“Credo di conoscere abbastanza bene il sindaco Gori e per questa ragione penso che il suo intervento non mirasse a una limitazione della democrazia, o addirittura, come qualcuno ha detto, all’introduzione di una sorta di voto per “censo culturale”. Al contrario, pone un problema delicato e profondo: come si fa ad avere una democrazia pienamente consapevole, che coinvolga il maggior numero di elettori e di elettrici, e che non sia prevalentemente basata sugli slogan o i 140 caratteri di twitter”. Lo scrive la deputata bergamasca Pia Locatelli in un post su Facebook, commentando la frase del sindaco di Bergamo che imputa alla mancata informazione l’esito del referendum sulla Brexit.
“Una volta c’erano i partiti, c’erano le scuole di partito, c’erano le sezioni dove iscritti e simpatizzanti si informavano e si formavano sulle questioni cruciali della politica, c’erano le tribune elettorali del servizio pubblico con dibattiti pacati e dove tutte, ma proprio tutte, le forze politiche potevano esporre i loro programmi. E c’era il ruolo di “mediazione” dei partiti che noi continuiamo a sostenere.
E’ chiaro a tutti, o almeno così dovrebbe essere, che non si può essere informati su tutto: dalla ratifica di un trattato, alla ricerca su particolari malattie, a complesse modifiche costituzionali, alle conseguenze di un voto che sancisce l’uscita dall’Unione europea.
Oggi l’informazione è senza dubbio più diffusa, ma più semplificata e superficiale: il minuto di battuta in televisione, il post su Facebook, i tweet con l’hashtag del momento. In una società sempre più complessa, nella quale temi, soluzioni e politiche sono sempre più complessi, gli strumenti di comprensione sono al contrario estremamente semplificati. Si vota, sempre di più, contro qualcosa e non per qualcosa e questo senza dubbio favorisce i populismi e le demagogie.
Il voto britannico ne è un classico esempio. I cittadini e le cittadine erano chiamati a scegliere su una materia assai complessa che non poteva ridursi a un semplice quesito “Leave” o “Remain”. Era difficile avere piena consapevolezza delle conseguenze politiche, economiche e sociali, del restare o dell’andarsene. Sembra che solo all’indomani del voto qualcuno si sia reso conto o abbia avuto paura delle conseguenze.
Non casualmente i nostri padri costituenti hanno previsto con molte limitazioni lo strumento del referendum, escludendo le leggi tributarie di bilancio, l’amnistia e l’indulto e la ratifica dei trattati internazionali.
Ma una volta che si usa lo strumento del referendum questo va accompagnato da una comunicazione completa, esaustiva, meditata, che non si limiti a slogan e spot. Certo la democrazia è anche rischio, ma per difenderla e riaffermarla e un rischio che vale sempre la pena di correre”.