Commemorazione di Tina Anselmi
Su Tina Anselmi e sulla sua vita è stato detto molto, oggi, in quest’Aula e fuori, nei giorni che hanno seguito la sua scomparsa. Abbiamo ricordato il suo impegno di partigiana, la sua nomina a Ministra, prima donna ad ottenere questo incarico, dopo trent’anni di vita della Repubblica, l’approvazione della legge di parità di trattamento tra uomini e donne, la creazione del Servizio sanitario nazionale, un sistema che include e garantisce a tutti il diritto alla salute e ancora oggi, nonostante i tagli, è un vanto del nostro Paese.
Si è parlato di lei come esempio concreto di come le donne in politica possano fare la differenza, come lei stessa disse in un’intervista di qualche anno fa: quando le donne si sono impegnate nelle battaglie le vittorie sono state vittorie per tutta la società. Ma ancora una volta, come spesso accade quando una donna è impegnata in politica, si è parlato del suo aspetto fisico, del suo modo di vestire, della sua presunta mancanza di femminilità. Si è sottinteso, a volte si è esplicitato apertamente, che dunque era brava. E si sono fatti paragoni con le attuali giovani Ministre, non sul piano delle capacità e delle professionalità ma spesso su caratteristiche estetiche, perché siamo ancora un Paese dove quando si intervista una Ministra le si fanno domande sulle scarpe che porta.
Siamo un Paese dove una donna bella è per forza stupida o ancella fino a prova contraria, a dimostrazione che la parità conquistata con le leggi è ancora lontana dal permeare la mentalità ed i costumi italiani; a dimostrazione che quelle conquiste raggiunte grazie alle battaglie delle donne – come diceva Tina Anselmi alle suoi nipoti – non sono mai per sempre e che non bisogna mai abbassare la guardia.