Atto Camera
Ordine del Giorno 9/01865-A/031
presentato da
LOCATELLI Pia Elda
testo di
Venerdì 20 dicembre 2013, seduta n. 142
La Camera,
premesso che:
il gioco d’azzardo attraversa una fase in continua espansione e trasformazione rispetto alle modalità in cui storicamente si presentava. Il rinnovato allarme sociale si fonda ed è giustificato da alcune caratteristiche del «moderno» gioco d’azzardo che ne accentuano la pericolosità: la spesa, nel 2012, degli italiani è stata di circa 85 miliardi di euro, a fronte di un gettito erariale pari a soli 8 miliardi di euro. Se si pensa che nel 2000 la spesa era poco più di 14 miliardi, il fatturato risulta quintuplicato;
le difficoltà che ogni anno lo Stato italiano incontra per far quadrare i propri bilanci aumentano esponenzialmente, comportando spesso tagli ai servizi fondamentali quali, ad esempio, istruzione, sanità, incentivi al mondo del lavoro;
le cosiddette videolottery (VLT), che ricomprendono poker online, slot con jackpot, roulette e blackjack, in base all’articolo 1 comma 479 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, hanno una tassazione pari al 5 per cento dell’ammontare delle somme giocate;
il gioco del Bingo, introdotto in Italia con il decreto ministeriale n. 29 del 2000, prevedeva inizialmente una tassazione sull’ammontare delle somme giocate pari al 20 per cento. Tale percentuale di tassazione fu ridotta all’11 per cento secondo quanto disciplinato dalla legge n. 44 del 2012, quasi dimezzando il prelievo erariale derivante da questo tipo di gioco;
mediamente ogni italiano spende più di 1.700 euro all’anno per il gioco d’azzardo;
questo dato non tiene conto della rilevante quota del sommerso, che in alcune regioni sfiora il 50 per cento;
secondo una recente ricerca i giocatori problematici sono per un 50 per cento disoccupati che tentano la fortuna, 25 per cento casalinghe e il 17 per cento studenti e pensionati. I ragazzi tra i 15 e i 19 anni crescono con la media del 13 per cento annuo;
le nuove modalità con cui è possibile giocare d’azzardo hanno in comune alcune caratteristiche quali la velocità della giocata, la facile accessibilità dei giochi (ormai quasi tutti gli esercizi commerciali sono dotati di slot), la «normalizzazione» del gioco d’azzardo, la legalizzazione – visto che il primo promotore è lo Stato – che inculcano nel giocatore la sensazione di avere quasi il dovere di provarci che, rafforzata dal contesto, elude o minimizza la presa di coscienza del pericolo di una dipendenza che man mano si consolida;
l’organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato l’allarme affermando che quasi 1 milione di italiani sono giocatori patologici;
di recente, il disegno di legge 13 settembre 2012 n. 158 (articolo 5), ha inserito la ludopatia nei livelli essenziali di assistenza (Lea), con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da questa patologia;
ogni giocatore patologico costa al sistema sanitario nazionale circa 38 mila euro all’anno di cure per guarire da tale dipendenza;
nella legge di stabilità 2011, legge n. 220 del 2010, l’articolo 1 comma 70 contiene un preciso impegno del Governo: «Con decreto interdirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e del Ministero della salute sono adottate, d’intesa con la Conferenza unificata, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, linee d’azione per la prevenzione, il contrasto e il recupero di fenomeni di ludopatia conseguente a gioco compulsivo»,
impegna il Governo
ad intervenire incrementando gli introiti derivanti dal gioco d’azzardo sia attraverso l’aumento del prelievo erariale sull’ammontare delle somme giocate derivanti da videolottery e bingo, sia contrastando con ogni forma e mezzo il gioco illegale che sottrae rilevanti introiti all’erario e alimenta la criminalità organizzata, al fine di poterne in parte reinvestire per la cura dei malati patologici di ludopatia.
9/1865-A/31. Locatelli, Di Lello, Di Gioia, Pastorelli.