giovedì 30 Gennaio 2014

Legge elettorale, non c’è parità di genere


30 gennaio 2014 Modifiche alle norme per l’elezione della Camera dei deputati e reintroduzione del voto di preferenza

 

Discusssione su articoli

 

Devo fare una brevissima premessa, perché, poi, l’intervento sarà tutto dedicato alla parità di genere. Premetto che la proposta di legge elettorale che ci accingiamo a discutere, sotto molteplici aspetti, è ancora inadatta a raggiungere lo scopo che si prefigge ufficialmente, cioè la governabilità; che la proposta è insufficiente a garantire la rappresentanza del corpo elettorale nelle sue articolazioni; e, ancora, che rischia di essere in contrasto con più punti della nostra Carta costituzionale.

Ma, detto questo, ho ottenuto dal mio gruppo che l’intero tempo a nostra disposizione sia dedicato alla parte della proposta di legge che dovrebbe garantire una democrazia paritaria: e ci pare, per come è formulata oggi, che non vada esattamente in quella direzione. Quindi, come detto, non entro nel merito degli altri punti di questa proposta di legge elettorale, che, senza dubbio, avrebbe richiesto maggiore tempo per una discussione approfondita in Commissione, e sulla quale ci riserviamo di esprimere un giudizio complessivo al termine del dibattito parlamentare, ma mi concentrerò sul tema della rappresentanza di genere.

Partiamo dalla situazione attuale, che può definirsi discreta, dal momento che, per la prima volta nella storia nostro Paese, il 30 per cento dei parlamentari, nella XVII legislatura, sono donne. Discreta, perché, se il Parlamento fosse davvero lo specchio del Paese, dovremmo essere il 51 per cento, in rappresentanza delle 30.688.227 donne italiane. È questo il nostro obiettivo, è questo quello che ci chiede la metà del Paese, questo si aspettano le donne, che si stanno mobilitando per far sentire la propria voce. E non è una questione di quote, ma di qualità della democrazia, perché è giusto lo slogan che hanno lanciato le donne di Bergamo: «Democrazia in aumento con più donne in Parlamento». Ma questa proposta, così com’è, va davvero nella direzione della democrazia paritaria ?

Io vi chiedo, colleghi, di ascoltarmi senza pregiudizi, di ascoltarmi davvero, per poter dare una risposta a questa domanda fondata su dati veri e non solo su speranze o auspici. Nel suo disegno attuale la proposta di legge sancisce l’obbligo di garantire uguale presenza di uomini e donne nelle liste e prescrive che l’alternanza tra i generi, nell’ordine di lista, avvenga fra non più di due candidature. Colleghe, ma soprattutto colleghi, perché le colleghe ne sono già consapevoli, se non modifichiamo la proposta di legge in questa parte il numero delle elette si aggirerà, ben che vada, attorno al 25 per cento, più facilmente tra il 20 e il 25 per cento, cioè faremo un passo indietro rispetto ad ora. Altro che parità, si va indietro ! Per ovviare a questo rischio, il rischio di fare dei passi da gambero, abbiamo presentato, in tante di noi, tutte insieme, trasversalmente, due emendamenti perché l’alternanza di genere tra i generi sia fra singole candidature e perché le cosiddette capolisture all’interno delle singole circoscrizioni siano equamente ripartite tra uomini e donne. Allora, se non si cambia la legge, rimaniamo tra il 20 e il 25 per cento, se approviamo soltanto uno dei due emendamenti vedremo confermata l’attuale situazione, con una presenza di circa il 30 per cento, com’è ora, ma soltanto approvando entrambi gli emendamenti, cioè pari numero di capolisture e alternanza fra singole candidature, potremo garantire una presenza di almeno il 40 per cento, davvero avviando la democrazia paritaria nel nostro Paese.

Capisco benissimo che ci siano delle resistenze, lo capisco perché ogni donna in più significa un uomo in meno e difficilmente qualcuno cede volontariamente ad altri, in questo caso ad altre, una fetta del proprio potere. Allora, qualcuno usa la solita storia che non si vogliono azioni positive – è stato detto anche in quest’Aula – per timore che entrino in Parlamento donne incompetenti. È il vecchio, abusato trucco per dare nobiltà a questo «no» alle donne o a più donne nelle istituzioni. Si dice che lo si fa per mantenere alto il livello delle istituzioni, ma di nobile ha ben poco; ha solo la difesa, legittima, dei propri spazi di potere, che è parola che non disprezzo, al contrario, lo invoco per le donne. Quindi, lo affermo con tutte le mie forze, vogliamo azioni positive perché non siano escluse donne competenti dal Parlamento e per dare qualità alla democrazia.

Lo chiedo a nome delle donne dentro e fuori il Parlamento, per riparare ad un torto grave che ancora una volta le donne hanno subito anche in questo Parlamento e anche da questo Parlamento. In questi mesi abbiamo assistito ad una serie di attacchi, intimidazioni, minacce, insulti, ed è successo anche questa mattina, e pure, addirittura, forse, schiaffi o spintoni, ieri, quindi minacce ed insulti nei confronti della Presidente e delle deputate, che sono inaccettabili e vergognosi. Abbiamo assistito a processi mediatici e messe sotto accusa di alcune esponenti del nostro Governo, condannate prima ancora di essere processate, con un accanimento che non si era mai verificato in precedenza. Un accanimento che, a prescindere da responsabilità o torti, non si è mai verificato nei confronti dei colleghi uomini con questa intensità. Questo non deve accadere mai più.

Mi avvio a concludere, Presidente; non ci deve essere più nessuno che osi dire delle parlamentari – come è avvenuto ieri per le colleghe del PD, ma in passato per le colleghe di Forza Italia – che stanno qui per meriti diversi dalla competenza. Questa è una mascalzonata ed è anche per questo, per riparare a questa mascalzonata, che chiedo a tutti voi, in particolare ai colleghi, di votare questi due emendamenti. Perché dopo quanto è accaduto ieri siamo tutte donne del PD, siamo tutte veline, siamo tutte incompetenti e siamo tutte Laura Boldrini