Onorevoli Colleghi! Com’è noto, la sentenza della Corte costituzionale n. 181 del 10 giugno 2011 ha dichiarato costituzionalmente illegittimi i commi 2 e 3 dell’articolo 40 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, di seguito «testo unico», abolendo così il criterio del valore agricolo medio (VAM) ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione provvisoria di aree non edificabili. Il valore da attribuire va quindi oggi determinato «(…) in base al criterio del valore agricolo, tenendo conto delle colture effettivamente praticate sul fondo (…)», come previsto dall’articolo 40, comma 1, e quindi sostanzialmente in base al valore di mercato attribuibile.
La sentenza della Corte ha, però, determinato in via indiretta la possibilità di riconoscere indennità ulteriori in caso di cessione volontaria di aree non edificabili, posto che l’entità delle stesse era quantificata proprio mediante un rinvio agli articoli dichiarati incostituzionali.
Nel dettaglio, il comma 2 dell’articolo 45 del testo unico prevedeva testualmente (e prevede tuttora – non essendo stato oggetto di censura da parte della Suprema corte) che il corrispettivo dell’atto di cessione volontaria:
a) se riguarda un’area edificabile, è calcolato con i criteri stabiliti per l’indennità ai sensi dell’articolo 37, con l’aumento del dieci per cento di cui al comma 2 del medesimo articolo;
b) se riguarda una costruzione legittimamente edificata, è calcolato nella misura venale del bene ai sensi dell’articolo 38;
c) se riguarda un’area non edificabile, è calcolato aumentando del 50 per cento l’importo del valore agricolo medio, dovuto ai sensi dell’articolo 40, comma 3;
d) se riguarda un’area non edificabile, coltivata direttamente dal proprietario, è calcolato moltiplicando per tre l’importo del valore agricolo medio dovuto ai sensi dell’articolo 40, comma 3, senza l’indennità aggiuntiva di cui al comma 4 del medesimo articolo.
L’originaria ratio della normativa è di riconoscere, in caso di cessione volontaria, il 50 per cento in più del valore dei terreni stimato sulla base dei VAM a qualsiasi proprietario e addirittura il 100 per cento ai proprietari coltivatori diretti è, dunque, frustrata dal mancato coordinamento delle norme a seguito dell’intervento della Corte costituzionale.
A tutt’oggi, quindi, manca una base normativa per gli incentivi alla cessione bonaria di terreni assoggettati a procedimento espropriativo, finendo per determinarsi una situazione contraria allo stesso spirito della sentenza, decisamente improntata a un più favorevole trattamento del soggetto espropriato.
D’altro lato, il vuoto normativo così creatosi è stato colmato da interpretazioni arbitrarie della normativa, con tutto ciò che ne consegue in termini di tutela dei cittadini espropriati.
La presente proposta di legge ha, dunque, l’obiettivo di prevenire le distorsioni derivanti da un’applicazione meccanica della normativa sugli espropri così come rimodellata dall’intervento della Corte costituzionale. Per esempio: non essendo puramente remota l’eventualità che un esproprio possa riguardare terreni il cui valore di mercato risulti inferiore al VAM, la pedissequa applicazione della normativa vigente imporrebbe di offrire al proprietario un prezzo inferiore a quello da corrispondere al conduttore. Tale eventualità, peraltro, è la regola nei comuni agricoli afferenti a una regione agraria nella quale sia presente un capoluogo o un grosso centro, in quanto il prezzo dei terreni periurbani non classificati finisce fatalmente per innalzare considerevolmente il valore medio di tutta la regione agraria, comuni marginali inclusi.
L’assenza di incentivi alla cessione volontaria dei terreni rischia, poi, di essere foriera di un indiscriminato ricorso alla procedura arbitrale di cui all’articolo 21 del testo unico per la determinazione dell’indennità definitiva di espropriazione, con tutto ciò che ne consegue in termini di maggiore farragginosità del procedimento espropriativo.
Alla luce di quanto esposto si prospetta, dunque, la necessità del presente intervento di «cosmesi normativa», il quale ristabilirebbe, a un tempo, legalità e certezza dell’agire pubblico e costituirebbe un notevole incentivo a una partecipazione collaborativa dei cittadini alle procedure espropriative che possano riguardarli.
Si precisa, infine, che il presente provvedimento non comporta oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato, né per quello degli enti locali.
PROPOSTA DI LEGGE
a) se riguarda un’area edificabile, è calcolato ai sensi dell’articolo 37, con l’aumento del dieci per cento di cui al comma 2 del medesimo articolo;
b) se riguarda una costruzione legittimamente edificata, è calcolato nella misura venale del bene ai sensi dell’articolo 38;
c) se riguarda un’area non edificabile, è calcolato aumentando del cinquanta per cento l’importo determinato in base al criterio del valore agricolo medio di cui all’articolo 41, comma 4, corrispondente al tipo di coltura in atto nell’area da espropriare;
d) se riguarda un’area non edificabile, coltivata direttamente dal proprietario, è calcolato moltiplicando per tre l’importo determinato in base al criterio del valore agricolo medio di cui all’articolo 41, comma 4, corrispondente al tipo di coltura in atto nell’area da espropriare».