lunedì 11 Gennaio 2016

Legge Costituzionale, un voto con tante riserve


Disegno di legge costituzionale: S. 1429-B: Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione – (A.C.2613-B)
11-01-2016
Dichiarazione di voto finale –

Grazie, signora Presidente. La legge di riforma costituzionale, che ci accingiamo a votare, non è propriamente quella voluta dai socialisti e dalle socialiste. Non lo è nei contenuti che, nonostante i miglioramenti apportati al Senato, in diverse parti sono ambigui, a volte poco chiari, e non lo è per il metodo. Sarebbe stato senza dubbio meglio, come avevamo proposto a inizio legislatura, adottare la strada maestra di un’Assemblea Costituente, che, svincolata dall’esame di altri provvedimenti, avrebbe potuto dedicare più tempo e maggiori approfondimenti e serenità, pur senza escludere il confronto, se necessario anche aspro, ma siamo rimasti gli unici a sostenere la necessità di questo percorso.
Noi socialisti fummo i primi a partire dal 1979, a lanciare l’idea di una grande riforma, così come fummo gli unici, nel Pag. 431982, nel corso della conferenza di Rimini, rimasta nella memoria comune per il tema dei meriti e dei bisogni, a proporre il superamento di due Camere con uguali poteri, ossia uno dei cardini dell’attuale riforma, suscitando allora un’opposizione virulenta nella Commissione Bicamerale del 1997, formata da 70 parlamentari e tra questi il segretario nazionale del PSI. Fummo ancora noi a parlare di trasformazione del Senato in Camera delle regioni, sul modello del Bundesrat tedesco, composta dei rappresentanti dei governi regionali e con compiti di garanzia e di controllo, attribuendo alle regioni la competenza normativa generale per l’autonomia statutaria, come ci ricorda Carlo Correr, il caporedattore dell’Avanti, nel suo recente libro Una lunga marcia. I Socialisti italiani dopo il 1993.
Le buone idee evidentemente non muoiono e oggi si pone fine alla lunga esperienza del bicameralismo paritario, ai ripetuti passaggi di provvedimenti tra Camera e Senato, ad un iterlegislativo lungo e farraginoso, che spesso ha generato il blocco di leggi importanti, impedendone addirittura l’approvazione nell’arco della legislatura. Basti pensare che nella scorsa legislatura il tempo medio, non il tempo massimo, di approvazione di un provvedimento di iniziativa parlamentare è stato di 442 giorni, ma ci sono stati casi, come nel corso della XIV legislatura dove i giorni sono stati oltre 500. Con questa riforma ciò non accadrà più, ed è soprattutto per questo che il gruppo socialista, che ha affrontato senza pregiudizi il dibattito e il processo di revisione costituzionale, voterà a favore del provvedimento nonostante le perplessità dovute ad una base di partenza imposta dal Governo non sempre coerente con gli obiettivi dichiarati.
Certo, avremmo preferito che il nuovo Senato ricalcasse maggiormente il modello del Bundesrattedesco, così come avremmo preferito un maggiore equilibrio numerico tra le due Camere, da raggiungersi attraverso uno snellimento di questa Camera, ma l’Aula ha scelto diversamente. Quindi, non hanno trovato risposta molte delle questioni poste dei socialisti. Come ho già detto, maggiore proporzionalità del peso tra Camera e Senato, superamento del conflitto di interessi tra consiglieri regionali, sindaci e senatori, modifica del sistema di designazione dei componenti del Consiglio superiore della magistratura, anche al fine di garantire il superamento delle correnti, eliminazione dell’autodichia nella gestione del personale, e tanti altri temi.
Tornando all’oggi dobbiamo riconoscere che il testo è in parte migliorato, sia nelle funzioni assegnate al Senato, ora più autorevole nel rappresentare i territori, sia nel metodo di scelta dei nuovi senatori e senatrici, (che nella prima parte saranno pochi), per il quale si dovrà provvedere con una legge successiva, che mi auguro darà ruolo ad elettori ed elettrici.
È inoltre positivo che vi sia una relazione fiduciaria esclusivamente tra Governo e Camera, e che la funzione legislativa sia esercitata non più da entrambe le Camere ma dalla sola Camera dei deputati. Positivo anche il tentativo di semplificazione dell’apparato della Repubblica con la soppressione del CNEL e delle province, anche se riguardo a queste ultime la situazione ha bisogno di ulteriori chiarimenti e provvedimenti. È infine positiva l’introduzione di un tema al quale tengo molto, l’introduzione del principio di parità e non discriminazione tra donne e uomini nelle leggi elettorali, avvenuta con la modifica dell’articolo 55 della Costituzione, che prevede, per le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere, la promozione dell’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza. Anche in questo caso la nostra preferenza sarebbe stata diversa: piuttosto che «promozione» avremmo preferito «garanzia» dell’equilibrio di genere nelle leggi elettorali, insieme alla previsione di norme transitorie per la prima elezione del Senato. Questa era la richiesta dell’Accordo di azione comune sulla democrazia paritaria, che è un coordinamento di oltre 50 associazioni femminili che promuovono insieme la presenza femminile ed il suo peso nella politica. Richiesta che era stata Pag. 44avanzata alla Ministra Boschi, che mi sarebbe piaciuto vedere qui con noi, nell’incontro del luglio scorso, insieme alla previsione dell’impatto di genere e delle pari opportunità nelle diverse nomine in enti ed istituzioni.
Restiamo dell’avviso che si poteva fare meglio e, soprattutto, che si doveva tentare, più di quanto abbiamo fatto, di ricercare una maggiore condivisione con le opposizioni. Riteniamo che per le riforme vadano fatti tutti gli sforzi possibili per arrivare alla massima condivisione; non ci siamo riusciti, anche se va detto che la responsabilità non è certamente solo della maggioranza. Come abbiamo sottolineato anche in altre occasioni, il meglio è spesso nemico del bene che, in questo caso, consiste nell’avvio di un percorso di riforme al quale noi socialisti e socialiste non ci siamo mai sottratti. Non vogliamo lasciare alibi a nessuno per giustificare le difficoltà del Paese, attribuendole ad una mancata riforma costituzionale e, per questo, annunciamo, con tutte le riserve nel merito e nel metodo, il voto favorevole della componente socialista ed allo stesso tempo chiediamo, ancora una volta, la modifica della legge elettorale, per garantire, insieme alla governabilità, che è fattore importante, la rappresentanza. L’equilibrio tra rappresentanza e governabilità è ancor più fondamentale rispetto ai singoli fattori.
Vorrei, infine, richiamare l’attenzione dell’Aula e del Governo nel suo insieme, ed in particolare della Ministra per le riforme, su un tema ed un impegno molto cari a noi socialisti: è stato detto che il voto di oggi non è il fischio che mette fine alla partita. Concordiamo con il collega Cuperlo, autore della metafora, perché siamo profondamente convinti che questa riforma non rende inutile il lancio di una nuova fase costituente. So che questa nostra proposta susciterà sorpresa, forse anche qualche battuta ironica, ma noi socialisti siamo convinti che dopo la riforma del Senato che ha aperto il cantiere, come ha detto il direttore della rivista Mondoperaio, Gigi Covatta, ecco, dopo aver aperto il cantiere, resti da ristrutturare l’intero edificio istituzionale, se si vuole garantire la vocazione e l’equilibrio e migliorarne la funzionalità. Lo si è già visto in sede di approvazione di questa riforma al Senato, quando il Governo non ha battuto ciglio sull’ordine del giorno presentato dal senatore Ranucci sull’accorpamento delle regioni.
Poi, ci sono altre questioni da affrontare e da regolare, come la cessione di sovranità nei confronti delle istituzioni europee, che non può essere definita solo dall’articolo 11 o dall’articolo 81 riformato e la razionalità degli assetti del potere locale. Non mi limito al tema dell’abolizione delle province: pensiamo, ad esempio, alle città metropolitane, all’omogeneità dei sistemi elettorali locali e di quello nazionale, al ruolo dei partiti, a partire dall’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione per la piena attuazione della democrazia interna. Soprattutto – e cito ancora una volta il direttore di Mondoperaio – riteniamo sia opportuno confermare i principi della prima parte della Costituzione che non sono affatto scontati in una situazione in cui, oltre alla coesione sociale, sembra a rischio la stessa coesione culturale della nazione.

Infine – e chiudo – è una proposta velleitaria questa di una nuova fase costituente ? Non crediamo; piuttosto è espressione di un bisogno di visione per il nostro Paese, in questa fase, perché servono uomini e donne visionari oltre che coraggiosi. Non possiamo rimanere sempre sospesi in una sorta di transizione di cui non si individua con chiarezza, non solo il percorso, ma soprattutto la meta, ossia il disegno istituzionale complessivo. I socialisti voteranno a favore di questo che consideriamo un primo passo, un po’ incerto per la verità, verso una riforma di maggior respiro, più ambiziosa e coerente per ristrutturare l’intero edificio istituzionale, garantirne l’equilibrio e migliorarne la funzionalità