Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge è volta a conformare l’ordinamento affinché esso preveda in maniera inequivoca la decadenza dall’assegnazione dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica per chi risulti condannato, anche in via non definitiva, per taluni delitti commessi all’interno della famiglia o del nucleo familiare ovvero tra attuali o precedenti coniugi o partner. A tale fine si modifica il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, e, segnatamente, il capo I (prevenzione e contrasto della violenza di genere), all’interno del quale sono contenute le disposizioni volte ad attuare la Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul dai membri del Consiglio d’Europa l’11 maggio 2011 (cosiddetta Convenzione di Istanbul), ratificata dall’Italia ai sensi della legge 27 giugno 2013, n. 77.
Evidenti sono le ragioni che giustificano l’intervento normativo. Esse risiedono, come le cronache testimoniano e le vicende giudiziarie comprovano, nell’esigenza di rafforzare quel nucleo primigenio di misure urgenti adottate con il citato decreto-legge, che era volto a inasprire, per finalità dissuasive, il trattamento punitivo degli autori di atti di violenza contro le donne e ogni altra vittima di violenza domestica, nonché a introdurre misure di prevenzione finalizzate alla tutela anticipata delle vittime potenziali di tali condotte.
In tale quadro la presente proposta di legge è volta a evitare che di un alloggio di proprietà pubblica – acquistato o costruito con denaro pubblico e destinato a fini di pubblico interesse (edilizia agevolata per tutelare persone fisicamente o economicamente svantaggiate) – possa farsi un uso contrario alla legge destinando l’immobile a scopi illeciti, consistenti nel compimento di condotte reiterate, abituali, ai danni di persone e connotate da violenza, umiliazione, minaccia e sopraffazione fisica e morale, sovvertendone in tal modo la natura, tramutandolo sostanzialmente in un luogo di reclusione ove infierire a danno dei conviventi. In tale senso non può accettarsi che chi è vittima di un reato di violenza domestica – ad esempio, la moglie o i figli minori – debba spesso essere allontanato per venire protetto in un’apposita struttura assistenziale, mentre l’autore – già condannato – del reato possa continuare a usufruire dell’alloggio pubblico. Nella direzione proposta va inoltre la decisione assunta dal tribunale di Bologna – sezione distaccata di Porretta Terme – che, confermando la legittimità di un provvedimento di decadenza dall’assegnazione di un alloggio situato nel comune di Sasso Marconi per essere stato l’assegnatario dello stesso condannato per il reato di maltrattamenti in famiglia, ha ordinato all’autore del reato la restituzione dell’immobile assegnatogli.
Una ricognizione della legislazione regionale in materia di edilizia residenziale pubblica consente di evincere che la normativa delle regioni generalmente già contempla, per quanto concerne la decadenza dall’assegnazione dell’alloggio, la fattispecie dell’adibizione dell’immobile ad attività o a scopi illeciti e immorali (si vedano, ad esempio, le leggi regionali dell’Emilia-Romagna n. 24 del 2001, dell’Abruzzo n. 96 del 1996, della Basilicata n. 24 del 2007, del Lazio n. 12 del 1999 e della Puglia n. 10 del 2014). La normativa regionale fa tuttavia riferimento a un concetto che, per quanto giusto, appare generico e non adeguatamente tipizzato: in definitiva esso, oltre a essere assoggettato alle scelte, potenzialmente non uniformi, del legislatore regionale, finisce con l’essere rimesso per l’applicazione alla mera interpretazione di chi è chiamato a darvi esecuzione sul piano amministrativo nonché all’alea delle vicende giurisdizionali che possono scaturire da un’applicazione amministrativa fondata su incerti presupposti.
Le politiche contro la violenza domestica richiedono invece unitarietà di azione e uniformità di applicazione. A tale fine, una possibile linea di intervento si rende possibile muovendo dalla considerazione che la materia dell’edilizia residenziale pubblica, pur rientrando prevalentemente nella competenza legislativa delle regioni, non costituisce una competenza esclusiva delle medesime, residuando in tale campo una fondamentale competenza statale. Va così ricordato che, in materia di edilizia residenziale pubblica, l’articolo 59 del decreto legislativo n. 112 del 1998 riserva allo Stato, fra l’altro, «le funzioni e i compiti relativi (…) alla determinazione dei princìpi e delle finalità di carattere generale e unitario in materia di edilizia residenziale pubblica, anche nel quadro degli obiettivi generali delle politiche sociali». Tali competenze non risultano intaccate dalla riforma costituzionale del 2001. Infatti, in base all’attuale riparto delle competenze legislative tra Stato e regioni, la materia dell’edilizia residenziale pubblica si estende su tre livelli normativi, il primo dei quali riguarda la determinazione dell’offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti. Secondo quanto precisato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 94 del 2007), tale primo livello normativo, qualora esercitato, rientra nella competenza dello Stato e comprende «la fissazione di princìpi che valgano a garantire l’uniformità dei criteri di assegnazione su tutto il territorio nazionale». Si tratta di una competenza che è attribuita allo Stato in via esclusiva ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, venendo in rilievo la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.
La presente proposta di legge consta di un unico articolo, che introduce l’articolo 3-bis del citato decreto-legge n. 93 del 2013, suddiviso in tre commi. Nel comma 1 sono indicate le fattispecie delittuose dalle quali può conseguire l’adozione di un provvedimento di decadenza dall’assegnazione dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica. Il comma 2 reca la previsione dell’applicazione della stessa misura in caso di patteggiamento o quando sia disposto l’allontanamento dalla casa familiare, l’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare o in caso di adozione di un ordine di protezione. Il comma 3 provvede, infine, ad attribuire alla norma il carattere di livello essenziale delle prestazioni ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.
PROPOSTA DI LEGGE
«Art. 3-bis. — (Decadenza dall’assegnazione dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica per gli autori di delitti di violenza domestica). — 1. In caso di condanna, anche non definitiva, per atti riconducibili al reato di cui agli articoli 581 e 582, secondo comma, del codice penale, consumato o tentato, nell’ambito di violenza domestica di cui all’articolo 3, comma 1, del presente decreto nonché per il delitto di incesto di cui all’articolo 564 del codice penale, per i delitti contro l’assistenza familiare di cui agli articoli 571 e 572 del codice penale, per i delitti non colposi contro la vita e l’incolumità individuale di cui al capo I del titolo XII del libro secondo del codice penale, per i delitti contro la personalità individuale di cui alla sezione I del capo III del titolo XII del libro secondo del codice penale, per i delitti contro la libertà personale di cui alla sezione II del capo III del titolo XII del libro secondo del codice penale, nonché per i delitti contro la libertà morale di cui alla sezione III del capo III del titolo XII del libro secondo del codice penale, commessi all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio o da una relazione affettiva, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima, il condannato assegnatario di un alloggio di edilizia residenziale pubblica decade dalla relativa assegnazione; in tale caso, la persona offesa dal reato o un altro convivente diventa assegnatario dello stesso alloggio o, qualora lo richiedano motivi di sicurezza, di un alloggio equivalente.
2. La disposizione del comma 1 si applica anche in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti e, ove sussistano indifferibili esigenze di tutela della persona offesa o, in caso di morte, di un altro convivente, nei casi di allontanamento dalla casa familiare ai sensi dell’articolo 282-bis del codice di procedura penale, di allontanamento d’urgenza dalla casa familiare ai sensi dell’articolo 384-bis del codice di procedura penale e dell’adozione di un ordine di protezione ai sensi degli articoli 342-bise seguenti del codice civile.
3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono, quale livello essenziale delle prestazioni ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, all’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica in conformità alle disposizioni dei commi 1 e 2».