I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale – Per sapere – premesso che:
il dr. Ahmadreza Djalali, medico ricercatore iraniano di 45 anni, è stato condannato a morte il 21 ottobre scorso con sentenza pronunciata dal giudice del Tribunale rivoluzionario iraniano, Abolghasem Salavati;
a partire da questa data, il dr. Ahmadreza Djalali avrebbe venti giorni per proporre ricorso avverso la sentenza;
la motivazione della condanna alla pena capitale risiederebbe nella “collaborazione del medico ricercatore con lo stato di Israele”. Tuttavia, è la stessa attività di ricerca scientifica portata avanti dal dr. Djalali, incentrata soprattutto sul ruolo dell’ospedale nelle catastrofi e sulla sicurezza degli ospedali quando esposti a rischi diversi, nonché nella formazione dei professionisti che operano nella risposta ai disastri, a richiedere il confronto tra diverse realtà internazionali nella pianificazione ospedaliera perché si possa arrivare ad una sintesi per la loro migliore risposta in caso di esposizione a una condizione di disastro;
lo stesso Djalali avrebbe fatto sapere che, come riportato dall’articolo di Nature “Iranian scholar sentenced to death” pubblicato il 23 ottobre 2017 a firma del dott. Michele Catanzaro, pur essendo stato più volte avvicinato da militari e servizi segreti iraniani, egli non solo non ha mai coltivato gli interessi di Israele o di qualsiasi altro Stato, ma ha sempre rifiutato ogni tipo di coinvolgimento in attività che non fossero squisitamente accademiche;
lo stesso Djalali ritiene di essere stato arrestato per il suo rifiuto di spiare Paesi europei per conto del suo governo; in particolare gli sarebbe stato richiesto di raccogliere informazioni sensibili circa infrastrutture strategiche, di contro- terrorismo e per la difesa contro il rilascio/diffusione di sostanze CBRN (chimiche, biologiche, radiologiche, nucleari e esplosive), piano operativi, progetti di ricerca e quant’altro connesso a stati di crisi o di allarme terroristico;
la condanna giunge nell’ambito di una lunga detenzione iniziata il 24 aprile 2016, svoltasi nel carcere di alta sicurezza Evin di Teheran, nel corso della quale il dr. Djalali ha condotto scioperi della fame e della sete per ribadire la propria innocenza e affinché gli fosse garantito un giusto processo;
l’accademico Ahmadreza Djalali è stato docente e ricercatore in Medicina dei disastri presso l’Università del Piemonte Orientale, presso il Karolinska Institutet di Stoccolma, nonché presso la Vrije Universiteit Brussel. La sua attività di ricerca gode di molti meriti e riconoscimenti nella comunità scientifica internazionale, motivo per cui era spesso chiamato a tenere dei seminari in vari Paesi. Qualunque sia il suo passaporto Djalali è oggi un ricercatore sequestrato al suo lavoro e alla sua vita, in attesa di essere giustiziato;
a partire dall’Italia e dalla Svezia è necessario che i Paesi che traggono continui benefici dalla libera comunità della ricerca diano dei segnali chiari e intransigenti a quelli dove le libertà fondamentali latitano o vengono ogni giorno disattese;
la condanna a morte di un ricercatore, di chi non coltiva altro che la conoscenza, deve essere vissuta dalla comunità internazionale come un attacco portato al cuore del nostro modello di convivenza;
durante la seduta antimeridiana del Senato di mercoledì 25 ottobre u.s., numero 905, oltre 120 senatori, appartenenti a tutti i gruppi parlamentari, hanno presentato un’interpellanza urgente di contenuto analogo alla presente -:
quali iniziative il Governo italiano abbia adottato nei mesi scorsi, come dichiarato dal Ministro degli Esteri Angelino Alfano il 23 ottobre 2017, e quali ulteriori passi intenda tempestivamente adottare alla luce dell’aggravarsi della situazione, sia attraverso la propria sede diplomatica, sia coinvolgendo le Istituzioni europee ed in particolare l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, per scongiurare l’esecuzione della sentenza di messa a morte e restituire alla libertà il dr. Ahmadreza Djalali.