A distanza di dieci giorni dalla strage di Orlando ancora non è chiaro il movente che ha portato Omar Mateen, il 29enne americano di origine afghana a sparare all’impazzata in una discoteca lgbt di Orlando, provocando la morte di 49 persone e il ferimento di altre 53. Che si tratti di azione di matrice terroristica o dell’opera di un folle eccitato dal clima di fobia, xeno o omo, come pare più probabile, poco cambia: sono stati ammazzati o feriti tanti e tante giovani perché erano in un locale gay, perché erano gay.
E cambia poco sapere se lo stesso omicida fosse o meno omosessuale. Quello che è certo è che in un clima di esasperazione fobica e insieme politica, l’accesso facile alle armi, ora invocato anche nel nostro Paese, aprendo le porte ad una sorta di giustizia “fai da te”, può provocare tragedie come questa.
Non è la prima volta che accade negli Stati Uniti e temiamo non sia nemmeno l’ultima.
Se poi alla possibilità di detenere un’arma “per difendersi”, si aggiungono le campagne d’odio, gli inviti alla violenza e l’emulazione del terrorismo islamista organizzato, il risultato sono i morti e i feriti di Orlando.
L’ intolleranza, l’omofobia alimentano sempre odio e violenza, negli Stati Uniti come altrove.
Pensiamoci quando qualcuno vi ricorre per raccogliere consenso o acchiappare voti.
Pensiamoci quando facciamo o ascoltiamo fare, senza reagire, le solite vecchie battute sui persone omosessuali.
Pensiamoci quando ci rifiutiamo di riconoscere pari diritti alle persone omosessuali.
E pensiamoci anche noi in Parlamento, noi che non siamo ancora riusciti ad approvare una legge contro l’omofobia: una legge lieve, di certo non entusiasmante, che giace in Senato da oltre due anni.