riscoprendo così gli elementi caratteristici di quello che dagli studiosi è stato definito il più grande esodo di un popolo durante la modernità.
Nei week-end sono invece i singoli, le famiglie e i gruppi organizzati, molti dei quali provenienti dall’estero, a usufruire del percorso museale del Museo.
Tale consistente afflusso di visitatori, specie di giovani studenti, è la prova più convincente della necessità e dell’importanza di un luogo della memoria aperto al futuro che è, attualmente, incarnato nei padiglioni del Museo, la cui localizzazione definitiva e la cui stabile copertura finanziaria meritano di essere garantiti dal presente disegno di legge.
In effetti, il Museo è già un luogo privilegiato di conoscenza della presenza, storica e attuale, degli italiani e dei loro discendenti nel mondo, di valorizzazione della cultura e della storia del nostro Paese, di apprendimento di relazioni interculturali in un mondo plurale per origini ed appartenenze etniche, culturali e religiose. In effetti, come avvenuto regolarmente nella storia emigratoria italiana, anche l’immigrato che arriva viene spesso guardato con diffidenza e paura, etichettato indistintamente come clandestino, possibile causa di disagi e conflitti sociali, economici, culturali e religiosi.
Il Museo, riconfermato nella sua utile funzione di sensibilizzazione e di fucina di integrazione, potrebbe, inoltre, divenire sempre più una struttura di documentazione (in un’ottica museale), ma anche di elaborazione di studi e di ricerche, di promozione di incontri internazionali in Italia e all’estero, di interscambio culturale fra la comunità italiana in Italia e le comunità italiane all’estero, fra le comunità immigrate in Italia e la nostra società di accoglimento, sia ai fini del reciproco interesse culturale ed economico, sia ai fini di una migliore conoscenza dell’Italia
da parte degli stessi italiani nel mondo e degli immigrati in Italia.
I passi istituzionali compiuti non garantiscono la continuità del Museo.
Nella legge finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2007), approvata a fine dicembre 2007, era stato inserito un primo stanziamento destinato alla realizzazione del Museo.
Il 28 gennaio 2008, il Ministro degli affari esteri aveva firmato il decreto n. 300/2 con il quale era istituito il Museo e prevedeva l’istituzione e la convocazione di un comitato scientifico per definire i momenti realizzativi del progetto. Nel frattempo la caduta del Governo, la nuova tornata elettorale e la composizione del nuovo Governo avevano rallentato le decisioni e gli atti necessari alla fattiva realizzazione del progetto.
Il 30 dicembre 2008, il nuovo Ministro degli affari esteri aveva emanato il decreto n. 300/70 con il quale si abrogava il precedente decreto n. 300/2 e si definivano le modalità di realizzazione del Museo tra le quali ricordiamo:
1) In fase di prima applicazione la sede espositiva del Museo è realizzata in Roma, presso i locali della ex Gipsoteca del complesso monumentale del Vittoriano, Piazza Venezia (articolo 1, comma 2);
2) Con successivo provvedimento sarà determinata la sede espositiva del Museo, al termine della fase iniziale di cui al comma 2 (articolo 1, comma 3).
Oltre al fatto che, al momento, non è previsto alcun provvedimento (come invece prevedeva l’articolo 1, comma 3, del decreto n. 300/70) per determinare la sede espositiva del Museo, al termine della fase iniziale (che si è conclusa alla fine del 2011, dopo le celebrazioni del 150 anniversario dell’Unità d’Italia), il vero punto debole dell’operazione che ha portato alla nascita del Museo (e ai primi due anni di sopravvivenza) è stata la mancata copertura finanziaria stabile.
In effetti, l’articolo 6 del citato decreto stabilisce che «Gli oneri finanziari per la realizzazione ed il funzionamento del Museo sono a carico dello stanziamento previsto dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244, all’articolo 2, comma 70, iscritto nel bilancio del Ministero degli affari esteri».
Ora, se tale stanziamento una tantum ha coperto la realizzazione ed il funzionamento del Museo fino alla fine del 2011, in assenza di ulteriori provvedimenti legislativi, volti a garantire il funzionamento del Museo si rischiano la chiusura e lo smantellamento di quanto realizzato con un’importante impegno intellettuale e con un notevole onere economico.
In assenza di un rinnovato impegno istituzionale nel garantire spazi adeguati e idonei mezzi di sostentamento del Museo è probabile che tutti gli sforzi fatti finora risultino vani e che il tentativo di riconoscere nella nostra emigrazione un elemento essenziale e ineludibile della storia italiana sia stato solo un miraggio presto svanito dinanzi alle inevitabili difficoltà strutturali ed economiche.
In quest’ottica appare perciò opportuno e urgente che il Museo, proprio per l’alto valore culturale e morale della sua azione, possa fruire di una sede definitiva e di appositi finanziamenti da parte dello Stato.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Riconoscimento del valore del Museo nazionale dell’emigrazione italiana e sua localizzazione).
Art. 2.
(Funzioni e finalità).
tematica sia sotto il profilo storico sia sotto l’aspetto sociologico;
Art. 3.
(Responsabilità del Museo).
Art. 4.
(Comitato scientifico).
agli affari esteri designato e nominato dal Ministro degli affari esteri e composto da:
Art. 5.
(Organizzazione e gestione del Museo).
Art. 6.
(Copertura finanziaria).