PROPOSTA DI LEGGE
d’iniziativa dei deputati
DI LELLO, DI GIOIA, LOCATELLI, PASTORELLI
Modifiche all’articolo 191 del codice civile e all’articolo 3 della legge 1 dicembre 1970, n. 898, in materia di scioglimento del matrimonio e della comunione tra i coniugi
Presentata il 9 gennaio 2014
Onorevoli Colleghi! La legge italiana sul divorzio, approvata nel 1970 e poi sottoposta a referendum abrogativo nel 1974, prevede due fasi prima di arrivare all’annullamento legale del matrimonio.
La prima, la separazione, per la quale è prevista una durata non inferiore a tre anni dalla comparsa dei coniugi davanti al presidente del tribunale, dopo la quale inizia la seconda fase con l’avvio dell’iter per il divorzio.
Questa complessa procedura comporta due sentenze, due giudizi, due difensori da pagare e, per i casi in cui la separazione sia consensuale, una media di almeno cinque anni di attesa. Considerato che in genere difficilmente si registra il consenso da parte di ambedue gli ex coniugi, per la sentenza occorrono almeno dieci o dodici anni.
Obiettivamente la legge in vigore si rivela non più adeguata per una società come quella italiana, pur con le sue contraddizioni, moderna e in continua evoluzione che chiede l’adozione di norme che favoriscano, da parte del magistrato, decisioni rapide e incisive che vanno a incidere profondamente nella vita delle persone.
Gli ultimi dati dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) relativi al 2011 confermano, al contrario, una tendenza di segno opposto, tanto che a fronte di 88.191 separazioni i divorzi assommano a 54.160. Numeri in costante crescita che contribuiscono ad appesantire i tempi della giustizia proprio in ragione di iter procedurali troppo lunghi. Da molti anni, siamo alla terza legislatura, la legge sulla riduzione dei tempi per il divorzio vaga senza esito in Parlamento.
Nel nostro Paese la disciplina del divorzio appare disconnessa e lontana dalle esigenze delle coppie che decidono di non voler più continuare un percorso di vita insieme e vogliono garantirsi la possibilità, ove lo decidano, di ricostruire nuovi percorsi affettivi. È compito del Parlamento prenderne atto e trovare nuove soluzioni sul piano legislativo.
Oggi in Italia occorre troppo tempo dall’inizio della separazione per lo scioglimento del matrimonio; un termine lunghissimo che il legislatore decenni fa aveva posto proprio come deterrente allo scioglimento del vincolo, ma che ormai risulta di ostacolo anche alla formalizzazione delle scelte di vita che nel frattempo sono maturate.
Appare del tutto evidente che la situazione reale non corrisponda, quindi, alla situazione legale e tale discrasia comporta l’insorgenza di complessi problemi che hanno interessato e interessano il dibattito dottrinario e giurisprudenziale.
In Paesi europei il problema è stato affrontato con l’obiettivo di facilitare le procedure burocratiche, incentivare le separazioni consensuali e ridurre i litigi in tribunale garantendo anche, in tal modo, il benessere dei figli. In Finlandia, Svezia e Austria, la separazione non esiste. In altri, come la Spagna, la Germania e la Francia, è prevista solo la «separazione di fatto» per un certo periodo di tempo prima dell’avvio della procedura per il divorzio vero e proprio senza che ciò comporti la celebrazione di due giudizi distinti.
Non meno importante è il tema dei tempi e di costi che in Italia sono assai più gravosi di quelli sostenuti in quasi tutti i Paesi europei, tanto che da qualche anno si è andato affermando il «turismo da divorzio». Alle coppie che oltrepassano il confine per «sfilarsi la fede dal dito» basta affittare un appartamento per avere una residenza temporanea, ad esempio in Olanda, Belgio, Stati Uniti d’America, Gran Bretagna e Germania e ottenere così il divorzio in pochi mesi o come in Romania, Spagna, Bulgaria ove sono sufficienti circa 48 ore, e allo Stato italiano non resta che firmare.
La fine del matrimonio così ottenuta sarà legale anche in Italia, grazie al regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, che rende valide le sentenze emesse negli altri Paesi europei. Il tutto a un costo medio di 3.000 euro. Sta accadendo quello che avviene con la legge 40 del 2004 sulla fecondazione assistita: si sta creando una nuova forma di turismo per aggirare la legge italiana anche con il divorzio.
Non vi è dubbio che la riduzione dei tempi per ottenere il divorzio legale potrebbe apparire una rivoluzione per un Paese come il nostro, dove per un divorzio consensuale necessitano, in media, cinque anni.
Per questo, pur mantenendo di fatto un arco di tempo tra la separazione e lo scioglimento e il tentativo di conciliazione affidato al giudice, come accade in Spagna, appare opportuno ridurre a un anno la durata della separazione ai fini dello scioglimento del matrimonio o a sei mesi per le coppie senza prole.
La modifica all’articolo 191 del codice civile, contenuta nell’articolo 1, comma 2, della presente proposta di legge, intende sanare il fatto che attualmente la comunione tra i coniugi si scioglie nel momento in cui passa in giudicato la sentenza di separazione che comporta l’anomala conseguenza che tutti i beni acquisiti dai coniugi continuano a ricadere in comunione, pur essendo venuta meno la loro convivenza ed essendosi quindi distinte le posizioni personali anche in ordine alla gestione della propria esistenza.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
«Nel caso di separazione personale, la comunione dei coniugi si scioglie nel momento in cui, in sede di udienza presidenziale, il presidente autorizza i coniugi a vivere separati».
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno
approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga
la seguente legge:
Art. 1
dell’articolo 3 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e successive
modificazioni, le parole: « tre anni a far tempo dalla avvenuta
comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella
procedura di separazione personale anche quando il giudizio
contenzioso si sia trasformato in consensuale» sono sostituite dalle
seguenti: «dodici mesi dall’avvenuta comparizione dei coniugi innanzi
al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale
e da sei mesi nel caso di separazione consensuale, anche quando il
giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale».
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e’ stato redatto
dall’amministrazione competente per materia, ai sensi
dell’art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull’emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo
fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge
modificate o alle quali e’ operato il rinvio. Restano
invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi
qui trascritti.
Note all’art. 1:
Si riporta il testo dell’art. 3 della legge 1° dicembre
1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del
matrimonio), come modificato dalla presente legge:
«Art. 3 . 1. Lo scioglimento o la cessazione degli
effetti civili del matrimonio puo’ essere domandato da uno
dei coniugi:
1) quando, dopo la celebrazione del matrimonio, l’altro
coniuge e’ stato condannato, con sentenza passata in
giudicato, anche per fatti commessi in precedenza:
quindici, anche con piu’ sentenze, per uno o piu’ delitti
non colposi, esclusi i reati politici e quelli commessi per
motivi di particolare valore morale e sociale;
all’art. 564 del codice penale e per uno dei delitti di cui
agli articoli 519, 521, 523 e 524 del codice penale, ovvero
per induzione, costrizione, sfruttamento o favoreggiamento
della prostituzione;
figlio ovvero per tentato omicidio a danno del coniuge o di
un figlio;
condanne, per i delitti di cui all’art. 582, quando ricorra
la circostanza aggravante di cui al secondo comma dell’art.
583, e agli articoli 570, 572 e 643 del codice penale, in
danno del coniuge o di un figlio.
Nelle ipotesi previste alla lettera d) il giudice
competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione
degli effetti civili del matrimonio accerta, anche in
considerazione del comportamento successivo del convenuto,
la di lui inidoneita’ a mantenere o ricostituire la
convivenza familiare.
Per tutte le ipotesi previste nel n. 1) del presente
articolo la domanda non e’ proponibile dal coniuge che sia
stato condannato per concorso nel reato ovvero quando la
convivenza coniugale e’ ripresa;
2) nei casi in cui:
totale di mente da uno dei delitti previsti nelle lettera
giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la
cessazione degli effetti civili del matrimonio accerta
l’inidoneita’ del convenuto a mantenere o ricostituire la
convivenza familiare;
giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero
e’ stata omologata la separazione consensuale ovvero e’
intervenuta separazione di fatto quando la separazione di
fatto stessa e’ iniziata almeno due anni prima del 18
dicembre 1970.
In tutti i predetti casi, per la proposizione della
domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti
civili del matrimonio, le separazioni devono essersi
protratte ininterrottamente da almeno dodici mesi
dall’avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al
presidente del tribunale nella procedura di separazione
personale e da sei mesi nel caso di separazione
consensuale, anche quando il giudizio contenzioso si sia
trasformato in consensuale, ovvero dalla data certificata
nell’accordo di separazione raggiunto a seguito di
convenzione di negoziazione assistita da un avvocato ovvero
dalla data dell’atto contenente l’accordo di separazione
concluso innanzi all’ufficiale dello stato civile.
L’eventuale interruzione della separazione deve essere
eccepita dalla parte convenuta.
previsti dalle lettere b) e c) del n. 1) del presente
articolo si e’ concluso con sentenza di non doversi
procedere per estinzione del reato, quando il giudice
competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione
degli effetti civili del matrimonio ritiene che nei fatti
commessi sussistano gli elementi costitutivi e le
condizioni di punibilita’ dei delitti stessi;
concluso con sentenza di proscioglimento o di assoluzione
che dichiari non punibile il fatto per mancanze di pubblico
scandalo;
ottenuto all’estero l’annullamento o lo scioglimento del
matrimonio o ha contratto all’estero nuovo matrimonio;
rettificazione di attribuzione di sesso a norma della legge
14 aprile 1982, n. 164.».