PROPOSTA DI LEGGE
d’iniziativa dei deputati
ANTEZZA, BOCCUZZI, BIONDELLI, DI GIOIA, DI LELLO, LOCATELLI, PASTORELLI, RAMPI, ZAPPULLA, ALBANELLA, ARLOTTI, CAPODICASA, CAPONE, CARRA, D’INCECCO, FONTANELLI, LA MARCA, LAFORGIA, MAGORNO, ZARDINI
Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Istituzione dell’Agenzia nazionale per la salute e la sicurezza sul lavoro
Presentata il 30 maggio 2013
Onorevoli Colleghi! Malgrado i progressi degli ultimi anni, in Italia continua a verificarsi un alto numero di incidenti nei luoghi di lavoro, spesso mortali, ai quali si accompagna la situazione altrettanto preoccupante delle malattie professionali, che hanno recentemente registrato un forte aumento. Ripetuti e incisivi sono stati i richiami del Presidente della Repubblica alle istituzioni e alle parti sociali per potenziare gli sforzi tesi a contrastare questi gravi fenomeni.
In particolare, dal punto di vista del Parlamento, s’impone una riflessione sull’adeguatezza del sistema di prevenzione e di protezione della salute e della sicurezza sul lavoro vigente nel nostro Paese, il cui assetto negli ultimi anni è stato profondamente trasformato: prima con la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione realizzata con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha attribuito alla competenza concorrente tra lo Stato e le regioni la delicatissima materia della «tutela e sicurezza del lavoro», e poi con l’approvazione della legge 3 agosto 2007, n. 123, e del relativo decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, di seguito «testo unico», recante disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, a sua volta modificato e integrato dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106.
Con il testo unico l’ordinamento italiano ha riunito per la prima volta in un corpus organico ed esaustivo le varie norme di una materia complessa e multiforme e definito in maniera puntuale istituti e figure prima non chiaramente riconoscibili, disegnando un sistema per la prevenzione e per il contrasto degli infortuni e delle malattie professionali basato sulla collaborazione e sulla sinergia di una pluralità di soggetti istituzionali e sociali.
Nonostante questa importante riforma, tuttavia, si continua a morire per il lavoro e sul lavoro.
Nel corso della passata legislatura, la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche», in ossequio al suo mandato istituzionale, ha dedicato una parte significativa della propria indagine al monitoraggio sull’attuazione e sull’efficacia del testo unico, ricavando alcune importanti indicazioni che sono state raccolte nelle tre relazioni annuali sull’attività svolta (Doc. XXII-bis, nn. 1, 3 e 5), discusse anche dinanzi all’Assemblea del Senato della Repubblica. La presente proposta di legge riprende integralmente l’atto Senato n. 3587 che unitariamente i componenti della Commissione, tra cui la prima firmataria, proposero e del quale solo la conclusione della legislatura ha impedito l’approvazione. Convinti della giustezza della soluzione e forti della condivisione che si registrò nella scorsa legislatura, auspichiamo che ora il Parlamento voglia sollecitamente addivenire al risultato sotteso alla presente proposta di legge.
L’indagine ha dimostrato che la disciplina introdotta dal testo unico è senz’altro adeguata e in linea con gli standard fissati a livello europeo e internazionale. Tuttavia la sua attuazione ha subìto una serie di ritardi e molti aspetti cruciali della riforma non sono ancora completamente realizzati, il che rallenta e indebolisce anche l’azione di prevenzione e di contrasto degli infortuni e delle malattie professionali.
Uno dei principali problemi è costituito dal coordinamento tra i diversi attori del sistema di prevenzione, che costituisce uno dei punti qualificanti della riforma ma che, purtroppo, non sta funzionando come dovrebbe, sia rispetto al collegamento tra il livello decisionale statale e quello regionale, sia per quanto riguarda il raccordo tra i diversi soggetti in ambito territoriale, compito quest’ultimo che la legge ha affidato alle regioni.
La già citata riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, infatti, ha ridisegnato il sistema di riparto delle competenze legislative e amministrative tra Stato e regioni, devolvendo a queste ultime nuove importanti funzioni pubbliche. In particolare, nelle materie di legislazione concorrente il nuovo articolo 117 della Costituzione riserva alla potestà legislativa dello Stato l’individuazione dei princìpi fondamentali, lasciando alle regioni la competenza per l’emanazione delle norme di dettaglio.
Nel caso della «tutela e sicurezza del lavoro» l’attribuzione alle regioni di una potestà legislativa concorrente in questa materia ha suscitato un vivace dibattito dottrinario e molte incertezze interpretative, dovute soprattutto alla scarsa chiarezza di tale espressione ai fini dell’esatta definizione dei reali settori di attività in cui Stato e regioni sarebbero stati chiamati a intervenire nel rispetto delle reciproche potestà.
Il legislatore, per dare una risposta a queste esigenze, ha previsto all’articolo 1, comma 2, del testo unico che le disposizioni dello stesso testo unico concernenti ambiti di competenza delle regioni e delle province autonome siano applicate nell’esercizio del potere sostitutivo dello Stato e con carattere di «cedevolezza», ovvero fino all’eventuale approvazione di una normativa propria da parte delle regioni e delle province autonome.
Sono stati inoltre individuati una serie di istituti volti ad assicurare il coordinamento tra i vari enti istituzionali che si occupano di salute e di sicurezza sul lavoro. In particolare, a livello centrale sono stati creati due organismi: il Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro (articolo 5 del testo unico), con compiti di programmazione, indirizzo e controllo, e la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro (articolo 6 del testo unico), con compiti di elaborazione e di analisi di normative, programmi e procedure. Incardinati presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in entrambi gli organismi sono rappresentate anche le regioni e le province autonome, oltre alle amministrazioni centrali e alle parti sociali. Un ruolo importante per il collegamento tra le istituzioni centrali e periferiche e gli operatori è anche quello svolto dalla Commissione per gli interpelli prevista dall’articolo 12 del testo unico, istituita anch’essa presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e che si pronuncia relativamente a quesiti di ordine generale sull’applicazione della normativa in materia di salute e di sicurezza del lavoro. Sebbene questi organismi stiano lavorando intensamente e abbiano prodotto molti importanti risultati, tuttavia anche al loro interno si riscontra una certa difficoltà nel coordinamento delle attività di prevenzione e di vigilanza, soprattutto nel rapporto tra le amministrazioni statali e quelle regionali. Per queste ultime, infatti, manca un referente unico dotato di potere decisionale in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, dovendo ogni atto di rilevanza esterna (inclusi i rapporti con le amministrazioni statali) transitare per la Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome, il che allunga inevitabilmente i tempi.
Difficoltà ancora maggiori si registrano a livello territoriale, dove il coordinamento delle attività di prevenzione e di contrasto al fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali, sia di quelle svolte dalle amministrazioni locali che di quelle realizzate dagli uffici periferici delle amministrazioni statali, è affidato ai comitati regionali di coordinamento, dei quali fanno parte sia rappresentanti delle suddette amministrazioni statali e locali, sia rappresentanti delle parti sociali. Già istituiti dall’articolo 27 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e disciplinati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 2007, i comitati sono stati poi ulteriormente confermati e rafforzati dall’articolo 7 del testo unico. Secondo tale norma, la loro finalità è quella di realizzare una programmazione coordinata di interventi, nonché un’uniformità degli stessi e il necessario raccordo con i citati Comitato di cui all’articolo 5 e Commissione di cui all’articolo 6 dello stesso testo unico.
Essi esercitano, quindi, una duplice funzione di coordinamento, da un lato tra il livello decisionale centrale e quello locale e dall’altro in ambito territoriale tra i diversi enti preposti alla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, ponendosi così come il principale strumento per lo svolgimento delle fondamentali competenze attribuite in questo settore alle regioni e alle province autonome.
Purtroppo, i comitati regionali di coordinamento non stanno funzionando come dovrebbero, come dimostra l’ampia indagine condotta al riguardo dalla citata Commissione parlamentare di inchiesta, i cui primi risultati sono stati illustrati nella terza relazione annuale (Doc. XXII-bis, n. 5). Anche se ormai istituiti in tutte le regioni, infatti, i comitati registrano ancora numerosi ritardi e incertezze nella loro attività, sia pure con alcune lodevoli eccezioni. Anzitutto, le regioni hanno spesso adottato soluzioni diverse in merito alla disciplina dell’organizzazione e del funzionamento di questi organismi, che spesso si riuniscono solo saltuariamente e con cadenze diverse. Inoltre, si riscontra ancora una certa «fatica» nell’instaurare un pieno coordinamento e una più ampia sinergia tra i diversi soggetti istituzionali preposti alla salute e alla sicurezza sul lavoro, per ragioni legate in parte a motivi organizzativi e in parte anche a fattori culturali. Tali difficoltà si riverberano soprattutto nel coordinamento delle attività di vigilanza, dove si registrano ancora duplicazioni e sovrapposizioni tra i diversi enti ispettivi. A ciò si aggiunge il fatto che finora solo poche regioni hanno trasmesso, come prevede la legge, la relazione annuale sul monitoraggio delle attività di vigilanza dei Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e della salute, adempimento essenziale per rafforzare lo scambio di informazioni e la sinergia tra i diversi livelli istituzionali di Governo.
Il mancato coordinamento ha effetti negativi anche dal punto di vista della gestione ottimale delle risorse. Anche le pubbliche amministrazioni operanti in questo settore scontano infatti gravi carenze di organico e di risorse finanziarie e strumentali. Poiché l’attuale crisi economica rende difficile ipotizzare, anche nel prossimo futuro, un aumento delle dotazioni, una parziale soluzione al problema potrebbe venire proprio da un rafforzamento del coordinamento e della sinergia tra i diversi enti, che consentirebbe una maggiore condivisione e ottimizzazione delle risorse disponibili. Ciò vale soprattutto per le attività di prevenzione e di vigilanza, dove le duplicazioni e le sovrapposizioni già ricordate rischiano di rallentare o addirittura di vanificare la stessa efficacia dell’azione amministrativa.
L’aspetto più preoccupante emerso dalla ricognizione della Commissione parlamentare di inchiesta è la forte disomogeneità tra le varie regioni. Se ciò è in parte riconducibile al diverso grado di sviluppo economico-sociale dei vari territori e alle differenti capacità organizzative delle singole amministrazioni regionali, questa diversificazione non garantisce però la necessaria uniformità nell’applicazione delle leggi in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, il che implica anche il rischio – sia pure solo potenziale – che, a fronte della competenza legislativa concorrente, si possano un giorno determinare pericolose asimmetrie tra una regione e l’altra anche sul versante normativo. Sebbene ciò finora non sia accaduto, la possibilità in termini giuridici esiste. Il principio di «cedevolezza» delle norme statali rispetto a quelle regionali negli ambiti di competenza delle regioni, contenuto nel già citato articolo 1, comma 3, del testo unico, comporta infatti che se una regione volesse emanare una normativa in deroga alle previsioni del testo unico potrebbe farlo, a meno che non vada a incidere sui livelli essenziali delle prestazioni.
La fissazione da parte dello Stato dei livelli minimi essenziali non è però in grado, di per sé, di assicurare pienamente un’equilibrata produzione normativa a livello locale, la quale potrebbe ben portare a una competizione al «ribasso» degli standard di sicurezza. In effetti, il semplice richiamo al rispetto dei princìpi fondamentali non offre un’adeguata tutela, atteso che essi, proprio in quanto princìpi, non possono rappresentare altro che indicazioni di indirizzo, mentre compito precipuo dello Stato deve essere quello di dettare norme immediatamente precettive, anche di dettaglio, superando così l’attuale mero potere di indirizzo al fine di realizzare uguali livelli di tutela e di sicurezza nell’intero territorio nazionale.
Questa esigenza può essere soddisfatta rafforzando in maniera più incisiva il coordinamento a livello centrale, al fine di assicurare un’effettiva uniformità di indirizzo e di azione in tutto il territorio nazionale. Nell’attuale assetto istituzionale tale compito è affidato al citato Comitato, di cui all’articolo 5 del testo unico. Tuttavia, per le difficoltà già indicate, il Comitato non ha potuto finora svolgere appieno questa funzione, il che costituisce un oggettivo elemento di debolezza del sistema e impone un ripensamento della natura e degli strumenti a disposizione di questo organismo.
La presente proposta di legge intende dare risposta a questo problema, attraverso la soppressione del Comitato e la sua contestuale sostituzione con una nuova Agenzia nazionale per la salute e la sicurezza sul lavoro, che ne assumerà le funzioni. L’Agenzia eserciterà tali attribuzioni, e in particolare quella della programmazione e del coordinamento delle attività di prevenzione e di vigilanza in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, con un rafforzamento dei relativi poteri rispetto all’assetto vigente.
La scelta di istituire questa Agenzia si rende necessaria proprio alla luce delle considerazioni precedenti: il sistema della prevenzione disegnato dal testo unico è infatti necessariamente complesso e articolato, coinvolgendo le competenze di una pluralità di soggetti istituzionali e sociali. Serve quindi una modalità di raccordo più forte, che possa fare da sintesi tra le diverse istanze e, contemporaneamente, dare impulso alle varie attività di prevenzione e di contrasto agli infortuni e alle malattie professionali. Al riguardo, si ritiene che tale compito possa essere meglio assolto da un organismo dedicato, che sia al tempo stesso operativamente snello e dotato di adeguate competenze e risorse.
La formula dell’Agenzia, già prevista e presente nel nostro ordinamento con compiti di supervisione e di controllo in vari settori di pubblico interesse (si pensi, solo per fare un esempio, all’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie), appare quindi la scelta più idonea a soddisfare queste esigenze.
Esaminando nel dettaglio il testo della proposta di legge, l’articolo 1, comma 1, lettere a) e b), stabilisce anzitutto che tutti i richiami al Comitato di cui all’articolo 5 del testo unico, contenuti nel medesimo testo unico, dovranno essere riferiti all’Agenzia nazionale per la salute e la sicurezza sul lavoro. In secondo luogo, la lettera c) prevede che un rappresentante dell’Agenzia sieda all’interno della Commissione prevista dall’articolo 6 del testo unico, in modo da stabilire un’indispensabile forma di raccordo tra questi due organismi. La successiva lettera d), infine, modificando l’articolo 12 del testo unico, trasferisce all’Agenzia le competenze attualmente attribuite alla Commissione per gli interpelli, così da rafforzare il ruolo dell’Agenzia stessa come punto di riferimento per la programmazione e per il coordinamento delle attività in materia di salute e di sicurezza sul lavoro.
L’articolo 2 della proposta di legge procede poi, con il metodo della novella, alla necessaria modifica dell’articolo 5 del testo unico e definisce i compiti e la struttura della nuova Agenzia. Il comma 1 precisa che l’Agenzia è sottoposta ai poteri di indirizzo e di vigilanza congiunti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero della salute e gode di personalità giuridica e di ampia autonomia, secondo il modello generale previsto per le agenzie governative dagli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
Al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni con altri organismi già esistenti, i successivi commi del novellato articolo 5 prevedono che la nuova Agenzia ricalchi sostanzialmente le funzioni e la composizione dell’attuale Comitato, ma con una formula organizzativa più snella ed efficiente e con poteri più ampi e incisivi. Per quanto riguarda l’assetto organizzativo, il comma 2 stabilisce che organi dell’Agenzia sono il direttore, il comitato direttivo e il collegio dei revisori dei conti, indicandone la durata in carica (tre anni), nonché le modalità di selezione e di eventuale rinnovo, che richiamano una stretta collaborazione tra amministrazioni centrali e periferiche, con il concorso decisivo della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito «Conferenza Stato-regioni».
La struttura decisionale è imperniata sul comitato direttivo, la cui composizione, definita sempre dal comma 2, corrisponde (con l’eccezione del direttore che lo presiede) a quella attualmente prevista per il Comitato, fatto salvo l’aumento di una unità sia del numero dei rappresentanti del Ministero della salute, sia di quello dei rappresentanti delle regioni e delle province autonome. In questo modo si intende soddisfare una duplice esigenza: da un lato, assicurare una continuità di funzionamento tra il Comitato e l’Agenzia, per evitare l’interruzione dell’attività amministrativa in corso e la dispersione del patrimonio di competenze e di esperienza maturato in questi anni; dall’altro, rafforzare la presenza del Ministero della salute (che è equiparata a quella del Ministero del lavoro e delle politiche sociali) e delle regioni e province autonome all’interno dell’Agenzia, per dare maggiore sostanza ed efficacia al suo ruolo di organismo di collegamento tra le istituzioni centrali e periferiche competenti in materia di salute e di sicurezza sul lavoro.
Per le medesime ragioni, anche le funzioni dell’Agenzia elencate al comma 4 assorbono e espandono quelle del Comitato. Così, nelle lettere da a) a d) si elencano i compiti già attribuiti al Comitato in materia di programmazione, impulso e verifica delle attività e delle politiche finalizzate alla prevenzione e al contrasto degli infortuni e delle malattie professionali, mentre nelle successive lettere da g) a p) si prevede che l’Agenzia svolga, per quelle stesse finalità, una serie di ulteriori attività di carattere complementare. Si tratta dei compiti attualmente espletati dalla Commissione per gli interpelli; della definizione dei criteri relativi al libretto formativo; della fissazione delle capacità e dei requisiti professionali dei componenti delle commissioni degli organismi paritetici; della promozione di iniziative per favorire la conoscenza della normativa e delle buone prassi ovvero della diffusione della cultura della sicurezza negli istituti scolastici e universitari; del monitoraggio dell’uso da parte delle aziende sanitarie locali delle risorse provenienti dalle sanzioni comminate per le violazioni antinfortunistiche (che per legge dovrebbero essere destinate a finanziare le attività di prevenzione); della partecipazione alla gestione da parte dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP), previsto dall’articolo 8 del testo unico; della nomina dei membri negli organismi nazionali, europei e internazionali che fissano le norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Ne deriva, dunque, un ampio ventaglio di competenze e di poteri, la cui efficacia è rafforzata, anche rispetto all’assetto vigente, dalle disposizioni dei successivi commi 5, 6 e 7, soprattutto per quanto concerne gli aspetti del coordinamento tra i diversi soggetti pubblici e privati, centrali e periferici coinvolti in questo settore (con particolare riguardo ai comitati regionali di coordinamento), nell’intento di stimolare il dialogo e la collaborazione tra i vari enti competenti e di garantire linee di azione uniformi in tutto il territorio nazionale. L’Agenzia infatti, oltre ad avere al proprio interno un’ampia rappresentanza sia delle amministrazioni centrali che di quelle periferiche anche attraverso il costante collegamento con la Conferenza Stato-regioni, mantiene un ampio dialogo anche con le categorie sociali e con gli esperti del settore della sicurezza, che formano parte integrante del sistema della prevenzione.
A tal fine, il comma 5 dell’articolo in esame stabilisce che, ai fini delle definizioni degli obiettivi di alcune attività di comune interesse, l’Agenzia consulti preventivamente le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro e le associazioni tecnico-scientifiche maggiormente rappresentative a livello nazionale. Inoltre, l’Agenzia effettua una verifica almeno semestrale sui risultati raggiunti e può, nell’espletamento delle sue funzioni, acquisire informazioni e documenti da tutti i soggetti competenti. Il comma 6 si sofferma poi in particolare sui comitati regionali di coordinamento, che come già detto sono il fulcro dell’attività di prevenzione e di vigilanza a livello territoriale: si prevede infatti che l’Agenzia effettui un monitoraggio costante sul loro funzionamento e riferisca ai Ministri vigilanti il verificarsi di una delle disfunzioni o inadempienze previste dall’articolo 4, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 31 del 6 febbraio 2008, affinché gli stessi Ministri possano valutare i necessari provvedimenti, anche ai fini dell’esercizio dei relativi poteri sostitutivi del Governo stabiliti dall’articolo 4, commi 2 e 3, del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. In tal modo, senza ledere l’autonomia dei comitati di coordinamento regionali, si intende però assicurare un maggiore presidio sul loro corretto funzionamento e dare maggiore efficacia all’esercizio dei compiti di vigilanza e di intervento già previsti a legislazione vigente in capo ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e della salute. Infine, il comma prevede che l’Agenzia debba trasmettere ai Ministeri vigilanti una relazione annuale sull’attività svolta, contenente un’analisi dettagliata dei problemi della salute e della sicurezza sul lavoro e dei risultati ottenuti da ciascuno dei soggetti competenti sulla base dei programmi e degli obiettivi loro assegnati, nonché proposte per il miglioramento delle azioni di prevenzione e di contrasto agli infortuni e alle malattie professionali.
Al fine di assicurare che le verifiche e le proposte dell’Agenzia abbiano un adeguato seguito normativo, i commi 8 e 9 stabiliscono poi che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero della salute, sentita la Conferenza Stato-regioni, debbano tenere conto delle indicazioni fornite dall’Agenzia medesima ed elaborare le iniziative necessarie al raggiungimento degli obiettivi e dei programmi, provvedendo altresì a inviare al Presidente del Consiglio dei ministri e alle Camere un rapporto informativo annuale sull’attività svolta dall’Agenzia. Il comma 10 rafforza questa previsione, promuovendo un’iniziativa pubblica di presentazione dell’attività dell’Agenzia, da tenere annualmente, possibilmente in occasione della Settimana per la sicurezza e la salute sul lavoro dell’Unione europea. In questo modo, si vuole creare un ulteriore momento di sensibilizzazione e di diffusione della cultura della sicurezza sul lavoro tra la società civile.
Infine, il comma 11 rinvia a un apposito regolamento del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, la definizione delle modalità di organizzazione e funzionamento dell’Agenzia.
Tale norma è richiamata dal successivo articolo 3 della proposta di legge, che detta i princìpi di organizzazione e di funzionamento ai quali dovrà attenersi il regolamento, ferme restando le disposizioni di carattere generale previste per le agenzie governative dai già citati articoli 8 e 9 del decreto legislativo n. 300 del 1999.
Al comma 1 si precisa anzitutto che il regolamento dovrà definire la pianta organica dell’Agenzia (nel limite massimo di venti unità) e il relativo inquadramento contrattuale, le modalità per il trasferimento all’Agenzia dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dal Ministero della salute, dall’INAIL e dalle regioni e province autonome delle risorse organiche e strumentali necessarie al suo funzionamento, nonché stabilire le funzioni che rimangono in capo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e adottare il regolamento di amministrazione e contabilità dell’Agenzia. Il successivo comma 2 prevede infine che, entro tre mesi dall’adozione del regolamento, l’Agenzia subentri nelle competenze già attribuite rispettivamente al Comitato di cui all’articolo 5 e alla Commissione per gli interpelli di cui all’articolo 12 del testo unico.
Per quanto riguarda le risorse di personale dell’Agenzia, al fine di contenere quanto più possibile le spese di funzionamento, si prevede poi (comma 3) che i componenti del comitato direttivo (a eccezione del direttore che è assunto con un contratto ad hoc) siano collocati in posizione di comando dalle rispettive amministrazioni, a carico delle quali continuano a rimanere tutti gli oneri diretti e indiretti relativi ai trattamenti economici, che non possono comunque superare quelli percepiti presso le amministrazioni di origine. Parimenti, sono collocati in posizione di comando (comma 4) dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dal Ministero della salute, dall’INAIL e dalle regioni e province autonome tutte le unità di personale dell’Agenzia, con i medesimi criteri di invarianza dei trattamenti economici. Si prevede inoltre che, in sede di prima attuazione, all’Agenzia possa essere assegnato anche il personale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali attualmente addetto alla segreteria del Comitato di cui all’articolo 5 del testo unico.
È quindi da sottolineare che, con questa formula, ad eccezione del direttore e dei revisori dei conti, l’istituzione dell’Agenzia non comporta nuovi o maggiori oneri di personale a carico della finanza pubblica.
Il comma 5 ribadisce che l’Agenzia si avvale per le attività di immobili e di strutture forniti dall’amministrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, mentre il comma 6 precisa che tutti gli atti relativi all’istituzione dell’Agenzia godono di esenzione fiscale.
Infine, l’articolo 4 della proposta di legge reca, al comma 1, la copertura finanziaria delle spese di funzionamento dell’Agenzia, stabilite in 500.000 euro annui – somma nella quale sono compresi anche i compensi del direttore e dei revisori dei conti –, mentre nei successivi commi 2 e 3 si ribadisce che dall’attuazione della legge non devono derivare ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, dovendo le amministrazioni competenti svolgere le attività loro affidate con le risorse disponibili a legislazione vigente.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81).
«a-bis) un rappresentante dell’Agenzia;»;
1) al comma 1, le parole: «alla Commissione per gli interpelli di cui al comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «all’Agenzia»;
2) il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Qualora la materia oggetto di interpello investa competenze di altre amministrazioni pubbliche il comitato direttivo dell’Agenzia è integrato con rappresentanti delle stesse, che esercitano le loro funzioni senza alcun compenso, rimborso spese o indennità di missione».
Art. 2.
(Modifica dell’articolo 5 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante istituzione dell’Agenzia nazionale per la salute e la sicurezza sul lavoro).
«Art. 5. – (Agenzia nazionale per la salute e la sicurezza sul lavoro). – 1. È istituita l’Agenzia nazionale per la salute e la sicurezza sul lavoro, di seguito denominata «Agenzia», sottoposta ai poteri di indirizzo e di vigilanza congiunti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero della salute. Per l’esercizio della funzione di vigilanza, i citati Ministeri si avvalgono delle risorse umane, strumentali e finanziarie proprie, ovvero dell’INAIL, già disponibili a legislazione vigente. L’Agenzia, per quanto non previsto dal presente articolo, è disciplinata dagli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, ed è dotata di personalità giuridica e di autonomia amministrativa, regolamentare, patrimoniale, contabile e finanziaria.
province autonome di Trento e di Bolzano. I membri del comitato direttivo durano in carica tre anni e sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Il collegio dei revisori dei conti è costituito dal presidente, da due componenti effettivi e da due supplenti, che durano in carica tre anni e che sono rinnovabili una sola volta. I componenti del collegio sono nominati con decreto interministeriale del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro della salute, su designazione, quanto al presidente, del Ministro dell’economia e delle finanze.
una verifica con cadenza almeno semestrale. Nell’espletamento delle sue funzioni, l’Agenzia può acquisire informazioni e documenti da altre amministrazioni pubbliche e da tutti i soggetti pubblici e privati, centrali e periferici, aventi compiti in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, con particolare riguardo ai comitati regionali di coordinamento.
riguardo al funzionamento dei comitati regionali di coordinamento;
Art. 3.
(Princìpi di organizzazione e di funzionamento dell’Agenzia nazionale per la salute e la sicurezza sul lavoro).
del lavoro e delle politiche sociali e al conseguente riassetto delle strutture del Ministero stesso;
30 marzo 2001, n. 165. In sede di prima attuazione della presente legge, all’Agenzia può essere assegnato anche il personale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali già addetto alla segreteria del Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Art. 4.
(Copertura finanziaria).