Informativa urgente del Governo sul ruolo dell’Italia in relazione agli sviluppi della situazione in Libia.
Ringrazio il Ministro Gentiloni per il suo impegno per la ricerca della verità nel caso dei quattro connazionali rapiti in Libia, quasi certamente, da parte di gruppi criminali e non da terroristi collegati a Daesh. È stata una drammatica vicenda, durata sette mesi e mezzo, che si è conclusa con l’uccisione di due dei rapiti. Non possiamo che esprimere amarezza e dolore per le due vittime e solo sollievo per i due che sono ritornati, anche se sono state penose le ultime loro ore in territorio libico e le modalità del rientro, penose ! Infatti, la Libia è difficile; la Libia è un Paese frammentato, diviso, in fase di disgregazione sempre più drammatica; è un Paese sempre più pericoloso per chi vi risiede e per chi, come noi, è a mezz’ora di volo.
Seguiamo da anni, con attenzione e ultimamente con sempre maggiore apprensione, l’evoluzione della situazione libica e ci preoccupa il tempo che passa, che sembra essere, per alcuni soggetti in Libia – un nome per tutti, il generale Haftar – fattore irrilevante, invece, è importantissimo perché, nel frattempo, Daesh si rafforza. Più passa il tempo, più si complica lo scenario e aumentano le tentazioni di agire anche contro alcune regole che sovrintendono le relazioni internazionali. Ma noi a queste regole e ad alcune linee di comportamento che ci vengono dalla conoscenza di quel Paese non possiamo sottrarci, anche perché peggioreremmo la situazione.
Con la Conferenza di Roma si è avviato un percorso per la costituzione di un Governo libico che possa essere il nostro interlocutore, l’interlocutore dalla comunità internazionale: un Governo riconosciuto, accettato dalla maggioranza di queste mille fazioni che agiscono in quel territorio. Dobbiamo essere realistici: dobbiamo aiutarlo a nascere, ma anche a stabilizzarsi, anche per fasi successive. Dobbiamo accettare questo e, se a quel punto questo Governo legittimo, anche se ancora zoppicante, ci chiederà di intervenire, noi dovremmo farlo, ma con una missione che abbia componenti diverse: una componente politica, una componente civile e anche una componente di sostegno militare, ma le loro azioni in prima persona. Nulla più di questo. E se questa nostra missione – non solo nostra, ma forse a nostra guida – avrà queste diverse componenti, questa sarà la condizione per la sua accettazione e l’accettazione è la condizione per la sua efficacia. Se, poi, la missione internazionale sarà a guida italiana, il nostro sforzo per la sua riuscita sarà massimo, perché massimo è il nostro interesse per la stabilizzazione della Libia.