Ordine del Giorno 9/00831-A/003
presentato da
LOCATELLI Pia Elda
testo di
Giovedì 29 maggio 2014, seduta n. 236
La Camera,
premesso che:
la legge di 40 anni fa, quasi identica a quella di oggi se non per la riduzione dei tempi per il divorzio da cinque a tre anni, prevede due fasi prima di arrivare allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio;
nella prima fase, quella della separazione, la coppia deve rivolgersi al tribunale; una volta pronunciata la sentenza di separazione e trascorsi tre anni dalla stessa, deve essere promosso un secondo giudizio, quello per il divorzio. Solo quando la sentenza di divorzio è passata in giudicato – e a volte avviene dopo molti anni –, il matrimonio è sciolto;
questa complessa procedura comporta due giudizi, due sentenze, due difensori da pagare e, per i casi in cui la separazione sia consensuale, una media di almeno cinque anni di attesa. Considerato che, in genere difficilmente si registra il consenso da parte di ambedue gli ex coniugi, per la sentenza occorrono a volte anche dieci, dodici anni;
obiettivamente la legge in vigore appare «disconnessa», lontana dalle esigenze delle coppie che decidono di non continuare un percorso di vita insieme e vogliono garantirsi la possibilità di ricostruire nuovi percorsi affettivi;
quello che allora fu voluto dal legislatore, il doppio percorso e i tempi lunghi, come deterrente allo scioglimento del vincolo, oggi appare un anacronistico ostacolo anche alla formalizzazione delle scelte di vita che nel frattempo sono maturate;
l’obiettivo della nuova legge è di snellire le procedure burocratiche, incentivare le separazioni consensuali e ridurre i litigi in tribunale garantendo anche il benessere dei figli;
in Italia c’è un problema di tempi, di «ingolfamento» degli uffici giudiziari e di costi che sono assai più gravosi di quelli sostenuti in quasi tutti gli altri Paesi europei, tanto che da qualche anno si è andato affermando il «turismo da divorzio»;
occorre superare la fase della separazione, necessaria per ottenere il divorzio, che di fatto comporta due sentenze, due giudizi, due difensori da pagare e, per i casi in cui la separazione sia consensuale, una media di almeno cinque anni di attesa. Una procedura, voluta dall’allora legislatore come deterrente allo scioglimento del vincolo, ma che ormai risulta di ostacolo anche alla formalizzazione delle scelte di vita che nel frattempo sono maturate;
in Finlandia, Svezia e Austria, la separazione non esiste. In altri, come la Spagna, la Germania e la Francia, è prevista solo la «separazione di fatto» per un certo periodo prima dell’avvio della procedura per il divorzio vero e proprio senza che ciò comporti la celebrazione di due giudizi distinti;
è necessario adeguarsi a quanto avviene nel resto d’Europa, consentire un risparmio per le coppie che hanno deciso di sciogliere il vincolo matrimoniale, e contribuire ad alleggerire i nostri tribunali civili troppo spesso intasati da procedimenti inutili e onerosi,
impegna il Governo
ad adottare ulteriori iniziative legislative volte a prevedere che nel caso non vi siano figli minori, i coniugi possono domandare congiuntamente, anche se non sia stata proposta domanda di separazione, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
9/831-A/3. Locatelli, Schirò, Di Lello, Di Gioia, Pastorelli, Verini, Morani, Marzano, Amoddio, Ermini, Giuliani, Rostan, Tartaglione, Mattiello, Campana, Marroni, Giuditta Pini, Rossomando, Vazio, Leva, Greco, D’Alessandro, Moretti, Tinagli.