Oggi ricorre la Giornata internazionale contro l’Aids e si torna a parlare di dati, cifre e prevenzione. Oggi e solo oggi. Quella che negli anni Ottanta era considerata l’epidemia del secolo e aveva unito governi, associazioni, medici, ricercatori e case farmaceutiche in una battaglia comune, ora è quasi dimenticata. Pochi i fiocchetti rossi, quasi nessuna campagna, con l’illusione che ci si ammali solo nei Paesi poveri. Se è vero che adesso si può convivere con l’Aids, è altrettanto vero che non bisogna abbassare la guardia. Globalmente i nuovi casi sono diminuiti del 35% dal 2000, ma continuano ad aumentare in Europa orientale, Medio Oriente, Africa del Nord e Asia centrale. L’Aids è, fra gli adolescenti, la prima causa di morte in Africa e la seconda a livello globale. Particolarmente preoccupante è la situazione per le donne e le ragazze in Africa dove più sale la percentuale di ragazze a scuola, più si abbassa la percentuale delle adolescenti infette.
Le cose non vanno bene nemmeno in Europa: i nuovi contagi da Hiv nel 2014 sono stati oltre 142mila, soprattutto in Romania, Polonia e Slovacchia…..
In Italia lo scorso anno si sono infettate 3.700 persone circa, l’80% uomini tra i 25 e i 29 anni. E il dato è stabile da almeno tre anni. Ma ciò che preoccupa maggiormente è il numero di persone sieropositive inconsapevoli della propria condizione, che scoprono di avere l’Aids quando ormai è a uno stadio conclamato.
Di Aids si muore di meno, ma si muore ancora e il fatto di poter tenere sotto controllo la malattia non deve essere un alibi per fare meno prevenzione. Sempre e non solo oggi.