PROPOSTA DI LEGGE
d’iniziativa dei deputati
LOCATELLI, DI LELLO, DI GIOIA, PASTORELLI, MARZANO, BRANDOLIN
Disciplina delle unioni civili
Presentata il 30 aprile 2014
Onorevoli Colleghi! Il rapporto dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) sul matrimonio in Italia riferisce che nel 2012 sono stati celebrati 207.138 matrimoni, 2.308 in più rispetto al 2011. Questo lieve aumento, dovuto soprattutto a matrimoni in cui uno o entrambi i coniugi hanno cittadinanza straniera, si inserisce in una tendenza alla diminuzione dei matrimoni in atto dal 1972. Diminuiscono le prime nozze tra sposi entrambi di cittadinanza italiana e si alza progressivamente l’età del primo matrimonio. L’ISTAT mette in relazione il trend di riduzione dei primi matrimoni, in atto da decenni, con la diffusione delle unioni di fatto, che sono raddoppiate negli ultimi cinque anni superando il milione nel 2012.
Lo stesso rapporto evidenzia che, a causa dell’aumento delle coppie di fatto, l’incidenza di bambini nati al di fuori del matrimonio è in continuo aumento e che nel 2011 più di un nato su quattro non aveva genitori sposati, con un aumento considerevole dal 20 per cento del 2008 al 25 per cento.
La portata di questi mutamenti sociali, che riguardano adulti e minori, richiede al Parlamento di assumere finalmente un’iniziativa legislativa: non si può più ignorare un fenomeno che ha ormai acquistato dimensioni socialmente consistenti, lo impongono i numeri forniti dalle statistiche ufficiali che è probabile, tra l’altro, siano sottostimati, poiché detti fenomeni tendono a sottrarsi ad ogni rilevazione, data l’assenza di qualunque vantaggio al loro manifestarsi.
La presente proposta di legge, che riprende in parte quelle presentate nella XV legislatura dall’onorevole Franco Grillini e nella XVI legislatura dall’onorevole Paola Concia, intende fornire alle coppie che non intendono o non possono, come nel caso di quelle omosessuali, impostare la propria vita sulla base della regolamentazione civilistica tipizzata dalle norme sul matrimonio, la possibilità di optare per uno strumento regolativo pattizio più snello e leggero. Si tratta di uno strumento per le attuali famiglie che definiamo «non tradizionali», ma che secondo noi famiglie sono, proprio perché «di fatto».
La presente proposta di legge non intende imporre d’autorità il nuovo istituto alle coppie di fatto che vogliano rifuggire da ogni vincolo giuridico, bensì offrire una possibilità di scelta in più a chi desidererà usufruirne, prendendo atto che il pluralismo della nostra società non consente più, se non a prezzo di gravi e inutili costi sociali, di imporre alle famiglie non tradizionali una drastica scelta tra due sole opzioni: il matrimonio tradizionale da una parte e l’assenza assoluta di qualsiasi riconoscimento giuridico e di strumenti di tutela dall’altra.
La presente proposta di legge non è uno strumento atto a perseguire o a realizzare la parità di diritti per cittadini omosessuali, parità peraltro prescritta e imposta da princìpi costituzionali fondamentali, come quelli che regolano l’uguaglianza formale dei cittadini senza distinzioni, tra l’altro, di condizioni personali, secondo quanto disposto dal primo comma dell’articolo 3 della Costituzione.
Alla realizzazione della parità formale ed effettiva dei diritti dei cittadini omosessuali dovranno provvedere altri appositi provvedimenti legislativi, analoghi a quelli già oggi vigenti in gran parte dei Paesi dell’Europa occidentale. Come richiesto da princìpi sempre più acquisiti dalla coscienza civile e giuridica europea, la parità di diritti per i cittadini omosessuali potrà infatti dirsi realizzata solo quando sarà loro consentito di scegliere di regolare la propria vita e i propri rapporti giuridici e patrimoniali optando tra le stesse alternative che sono a disposizione dei cittadini eterosessuali.
La regolamentazione dettata per le unioni civili non si applica alle famiglie di fatto che non solo intendono non applicare alla propria vita lo strumento della vigente legislazione matrimoniale, ma anche non attribuire alla propria unione alcun carattere giuridicamente vincolante.
La presente proposta di legge non intende modificare in alcun modo lo status giuridico dei figli delle parti del patto civile di solidarietà nati da precedenti vincoli matrimoniali o da unioni civili.
Assicurare alle famiglie «non tradizionali» un nuovo strumento regolativo pattizio significa anche garantire loro prospettive di maggiore stabilità e consistenza anche formali, a tutto vantaggio della condizione giuridica ed esistenziale dei membri di tali famiglie, inclusi gli eventuali figli delle parti.
Va precisato, in risposta alla polemica, a nostro parere strumentale, propagata dagli avversari di qualunque forma di riconoscimento giuridico delle unioni familiari di fatto, che il primo comma dell’articolo 29 della Costituzione non pone alcun ostacolo a tale riconoscimento. La disposizione che dichiara che «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio» nulla afferma e nulla vieta circa il riconoscimento di altre forme di convivenza familiare per il semplice fatto che un tale riconoscimento non modifica, limita, compromette o intacca in alcun modo i diritti o la sfera di autonomia delle famiglie «tradizionali».
Anche in linea più generale, d’altra parte, è del tutto illogico pretendere che la particolare o rinforzata tutela esplicitamente garantita dalla Costituzione a una specifica situazione obblighi anche a denegare lo stesso trattamento ad altre situazioni socialmente analoghe: la garanzia costituzionale rinforzata di un diritto non implica di per sé anche l’obbligo costituzionale di negare la parità di trattamento ai casi in cui essa non sia costituzionalmente dovuta.
Una norma cardine dell’intero ordinamento costituzionale come l’articolo 3, primo comma, che sancisce l’uguaglianza formale tra i cittadini come parametro fondamentale di legittimità della legge ordinaria, comporta che situazioni giuridiche eguali siano trattate in modo eguale. Nella misura in cui situazioni giuridiche attinenti alle famiglie «tradizionali» siano identiche a quelle attinenti a famiglie «non tradizionali», queste ultime devono essere trattate in modo identico. Non solo, quindi, l’articolo 29, primo comma, non impone un trattamento differenziato, ma la Costituzione vigente nel suo complesso e in alcuni casi gli impegni internazionali dell’Italia impongono, al contrario, parità di trattamento e parità di diritti.
Di seguito si riporta una descrizione sintetica delle disposizioni della proposta di legge.
Articolo 1. – (definizione): reca la definizione di unione civile, uno strumento per regolare i rapporti tra persone che convivono, indipendentemente dal loro sesso. Si tratta di un contratto che disciplina il rapporto sulle questioni patrimoniali o no della convivenza.
Articolo 2. – (cause ostative all’unione civile): elenca i casi in cui l’unione civile non può essere sottoscritta e prevede il divieto per alcune persone di contrarre l’unione civile stessa.
Articolo 3. – (costituzione dell’unione civile): prevede un obbligo di forma per la validità della sottoscrizione dell’unione civile. Il contratto deve essere sottoscritto alla presenza di un ufficiale dello stato civile, pena la nullità dello stesso. Le procedure per la sottoscrizione e per la registrazione prevedono la richiesta in carta semplice presso il comune di residenza di almeno una delle parti. L’articolo elenca, inoltre, le informazioni che devono essere contenute nella richiesta e stabilisce il ruolo dell’ufficiale dello stato civile nella sottoscrizione dell’unione civile.
Articolo 4. – (cessazione dell’unione civile per volontà consensuale o unilaterale): disciplina le modalità di cessazione dell’unione civile, che deve avvenire sempre a mezzo di atto scritto notificato dall’ufficiale giudiziario, a esclusione naturalmente del caso di morte di una delle parti.
Articolo 5. – (certificazione della cessata unione civile): prevede che la cessazione dell’unione civile è efficace a decorrere dall’atto dell’ufficiale dello stato civile che riporta anche le informazioni in merito all’unione civile stessa.
Articolo 6. – (norme applicabili alle unioni civili): prevede che l’intera materia dell’unione civile è disciplinata dalla parte del codice civile che si occupa di contratti.
Articolo 7. – (diritti dei figli e concorso all’adozione o all’affidamento): disciplina la possibilità per le parti dell’unione civile di adottare o di chiedere l’affidamento di minori al pari delle coppie sposate. In caso di cessazione dell’unione civile si applicano gli articoli 155 e seguenti del codice civile in materia di mantenimento delle relazioni parentali del minore e di provvedimenti riguardo ai figli.
Articolo 8. – (assistenza sanitaria e penitenziaria): prevede che in caso di malattia o di detenzione in carcere l’altra parte dell’unione civile ha il diritto di assistere il proprio compagno esattamente al pari di un coniuge.
Articolo 9. – (incapacità o decesso di una parte di un’unione civile): essendo l’unione civile un contratto tra due parti valido anche di fronte a terzi e allo Stato, l’articolo prevede che, in caso di incapacità, malattia o morte di una delle parti, l’altra parte ha il diritto di prendere decisioni in merito, solo se l’unione civile stessa ha una durata di almeno due anni e sono stati sentiti i parenti di primo grado della parte in difficoltà o deceduta.
Articolo 10. – (regime patrimoniale dell’unione civile): è volto a disciplinare il regime patrimoniale che s’instaura tra le parti di unione civile a mezzo di un atto pubblico al momento della registrazione dell’unione civile. Sottolinea che, in caso di mancata dichiarazione, il regime che si applica è quello della separazione dei beni. In questo caso la differenza tra unione civile e matrimonio è particolarmente netta proprio in virtù del fatto che il regime patrimoniale prevalente è quello della separazione.
Articolo 11. – (conseguenze fiscali dell’unione civile): al fine di tutelare le parti dell’unione civile e di porre un netto distinguo rispetto alla disciplina del matrimonio, prevede che qualunque conseguenza fiscale dell’unione civile stessa sia da considerare efficace solo al termine del secondo anno dalla sua costituzione, quale garanzia di stabilità del rapporto tra le parti.
Articolo 12. – (diritti successori): l’articolo, come tutti quelli che fanno riferimento a diritti che possono essere vantati dal punto di vista economico da una delle parti, prevede che anche nel caso dei diritti successori (quindi eredità e affini) sia valida solo l’unione civile che è stata costituita da almeno due anni. Qualora il defunto abbia fatto testamento, fa fede quest’ultimo.
Articolo 13. – (diritti derivanti dal rapporto di lavoro): anche in questo caso i diritti elencati sono efficaci dal secondo anno dalla costituzione dell’unione civile. I diritti a cui si fa riferimento sono: i benefìci previdenziali e assistenziali o comunque connessi al lavoro esercitato dall’altra parte dell’unione civile, oltre che i diritti di eventuale prelazione nell’inserimento in graduatorie occupazionali.
Articolo 14. – (modifica all’articolo 6 della legge 27 luglio 1978, n. 392, in materia di successione nel contratto di locazione): disciplina il contratto di locazione in caso di morte del conduttore. Va tenuto presente che la sentenza n. 404 del 7 aprile 1988 ha dichiarato illegittimo il comma 1 dell’articolo 6 in esame nella parte in cui non prevede tra i successibili nella titolarità del contratto di locazione, in caso di morte del conduttore, il convivente more uxorio.
Articolo 15. – (militari e Forze dell’ordine): prevede che la sottoscrizione di un’unione civile comporta tutti i benefìci facenti riferimento al nucleo familiare del militare dall’appartenente alle Forze dell’ordine. Anche in questo caso l’efficacia delle disposizioni si realizza solo dopo due anni dalla costituzione dell’unione civile.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Definizione).
Art. 2.
(Cause ostative all’unione civile).
Art. 3.
(Costituzione dell’unione civile).
Art. 4.
(Cessazione dell’unione civile per volontà consensuale o unilaterale).
Art. 5.
(Certificazione della cessata unione civile).
unione, nonché con apposita annotazione nel registro dello stato civile di cui all’articolo 3, comma 7.
Art. 6.
(Norme applicabili alle unioni civili).
Art. 7.
(Diritti dei figli e concorso all’adozione o all’affidamento).
Art. 8.
(Assistenza sanitaria e penitenziaria).
Art. 9.
(Incapacità o decesso di una parte di un’unione civile).
di intendere e di volere, anche temporanea, o di decesso, fatte salve le disposizioni in materia di interdizione o di inabilitazione, tutte le decisioni relative allo stato di salute, o riguardanti l’eventuale donazione di organi, le scelte di natura religiosa, culturale, morale e circa le celebrazioni funerarie sono prese dall’altra parte dell’unione civile, costituita da almeno due anni, sentiti gli ascendenti e i discendenti della parte interessata.
Art. 10.
(Regime patrimoniale dell’unione civile).
Art. 11.
(Conseguenze fiscali dell’unione civile).
Art. 12.
(Diritti successori).
del codice civile, i diritti spettanti al coniuge sono estesi alla persona legata al defunto da un’unione civile costituita da almeno due anni.
Art. 13.
(Diritti derivanti dal rapporto di lavoro).
Art. 14.
(Modifica all’articolo 6 della legge 27 luglio 1978, n. 392, in materia di successione nel contratto di locazione).
«In caso di morte del conduttore, gli succede nel contratto la parte superstite e convivente al momento del decesso».
Art. 15.
(Militari e Forze dell’ordine).