In Aula le Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre 2016.
Intervento di Pia Locatelli in discussione generale
Signor Presidente del Consiglio, dei tanti temi sul tavolo del prossimo Consiglio europeo, mi soffermo ancora una volta su quello che secondo noi socialisti è il più critico e sul quale si gioca il futuro dell’Europa.
Parlo della gestione dei flussi migratori che vede l’Europa divisa tra chi coltiva odi e paure e coloro che cercano di governare il fenomeno con politiche comuni improntate in primis al rispetto dei diritti umani, dello spirito di solidarietà e accoglienza che da sempre ci caratterizza. L’Italia su questo fronte non ha nulla da rimproverarsi, anzi siamo tra i Paesi europei che hanno risposto con maggiore generosità – forse ci batte la Grecia –, generosità alla richiesta di aiuto di chi fugge da guerre, violenze e persecuzioni. Lo abbiamo fatto in primis con Mare Nostrum, che ha salvato migliaia di vite e che è stata esempio e guida per rafforzare la missione Frontex, e continuiamo a farlo adesso. Ora però, dopo aver dato tanto, chiediamo il rispetto degli impegni assunti dall’Europa sul tema. L’accordo raggiunto dal Consiglio europeo un anno fa, sul ricollocamento dei migranti e richiedenti asilo era un passo avanti fondamentale e dico era perché rischia di essere vanificato dalla resistenza dei singoli Paesi e dalla nascita di nuove resistenze e barriere.
L’accordo del settembre 2015 in tema di migrazioni prevedeva la ricollocazione di 40.000 migranti entro un anno e poi di altri 120.000. Delle prime 40.000 ricollocazioni 24 dovevano riguardare il nostro Paese; dopo un anno sono stati ricollocati poco più di ottocento migranti. È chiaro che questa situazione non può andare avanti: c’è un’Europa che continua a chiederci di rispettare impegni di contenimento del deficit, che ci controlla i conti e resiste alle nostre richieste di maggiore flessibilità, del resto previste dal Patto di stabilità e di crescita – ma di questo secondo aspetto sembra non ci sia grande attenzione – e poi c’è la stessa Europa che in materia di immigrazione è quasi totalmente inadempiente. Bene ha fatto, Presidente del Consiglio, a esprimere a Bratislava la sua, la nostra insoddisfazione per le conclusioni su economia e immigrazione e ci auguriamo che le nostre istanze troveranno finalmente risposta al prossimo Consiglio europeo, sennò – come ha detto il Ministro Gentiloni – l’Europa va a sbattere.
Dichiarazione di voto
La componente socialista voterà a favore della risoluzione di maggioranza e sperabilmente di altre che accetteranno le variazioni perché condivide sia le premesse, sia gli impegni sulla politica commerciale UE, i rapporti UE-Federazione russa e i temi delle migrazioni. Detto questo, noi non vogliamo perdere l’occasione per segnalare una preoccupazione puntuale in tema di migrazioni, parlo del Migration Compact, il contributo di idee, il progetto che abbiamo messo a disposizione della UE, che propone aiuti allo sviluppo per sradicare le cause all’origine dell’immigrazione coinvolgendo tutta la UE in un’azione comune verso l’Africa soprattutto, un tentativo di gestire i fenomeni migratori anche contenendoli ma rimanendo coerenti con l’Europa delle origini. La proposta italiana però è uscita notevolmente modificata dal passaggio europeo con il rischio che a imporsi sarà di nuovo quella che da qualcuno è stata definita la logica poliziesca turca. Preme ai Paesi che bloccano i migranti al di là delle ragioni che spingono le persone a migrare, al di là delle ragioni e delle sorti di queste persone che vengono spesso da Paesi dove l’interlocuzione europea è con i dittatori che ben conosciamo. Un allarme lanciato più volte dalle associazioni umanitarie e dalle ONG che non dobbiamo sottovalutare. Qual è il rischio che voglio evidenziare ? È quello di sostenere politiche repressive anziché politiche di investimento, mentre dobbiamo sostenere le politiche di investimento dobbiamo fare attenzione al rischio di politiche repressive. Un esempio per tutti: il Sudan, uno dei Paesi al centro della strategia europea di esternalizzazione – ho finito – nel mese di maggio sono stati arrestati, espulsi e deportati, espulsi dal Sudan e deportati in Eritrea, circa 1.300 eritrei. In Eritrea partire illegalmente, che è un modo per sottrarsi alla leva obbligatoria che è indeterminata nella durata, cioè si sa quando inizia ma non si sa quando finisce, anche dieci anni, è considerato un reato e quelle 1.300 persone deportate dal Sudan in Eritrea probabilmente ora si trovano in carcere. Non era questo il nostro obiettivo, non era questo l’obiettivo del Migration Compact, non è questa l’Europa che vogliamo.