sabato 11 Novembre 2017

Migranti, bene il Piano Minniti sull’integrazione


“Il primo “Piano nazionale integrazione migranti”, varato dal ministro Minniti,  cerca di disegnare un modello di convivenza con i cittadini italiani sulla base dei valori della nostra Costituzione. Nell’insieme non è un’operazione ‘buonista’, di ‘facciata’, ma un progetto articolato per tentare di controllare il fenomeno e consentire ai migranti che sono arrivati e ancora arriveranno, di convivere con noi, riducendo gli attriti, soprattutto quelli che sicuramente avremo in futuro se non saremo stati capaci di provvedere a uno straccio di integrazione”. Lo ha detto Pia Locatelli intervenendo a Lecce al seminario organizzato dai Lions “Immigrazione e cooperazione internazionale”.

” Il Piano  – ha aggiunto  – è nato ascoltando chi poi vi deve mettere mano ed è stato basato su alcuni principi chiari e semplici che non possiamo che condividere.
Chi è accolto si impegna a imparare la lingua italiana, a condividere i valori della Costituzione, a rispettare le leggi, a partecipare alla vita economica, sociale e culturale del territorio in cui vive. In cambio il nostro Paese si impegna ad assicurare l’uguaglianza e la pari dignità, la libertà di religione, l’accesso all’istruzione e alla formazione, a facilitare l’inclusione. In concreto dobbiamo dare parità di trattamento nell’accesso alle cure, all’alloggio e alla residenza. E poi, corsi di lingua, inserimento lavorativo. I nodi però non mancano.
Il piano ricorda che l’accesso all’assistenza sanitaria è un diritto sancito dalla Costituzione Italiana, ma che l’offerta e l’accesso ai servizi sanitari da parte dei titolari di protezione nel nostro Paese risulta eterogenea, con disuguaglianze che gravano in modo particolare sui soggetti più vulnerabili, come le vittime di tratta, di tortura o di stupri, i lavoratori sfruttati, i minori non accompagnati e i sopravvissuti ai naufragi. Lo stesso piano riconosce tra gli elementi più critici dell’integrazione, la mancanza di conoscenza dei servizi disponibili, le differenze linguistiche, i diversi atteggiamenti culturali nei confronti della salute e dell’assistenza sanitaria e la mancanza di una rete sociale di supporto”.