Mozione per il riconoscimento del genocidio del popolo Yazida
La Camera dei deputati
premesso che
nel 2014, quando Daesh prese il sopravvento nella regione al confine tra Siria ed Iraq, circa 600.000 yazidi vivevano per lo più concentrati nel distretto di Sinjar, all’interno del governatorato di Ninive, nel nord dell’Iraq. Si tratta di un’etnia antichissima, linguisticamente di ceppo curdo e la cui identità è definita dalla professione di una fede preislamica, non contemplata dal Corano tra le religioni del Libro;
proprio in quanto non appartenente ad una delle grandi religioni monoteiste, la storia di questo popolo pacifico è una storia di violenze e massacri, perpetrati durante l’Impero ottomano e fino alle guerre irachene del 2003, quando una campagna di bombardamenti da parte di militanti sunniti uccise centinaia di yazidi;
il Rapporto del 2015 dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha dichiarato la responsabilità di Daesh per il genocidio del popolo yazida davanti alla Corte penale internazionale; e ciò fin dal momento in cui, con l’invasione della piana di Ninive nell’agosto del 2014, la comunità Yazida residente è stata posta di fronte alla scelta se convertirsi o essere sterminata;
in quella fase drammatica il Rapporto documenta come il genocidio ebbe inizio con il massacro di almeno 700 uomini uccisi nel villaggio di Kocho a Sinjar e con la cacciata di 200.000 yazidi dalle loro case. Almeno 40.000 yazidi in fuga rimasero intrappolati sul monte Sinjar con davanti l’unica scelta possibile: la morte per disidradatazione e il consegnarsi ai boia di Daesh;
le Nazioni Unite hanno stimato che nel 2015 5.000 yazidi sono stati massacrati e 7.000 donne e ragazze sono state ridotti in schiavitù. Secondo le informazioni riportate, sarebbero diverse migliaia le vittime delle violenze e oltre 3.500 le donne yazide tuttora prigioniere dell’IS;
le accuse delle Nazioni Unite, oltre al genocidio, includono crimini di guerra verso i civili, bambini inclusi, e crimini contro l’umanità per cui si invoca il Consiglio di Sicurezza di ricorrere alla Corte Penale Internazionale perché persegua i responsabili;
l’intento genocidario si è reso evidente, oltre che con i massacri documentati dalle fosse comuni di sole vittime yazide, dalla politica di stupro sistematico e riduzione in schiavitù delle donne e ragazze yazide, deportate in massa nei luoghi controllati da Daesh e consegnate a veri e propri mercati di schiavi, dove le ragazze yazide sono state vendute sulla piazza pubblica come schiave per 150 dollari;
migliaia di donne sono state in questo modo costrette con la forza a contrarre matrimonio con i guerriglieri dell’Isis, vendute o offerte ai combattenti o simpatizzanti. Molte di queste schiave sessuali sono poco più che bambine, ragazze di età compresa tra i 12 e i 15 anni o anche più giovani, divenute oggetti di attenzione sessuale degli islamisti e di violenze di gruppo; alcune non hanno retto all’umiliazione e hanno preferito suicidarsi;
i bambini yazidi, anche piccolissimi, sono stati rapiti e rivenduti, in un crescendo di violenze sistematiche testimoniato anche in un rapporto di Amnesty International;
tutto ciò è stato testimoniato dalla ventunenne yazida irachena Nadia Murad Basea Taha, audita di recente dal Comitato permanente per i diritti umani, istituito presso la Commissione esteri, che è stata sottratta alla sua famiglia e violentata ripetutamente dai miliziani di IS; fuggita dopo 3 mesi grazie all’aiuto di una famiglia musulmana ha potuto raccontare anche nella sede delle Nazioni Unite e del Parlamento europeo gli scenari di brutali violenze e richiamare l’intera comunità internazionale su quanto sta accadendo;
il genocidio è definito in conformità alla risoluzione n. 260 del 1948, con la quale l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la “Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio”, da intendersi come ciascuno degli atti commessi con “l’intenzione di distruggere in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”;
le violenze efferate compiute dall’IS in modo mirato nei confronti della minoranza yazida si configurano come atti riconducibili a tale definizione anche in quanto:
impegna il Governo:
a promuovere, nelle competenti sedi internazionali, ogni iniziativa volta al formale riconoscimento del genocidio del popolo yazida e ad assicurare i responsabili alla giurisdizione della Corte Penale Internazionale.