martedì 5 Luglio 2016

Commemorazione vittime attentato a Dacca


Grazie, signora Presidente. Dopo i sanguinosi attacchi a Parigi e a Bruxelles, cuore dell’Europa, a Istanbul, porta dell’Europa e città simbolo dell’unione tra oriente ed occidente, venerdì scorso è stata la volta di Dacca, una città musulmana in un Paese musulmano, dove hanno trovato la morte nove nostri connazionali, ma anche alcuni giapponesi, una ragazza indiana, tre bengalesi. Poi, domenica, è la volta di Baghdad, dove due attacchi kamikaze hanno provocato 200 morti.
Ci troviamo nel pieno di una folle guerra, che non risparmia nessuno. Nel caso dell’attentato in Iraq, come per quelli di Bruxelles e Parigi, la rivendicazione dell’ISIS è stata chiara, per la strage di Dacca non è ancora certo se si tratti dell’ISIS o del gruppo terrorista Jamaat-ul-Mujahideen Bangladesh, che vede tra i suoi militanti giovani istruiti, colti, di famiglie benestanti. Importa, ma fino a un certo punto.
È certo che chi ha seminato il terrore a Dacca ha inferto, volutamente o meno, un duro colpo anche all’economia di uno dei Paesi più poveri dell’area, che si basa quasi esclusivamente sul tessile, richiamando grandi gruppi stranieri. Ora queste imprese vogliono andarsene: una prima vittoria del terrorismo. Tessili erano i nostri imprenditori e imprenditrici o le tecniche che si erano spinti fin là per andare ad investire o ad acquistare. Una delle vittime era una mia concittadina, Maria Rivoli, una giovane bergamasca di Pag. 7834 anni, che lavorava nel settore dell’abbigliamento e si trovava in Bangladesh da alcuni mesi. È stata barbaramente trucidata, come Simona Monti, concittadina del collega Pastorelli, Marco Tondat, Cristian Rossi, Nadia Benedetti e altri nomi. Tutti non conoscevano il Corano: una tragica scusa per nobilitare un gesto disumano e per scatenare una guerra di religione. Ma la religione a Parigi, Bruxelles, in Iraq, in Bangladesh non c’entra nulla. Non si possono accomunare oltre un miliardo e mezzo di mussulmani ad una banda di terroristi criminali che usa una bandiera fintamente religiosa e che molto spesso – lo si è visto in Europa – non ha una frequentazione seria, continua, profonda con la religione, così come a nessuno è mai venuto in mente di accomunare i cattolici ai terroristi dell’IRA. Non facciamo l’errore di accomunare Islam a terrorismo .
Oggi, però, non è il momento delle polemiche, ma quello del cordoglio e non ci sono parole per esprimere sgomento, orrore per l’atroce mattanza di Dacca.