La risposta del sottosegretario Giro
Grazie, Presidente. Permettetemi, innanzitutto, di ribadire l’attenzione con la quale il Governo italiano segue la situazione in Burundi, che al momento permane critica, e l’impegno del nostro Paese, sia direttamente che nel quadro europeo, per favorirne un’evoluzione positiva. Sul piano bilaterale, in diverse occasioni il Governo italiano ha richiamato quello burundese al rispetto degli impegni internazionali assunti in materia di diritti umani e civili, insistendo altresì sulla necessità di portare avanti un dialogo aperto ed inclusivo tra le forze governative e i rappresentanti delle opposizioni, sia nel Paese che fuori.
Ricordo, solo per citarne alcuni, l’incontro del Ministro Gentiloni con lo stesso Ministro degli esteri burundese Nyamitwe, tenutosi lo scorso novembre. Io stesso, dopo aver sensibilizzato Nyamitwe a margine dei lavori dell’Assemblea generale dell’ONU dello scorso anno, ho ribadito la preoccupazione dell’Italia nel corso di un incontro avuto a maggio di quest’anno con il Vicepresidente burundese a margine del World Humanitarian Summit di Istanbul e, da ultimo, con il Rappresentante permanente burundese all’Onu Shingiro.
Con il Burundi c’è anche pendente bilateralmente la questione dell’indagine sull’assassinio delle tre religiose italiane uccise due anni fa e sul quale aspettiamo ancora la conclusione delle indagini. Sul piano multilaterale, l’Italia è impegnata a sollevare in ogni consesso utile il tema del rispetto dei diritti umani, che, come noto, è una delle linee direttrici fondamentali della nostra politica estera. Da ultimo, vorrei ricordare la prima Conferenza Italia-Africa, svoltasi alla Farnesina il 18 maggio scorso, che ha rappresentato senz’altro un’occasione di promozione della pace e dei diritti umani. Alla Conferenza era stato ovviamente invitato anche il Ministro Nyamitwe, il quale, tuttavia, diversamente dalla maggior parte dei suoi omologhi, ha disdetto all’ultimo momento la partecipazione della delegazione del suo Paese e, conseguentemente, il previsto incontro con il Ministro Gentiloni.Pag. 25
Vorrei inoltre sottolineare come il 2017 sarà l’anno in cui l’Italia porrà particolarmente attenzione alle crisi e alle sfide di sicurezza in Africa. Questa, infatti, costituirà una delle principali priorità del nostro Paese durante la Presidenza italiana del G7 e durante l’anno di mandato come membro non permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Nel frattempo, continuiamo a sostenere con convinzione l’azione del Consiglio di sicurezza mirata a trovare un accordo sul dispiegamento di una forza di polizia internazionale a protezione della popolazione locale, in linea con quanto previsto dalla Risoluzione n. 2279 e con la convenzione di Kigali sulla protezione dei civili del 2015, di cui l’Italia è stata tra i primi firmatari, anche se fino ad oggi il Governo burundese ha manifestato solo una limitata disponibilità alla realizzazione di tale iniziativa.
Il nostro Paese è attivo nel seguire le vicende burundesi anche in seno al Consiglio dei diritti umani dell’ONU a Ginevra. Oltre ad aver sostenuto la Risoluzione 30/27 dell’ottobre 2015 sulla situazione dei diritti umani nel Paese, abbiamo preso parte attiva alla sessione speciale del Consiglio sul Burundi del 17 dicembre dello stesso anno, al termine della quale è stata adottata una risoluzione che ha richiesto l’invio di una missione di esperti indipendenti per indagare sulle violazioni dei diritti umani perpetrate nel Paese.
È stato grazie anche a queste due risoluzioni che la situazione dei diritti umani in Burundi ha potuto rimanere fino ad oggi sotto la costante attenzione del Consiglio dei diritti umani e stiamo lavorando perché lo sia anche nei prossimi mesi. Proprio oggi si apre a Ginevra una nuova sessione del Consiglio nell’ambito della quale è in programma, il prossimo 27 settembre, un nuovo dialogo interattivo rafforzato sul Burundi. In quell’occasione verrà presentato il rapporto finale della missione di esperti indipendenti, che oggi non è ancora disponibile.
L’Italia, assieme ai partner dell’Unione europea, è impegnata a valutare insieme al Burundi e ai Paesi del gruppo africano i possibili seguiti di tale lavoro, al fine di assicurare che la situazione rimanga all’attenzione del Consiglio anche nei prossimi mesi. Siamo inoltre impegnati a sostenere, con la UE, gli sforzi di mediazione della East African Community ePag. 26dell’Unione Africana per una soluzione della crisi, anche se, dopo i segnali positivi della sessione di dialogo interburundese dello scorso maggio, non si è registrato più alcun progresso, anche per il sostanziale appoggio ricevuto dal Governo del Burundi in sede Unione Africana.
La replica di Pia Locatelli
La ringrazio, signor Viceministro, di questa sua risposta, ed è stata una risposta complessa ad un’interrogazione complessa, nel senso che l’interrogazione prevedeva ben cinque domande. C’è una parte di soddisfazione e una parte che rimane aperta nella sua risposta. La mia soddisfazione si riferisce all’impegno del nostro Governo nel considerare il tema dei diritti umani una direttrice sulla quale noi costantemente lavoriamo, e questo è un tema e una politica che apprezzo moltissimo, anche in qualità di presidente del Comitato dei diritti umani della Commissione affari esteri della Camera. Ed è un tema di grande difficoltà, perché noi viviamo un periodo di confusione, perché la situazione del mondo è diventata sempre più complessa e si perdono i riferimenti, per cui non ci sono più né certezze né automatismi.
Perché perseguiamo la pace, certo, ma a volte la pace va in contraddizione con la giustizia. Perseguiamo la stabilità, ma a volte la stabilità va in contraddizione con la libertà, e quindi, addirittura, a volte pensiamo che sia importante fare interventiPag. 28umanitari che trascendono la questione morale. Si fanno le opere di misericordia, si dà da mangiare agli affamati o da bere agli assettati, e però si deve stare zitti, in questo caso; ma noi, che vogliamo difendere i diritti umani, quando difendiamo i diritti umani dobbiamo alzare la voce, individuare responsabilità e trovare i responsabili.
Per cui, in questa situazione di grande incertezza è giusto avere questa bussola dei diritti umani, ma non sempre riusciamo a farlo. Però capisco che molto spesso non dipende dalla nostra volontà, perché a volte si pensa che nella politica internazionale la tensione etica si possa attenuare, cosa che non è, perché, di fatto, la politica internazionale è la politica, la nostra politica, proiettata sul piano internazionale. Quindi, capisco la difficoltà, ma so che il nostro Governo si ispira a questo principio della promozione e della protezione dei diritti umani. E sono rimasta molto sorpresa, entrando invece nel merito delle cinque domande che le avevo posto – le ho detto, era un’interrogazione un po’ complessa –, ecco, non sapevo che la delegazione burundese all’ultimo momento avesse cancellato la partecipazione alla nostra Conferenza interministeriale del maggio scorso.
È significativo: chiaramente, sentono la pressione del nostro Governo sul Paese, in particolare sul Governo, più che sul Paese. Per questo sono dispiaciuta, ma, tra virgolette, è quasi un buon segno, nel senso che sentono che non sarebbero arrivati qui senza scontare un incontro molto impegnativo. Sul tema dei diritti umani ho già detto. Vi è poi la preoccupazione che abbiamo non solo per la difesa, la protezione e la promozione dei diritti umani, ma per quello che sta succedendo in quel Paese – non sto, ovviamente, a raccontare la storia, perché la conosce meglio di me – dopo la terza elezione, illegale dal mio punto di vista, anche se la Corte costituzionale aveva considerato ammissibile il terzo mandato.
Ma sappiamo bene che i giudici costituzionali sono stati minacciati, se si fossero pronunciati in modo diverso, e lo sappiamo da un giudice costituzionale che se ne è fuggito all’estero per poter fare questa denuncia. Il problema è che proprio in questi mesi si sente in Burundi la retorica che si sentiva in Ruanda prima dell’eccidio, e questa è la preoccupazione che abbiamo, perché, diversamente dal Ruanda, dovePag. 29i riferimenti etnici sono stati cancellati, in Burundi ancora valgono le quote, per cui l’84 per cento sono Hutu, il 14 per cento sono o Tutsi, l’1 per cento sono non mi ricordo più quale altra etnia, Twa, e la preoccupazione è che si verifichi in questa situazione veramente difficile quello che è già successo in Ruanda nel 1994, con 800 mila morti, perché questo, Presidente, a me pare che intenda trasformare un conflitto politico, che sicuramente perde, in un conflitto etnico, che non so, forse riuscirà a vincere, proprio per questa presenza robusta dell’etnia Hutu.
Sono contenta che abbiamo imposto sanzioni sospendendo gli aiuti, ma mi lasci allargare un attimo il discorso, e mi riferisco rapidamente agli accordi di Cotonou, al processo di Khartoum, all’accordo che abbiamo fatto come UE con la Turchia, al nostro Migration Compact, che abbiamo dato con una certa impostazione e poi è uscito dalla Commissione con un’impostazione diversa. Attenzione: noi sosteniamo le politiche di sviluppo, attenzione a non trasformare queste politiche di sviluppo in politiche di repressione della migrazione, perché oltre i migranti economici ci sono anche i migranti che fuggono dalle persecuzioni, dalle violazioni dei diritti umani, dai conflitti e così via.