Onorevoli Colleghi! — Lontana dall’essere «il continente dimenticato» e pur con il suo mosaico di contraddizioni, l’Africa ha assunto nuovamente una rilevanza politica, economica e di sicurezza per l’Europa di oggi.
Lo sviluppo del continente africano è nell’interesse di tutto il pianeta, primariamente dell’Europa e in particolare dell’Italia che, in quanto ponte geografico tra i due continenti, può sfruttare virtuosamente i buoni rapporti esistenti con numerosi partner africani. Anche in questo senso va letto il rilancio di una presenza politica costante e di alto livello dell’Italia in Africa. Di qui la necessità dell’Europa e dell’Italia di affrontare con coraggio il nuovo panorama geopolitico. La sfida è lanciare una «nuova via con l’Africa», per assicurare che questa parte del pianeta non sia più territorio di sfruttamento, di insicurezza e di migrazioni di massa, ma un continente dove pluralismo e coesistenza delle società si possano affermare in un contesto di pace e di sicurezza, nel quale le opportunità economiche servano a chi abita il continente e funzionino come mercato fertile anche per le nostre economie.
L’Africa è un continente giovane. L’età media è al di sotto di 25 anni. Secondo l’ultimo rapporto sulla popolazione mondiale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, entro il 2050 il trend demografico dei 54 Paesi del continente raddoppierà. Nei prossimi tre decenni, gli individui sul pianeta raggiungeranno il numero di 9,7 miliardi: un quarto di questi saranno africani. L’Africa è teatro di crisi che fanno sì che le migrazioni inter-africane contino circa 19 milioni di individui, mentre ogni anno la popolazione subsahariana immigrata in Europa aumenta di circa 100.000 unità.
Il successo degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dipende quindi ancora in buona parte dall’esito e dalla qualità degli interventi per lo sviluppo in Africa. Da un lato, resta cruciale la lotta alla povertà, alle disuguaglianze, alla fame e alla malnutrizione. Dall’altro, proprio quando si fa sempre più preoccupante il fenomeno delle migrazioni irregolari e suonano sempre più forti le sirene del radicalismo etnico e religioso, l’incremento demografico non deve tradursi in un ulteriore aumento della marginalità sociale e della disoccupazione.
Nuove sfide assumono pertanto una rilevanza crescente, a partire da quella di incentivare uno sviluppo economico duraturo, inclusivo e sostenibile del continente africano, per favorire una corretta gestione dei grandi fenomeni migratori, nonché per arrestare l’insorgere di flussi d’emergenza e per contrastare il traffico di esseri umani.
L’Italia ha elaborato un contributo di policies presentato alle istituzioni europee, denominato Migration compact, che parallelamente al contrasto dei flussi irregolari di migranti e del traffico di esseri umani disegna una strategia volta a migliorare l’efficacia delle politiche migratorie esterne dell’Unione europea agganciandole a misure per aiutare lo sviluppo dei Paesi partner, in particolare dell’Africa.
La proposta italiana ha riscontrato attenzione nelle sedi europee e in particolare della Commissione europea, che ha infatti annunciato un piano per fare fronte all’emergenza originata dalle migrazioni. Salvare vite in mare, aumentare i rimpatri, consentire ai migranti e ai rifugiati di non intraprendere pericolosi esodi e sostenere lo sviluppo dei Paesi terzi per affrontare le cause profonde della migrazione irregolare: sono queste le priorità indicate nella proposta presentata da Bruxelles il 7 giugno 2016 (New migration partnership framework). Esse non appaiono, in principio, distanti da quelle lanciate dal Migration compact.
Il Governo e i parlamentari europei continuano a lavorare nelle sedi opportune per ottenere un’accelerazione delle politiche dell’Unione verso i partner africani. Nel frattempo, con la presente proposta di legge, il gruppo del Partito Democratico alla Camera dei deputati offre un contributo di idee e di politiche da realizzare al livello nazionale per rafforzare le relazioni dell’Italia con l’Africa in una logica di cosviluppo, con l’auspicio che questo possa rappresentare un modello anche per Bruxelles e per le altri capitali europee.
Con la presente proposta di legge, avvalendosi degli attuali strumenti di coordinamento già previsti dalla legge di riforma della cooperazione italiana (legge 11 agosto 2014, n. 125) e della neo-costituita Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, si intende dare corpo a un «Africa act», un pacchetto di misure specifiche per il continente africano. Si individuano quindi ambiti, strategie e aree chiave, anche nell’interesse nazionale, con il fine di perfezionare e di innovare gli strumenti di cooperazione nell’ambito culturale e scientifico, nonché in quello economico e politico.
In questo modo intendiamo altresì offrire un solido contributo politico per lanciare un piano d’azione che risponda all’impegno di incrementare le risorse destinate alla cooperazione nei prossimi anni. L’assunzione di tale impegno è stata più volte esplicitata dal Governo nel quadro di importanti appuntamenti internazionali, affermando la volontà dell’Italia di aumentare il volume delle risorse destinate all’aiuto pubblico allo sviluppo per raggiungere il benchmark dello 0,30 per cento del prodotto interno lordo entro il 2020.
Giova sottolineare, in proposito, che la quasi totalità delle iniziative individuate nella presente proposta di legge prevede attività di aiuto e di assistenza ai Paesi in via di sviluppo. A prescindere dal fatto che esse siano svolte nei Paesi stessi o siano realizzate in Italia, si tratta di attività dirette a favorire il progresso economico e sociale e, più in generale, il miglioramento delle condizioni di vita nel continente africano. Pertanto, le iniziative individuate nell’Africa act, ove realizzate, possono essere trasmesse al Comitato di aiuto allo sviluppo dell’Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica e concorrono alla valutazione comparata della performance dell’Italia come Paese donatore.
Formazione e cultura, lavoro e sviluppo, stabilità e sicurezza a vantaggio delle società africane e di quella italiana sono i tre pilastri che reggono la costruzione dell’Africa act e che ne segnano il perimetro d’azione, anche con l’obiettivo di limitare al minimo l’impatto sulla finanza pubblica. Si intende così replicare in chiave africana l’esperienza positiva della legge 21 marzo 2001, n. 84, recante «Disposizioni per la partecipazione italiana alla stabilizzazione, alla ricostruzione e allo sviluppo di Paesi dell’area balcanica». I rapporti dell’Italia con i Paesi dell’area balcanica rappresentavano, e continuano a essere, una priorità strategica nel panorama delle linee di azione della politica estera italiana, per tradizione politica, collocazione geografica e affinità culturali e necessitavano di uno strumento legislativo ad hoc che stanziasse risorse e coordinasse le azioni.
Oggi, parimenti, sfruttando la tradizionale e privilegiata proiezione italiana verso le terre dell’altra sponda del Mediterraneo, si vuole potenziare l’impegno per lo sviluppo e il rafforzamento istituzionale dei Paesi africani per il consolidamento della pace, della democrazia e della stabilità.
L’articolo 1 della presente proposta di legge conferisce una delega espressa e formale al Governo per adottare gli atti normativi necessari per interventi volti al rafforzamento della partecipazione italiana allo sviluppo e alla stabilizzazione di Paesi del continente africano.
L’articolo 2 traccia il perimetro e fissa i princìpi e criteri direttivi a cui deve conformarsi il Governo nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1 con riferimento agli ambiti di intervento: a) l’approfondimento delle relazioni politiche dell’Italia con i Paesi del continente africano e con le istituzioni dell’Unione africana; b) la cooperazione in ambito scientifico, accademico e culturale; c) la cooperazione in ambito economico; d) la cooperazione nell’ambito della sicurezza.
L’articolo 3 ha come obiettivo quello di assicurare la coerenza e il coordinamento degli interventi e delle attività della legge e individua e ne attribuisce la responsabilità al Direttore dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo.
L’articolo 4 prevede l’istituzione del Fondo per la cooperazione con l’Africa, gestito dalla Cassa depositi e prestiti Spa.
L’articolo 5, con la finalità di assicurare una costante aderenza degli interventi promossi dalla legge alle priorità della politica estera e della cooperazione allo sviluppo italiana, autorizza il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive entro venti mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui all’articolo 1.
PROPOSTA DI LEGGE
il testo per il parere definitivo delle Commissioni parlamentari, che deve essere espresso entro trenta giorni dall’assegnazione.
a) con riferimento all’approfondimento delle relazioni politiche dell’Italia con gli Stati del continente africano e con le istituzioni dell’Unione africana:
1) istituire il Giorno della cooperazione con l’Africa, con cadenza annuale, da fissare nella data del 25 maggio, per stimolare il dibattito pubblico e l’interesse degli organi di stampa e dell’opinione pubblica;
2) valorizzare le organizzazioni rappresentative delle diaspore africane in Italia e il loro contributo allo sviluppo economico dell’Italia e dei Paesi d’origine;
3) avviare una campagna di sensibilizzazione sui temi dell’accoglienza e dell’integrazione dei migranti, dei profughi e dei richiedenti asilo;
4) assicurare il regolare svolgimento, con cadenza biennale, della Conferenza ministeriale Italia-Africa;
b) con riferimento alla cooperazione negli ambiti scientifico, accademico e culturale:
1) promuovere lo sviluppo del capitale umano africano, senza distinzione di
sesso, condizione sociale e religione, agevolando la fruizione dei diritti fondamentali, anche per favorire l’assetto istituzionale democratico delle realtà politiche nelle quali i soggetti vivono e operano;
2) promuovere la conoscenza e l’interesse per la storia, la cultura e il sistema istituzionale africano, anche integrando i percorsi formativi universitari degli studenti italiani con opportunità di tirocinio negli Stati del continente africano da realizzare, mediante la stipulazione di apposite convenzioni, presso le ambasciate italiane, le unità dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, gli istituti di cultura italiani all’estero, gli uffici dell’ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, le principali istituzioni multilaterali africane e gli organismi internazionali presenti sul territorio, nonché assicurando fiscalità di vantaggio per l’attivazione di programmi di tirocinio da parte delle aziende e delle organizzazioni non governative presenti in Africa;
3) attivare programmi integrati di studio e convenzioni di partenariato specifico tra le università italiane e africane per promuovere la mobilità degli studenti italiani e africani secondo il principio di reciprocità e finanziando, a tale fine, apposite borse di studio;
4) predisporre misure e dispositivi, anche nell’ambito di accordi bilaterali, per la semplificazione delle procedure di riconoscimento dei titoli accademici e delle abilitazioni professionali ottenute negli Stati africani;
5) assicurare interventi volti al rafforzamento della rete di promozione linguistico-culturale italiana nel continente africano, in raccordo con i programmi di formazione professionale sostenuti dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo e in conformità alle politiche migratorie e di rilascio dei visti definite dal Governo italiano;
6) favorire le collaborazioni tra le università italiane, le organizzazioni non governative e, dove presenti e funzionanti,
le università locali per attivare corsi universitari in e-learning e promuovere un’istruzione di qualità anche in situazioni belliche e post-belliche;
c) con riferimento alla cooperazione nell’ambito economico:
1) sostenere l’imprenditorialità transnazionale migrante e i progetti di trasferimento di conoscenze anche allo scopo di promuovere un utilizzo produttivo delle rimesse e di rafforzare i programmi di assistenza tecnica per la gestione di sistemi di sviluppo basati sulla crescita delle piccole e medie imprese e delle cooperative agricole africane;
2) favorire la diffusione dei sistemi integrati di microcredito che prevedano la collaborazione interbancaria per agevolare gli investimenti e l’erogazione dei crediti. A tale fine, ai sensi dell’articolo 8 della legge 11 agosto 2014, n. 125, la Cassa depositi e prestiti Spa è autorizzata a concedere, anche in consorzio con enti o banche estere, a Stati, banche centrali o enti pubblici di Stati, nonché a organizzazioni finanziarie internazionali, crediti concessionali a valere sul fondo rotativo fuori bilancio costituito presso di essa ai sensi dell’articolo 26 della legge 24 maggio 1977, n. 227. Per l’erogazione di contributi è istituita un’apposita sezione nell’ambito del citato fondo rotativo;
3) rimuovere gli ostacoli di natura fiscale alla competitività degli investimenti negli Stati del continente africano mediante modifica al regime di ritenute alla fonte sui dividendi corrisposti da società finanziarie stabilite in Italia a soggetti non residenti, al regime d’imposizione applicabile ai dividendi e alle plusvalenze relativi alle partecipazioni in società non stabilite in Italia e al regime d’imposizione sugli interessi e sulle percentuali sugli utili corrisposti dalle società finanziarie stabilite in Italia a soggetti non residenti, nonché misure per favorire gli investimenti esteri nel continente africano;
4) assicurare un trattamento di non imponibilità dell’imposta sul valore aggiunto sugli acquisti da parte delle organizzazioni
non governative di cui all’articolo 26 della legge 11 agosto 2014, n. 125, destinati a essere esportati, anche equiparando tali operazioni a quelle previste dall’articolo 8-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;
5) agevolare il trasferimento di denaro e la riduzione dei costi delle rimesse dei migranti africani in Italia;
6) negoziare accordi bilaterali con gli Stati del continente africano per definire un numero di permessi di ingresso e di lavoro in Italia al quale corrispondono un uguale numero di riammissioni nei Paesi di provenienza dei migranti irregolari presenti sul territorio italiano;
d) con riferimento alla cooperazione nell’ambito della sicurezza:
1) nel rispetto della ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri, imporre la tracciabilità obbligatoria dei minerali che provengono da zone di conflitto, anche lavorati e come parti di prodotti industriali, assicurando che tutte le aziende della catena di produzione seguano pratiche di approvvigionamento responsabile;
2) rafforzare, sul territorio nazionale e all’estero, la lotta all’emarginazione, all’intolleranza, al razzismo, alla radicalizzazione religiosa e all’estremismo violento;
3) finanziare programmi educativi, d’integrazione e di cittadinanza attiva in favore delle comunità di migranti e religiose in Italia;
4) promuovere un sistema di sviluppo locale integrato negli Stati del continente africano e sostenere la presenza degli enti pubblici locali e la fornitura di servizi basilari alle comunità che vivono in aree geografiche di alta instabilità, anche attraverso la stipulazione di un accordo quadro con l’Associazione nazionale dei comuni italiani;
5) promuovere la mobilità e l’accesso universale all’energia sostenibile nel continente africano nel rispetto dei criteri più avanzati sull’impatto ambientale e antropologico
e assicurare l’adeguamento dei grandi progetti infrastrutturali che coinvolgono le imprese italiane al principio del consenso libero, prioritario e informato dei popoli;
6) sostenere e rafforzare le iniziative di controllo e di gestione delle frontiere nel continente africano nel rispetto dei diritti fondamentali.
dal medesimo articolo e nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui all’articolo 2.
2. Le amministrazioni competenti provvedono agli adempimenti previsti dalla presente legge e dai decreti legislativi adottati in attuazione della medesima avvalendosi delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.