Interrogazione a risposta scritta 4-16402
presentato da
testo di
LOCATELLI, PASTORELLI e LO MONTE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali . — Per sapere – premesso che:
nella Gazzetta Ufficiale n. 141 del 18 giugno 2016, è stata pubblicata la legge 6 giugno 2016, n. 106, «Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale», in vigore dal 3 luglio 2016;
il terzo settore viene definito come il complesso degli enti privati costituiti con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che, senza scopo di lucro, promuovono e realizzano attività d’interesse generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi, in coerenza con le finalità stabilite nei rispettivi statuti o atti costitutivi;
tra le finalità perseguite vi è la revisione della disciplina contenuta nel codice civile in tema di associazioni e fondazioni, da attuare secondo i determinati principi e criteri direttivi;
i decreti delegati dovranno: individuare i settori in cui può essere svolta l’attività d’impresa nell’ambito delle attività di interesse generale; prevedere le forme di remunerazione del capitale sociale che assicurino la prevalente destinazione degli utili al conseguimento dell’oggetto sociale; prevedere il divieto di ripartire eventuali avanzi di gestione degli utili al conseguimento degli obiettivi sociali; prevedere l’obbligo di redigere il bilancio; coordinare la disciplina dell’impresa sociale con il regime delle attività di impresa svolte dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale; prevedere la nomina, in base a principi di terzietà, di uno o più sindaci con funzioni di vigilanza;
essendo la legge entrata in vigore il 3 luglio 2016, il Governo dovrà adottare e presentare i decreti entro il 18 maggio in modo che essi siano definiti entro il 2 luglio, termine di scadenza per l’esercizio della delega;
al tal fine, diverse associazioni femminili hanno individuato, cosa che avevano invano fatto presente durante l’iter di approvazione della legge, due esigenze fondamentali: che il linguaggio della legge fosse in linea con le indicazioni sull’uso non sessista della lingua italiana e che la tipologia «associazioni femminili» fosse esplicitamente inclusa in tutte le sezioni individuate per l’associazionismo;
la terminologia «associazioni femminili» deve comparire in ogni sezione in quanto il limite attuale dell’impianto legislativo potrebbe di nuovo ostacolare/impedire alle associazioni femminili (ad esempio: UDI – Unione Donne in Italia) di iscriversi al registro, per una presunta mancanza del requisito della «democraticità» (non sono ammessi uomini);
la tipologia «associazioni femminili» deve comparire in ogni sezione perché evidenti sono i rischi e i limiti che avrebbero le politiche del terzo settore, nel momento in cui le associazioni femminili non fossero neppure nominate in quanto tali. Si disperderebbero di fatto, nel vasto mondo dell’associazionismo, valori e istanze specifiche che tali associazioni hanno in quanto femminili –:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di un indispensabile riconoscimento dell’associazionismo femminile, come forma associativa specifica e, come presupposto per una legislazione futura che si esprima con un linguaggio corretto dal punto di vista del genere. (4-16402)