Uncategorized – Pia Locatelli http://www.pialocatelli.info Una Socialista europea alla Camera per una Sinistra europea al Governo Fri, 30 Mar 2018 08:35:28 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.0.3 Mine antiuomo, un altro passo avanti per fermare la strage http://www.pialocatelli.info/mine-antiuomo-un-altro-passo-avanti-per-fermare-la-strage/ http://www.pialocatelli.info/mine-antiuomo-un-altro-passo-avanti-per-fermare-la-strage/#respond Tue, 03 Oct 2017 16:46:19 +0000 http://www.pialocatelli.info/?p=5649 “Questo provvedimento, che si propone di impedire il sostegno finanziario a imprese che producono mine antiuomo. Purtroppo sono ancora molti, troppi gli istituti bancari, anche italiani, che finanziano la produzione all’estero di mine antiuomo e di bombe cluster, per un giro di affari che negli ultimi cinque anni ha portato ad investimenti che sfiorano i trenta miliardi di dollari”. Lo ha detto Pia Locatelli, intervenendo alla camera per dichiarazione di voto sulle misure per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine antiperson.,

 

“E’ incredibile  – ha aggiunto –  quanto poco costi produrre una mina (7 euro) se confrontato con il costo dell’azione di sminamento (5000 euro). E le persone continuano a morire. Nel 2015 si calcola siano rimaste ferite o uccise da mine antiuomo 18 persone al giorno per un totale di 6500 vittime. Si parla di mine anti-uomo ma le vittime sono prevalentemente bambine, bambini, anziani, donne che camminano in campi minati alla ricerca di cibo, di acqua…. Vengono chiamati “effetti collaterali”, come ci ricorda la Campagna Nazionale Contro le Mine ONLUS. Non possiamo tollerare nessuna complicità nei confronti di chi promuove questa strage e voteremo convintamente a favore del provvedimento”.

Il testo dell’intervento

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Con Guterres tredici anni di lavoro insieme http://www.pialocatelli.info/con-guterres-tredici-anni-di-lavoro-insieme/ http://www.pialocatelli.info/con-guterres-tredici-anni-di-lavoro-insieme/#respond Thu, 23 Mar 2017 15:12:24 +0000 http://www.pialocatelli.info/?p=4641 Prefazione al libro di Ugo Intini “Un socialista all’Onu. Guterres all’Anti Trump”

 

Con Antonio Guterres ho condiviso per anni il lavoro nella grande famiglia del Socialismo internazionale, essendo stati eletti  nel congresso di Berlino del settembre ’92 vice-presidenti, lui dell’Internazionale socialista ed io dell’Internazionale socialista donne.

Ligia al dovere legato al ruolo – promuovere la condizione delle donne e favorirne la presenza nei luoghi decisionali – chiesi di incontrare Antonio Guterrez, che dal febbraio del 1992 era divenuto anche segretario del Partito, cui seppe dare, dopo la terza sconfitta consecutiva alle elezioni politiche dell’ottobre ’91, una svolta tale da permettergli di vincere  le elezioni al primo appuntamento elettorale del ’95.

Intendevo svolgere il mio lavoro di vicepresidente non solo sostenendo le organizzazioni femminili dei partiti della regione, ma coinvolgendo i partiti stessi per una maggiore presenza femminile  negli organismi dirigenti e nelle istituzioni, a partire dal parlamento. Fu un incontro cordiale, cortese, ma ricordo ancor oggi la sua sorpresa per la mia richiesta, confessando di non aver idee in merito: era evidentemente un tema che non conosceva e che non aveva mai affrontato.

Su questo tema delle donne, che non gli apparteneva, ha saputo crescere e la storia fu che negli anni, elezione dopo elezione, il Portogallo vide aumentare la presenza delle donne in Parlamento, che ora sono il trentacinque per cento. Con il loro numero crebbero la consapevolezza, la sensibilità  e l’impegno di Antonio Guterres, che nelle giornate precedenti il suo insediamento come Segretario generale ONU ha dichiarato che entro la fine del suo mandato la parità di genere dovrà essere raggiunta a tutti i livelli delle istituzioni delle Nazioni Unite, a partire dal Segretariato generale, compresi i rappresentanti e gli inviati speciali.

Antonio Guterres  ha corso verso la parità più rapidamente di quanto non abbia fatto sino ad ora l’Internazionale socialista, di cui è stato presidente per sei anni fino al 2005, quando lasciò per diventare alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati.

Nella sua militanza l’ho sempre visto coniugare ideali e concretezza, parola spesso presente nei suoi discorsi, per una forma di ossessione del fare. Visione e ampiezza di respiro hanno sempre trovato realizzazione nell’azione quotidiana: “Quello che facciamo concretamente per il nostro popolo è la prova del fallimento delle tesi sulla fine della storia o del declino delle ideologie”, disse nel discorso al Congresso dell’Internazionale socialista di Parigi del novembre ‘99, dove fu eletto presidente.

I socialisti italiani ebbero modo di conoscerlo qualche mese prima al IV Congresso del Partito del socialismo europeo che si era svolto a Milano nel mese di marzo.

In quell’occasione Guterres dimostrava di aver già molto chiari i punti di crisi che venivano amplificati dal fenomeno della globalizzazione, nell’intreccio inestricabile della speculazione finanziaria e di una recessione che ci avrebbero ben presto condotti a una crisi mondiale dell’economia.

Varrebbe la pena riascoltare le parole di allora perché a distanza di quasi vent’anni si potrebbe tranquillamente riprendere in mano la traccia di quei progetti per affrontare i problemi di oggi. Nel documento di Guterres c’era il sostegno a un mix di politiche macroeconomiche e di cambiamenti strutturali nella gestione della domanda per creare crescita e occupazione a breve termine, col sostegno alle piccole e medie imprese, la creazione di reti transeuropee, i programmi di formazione ed educazione finanziati anche dalla BCE attraverso nuove forme di finanziamento come euro-obbligazioni da associare a strumenti tradizionali.

Una grande capacità di guardare avanti, molto avanti, come quando sottolineava la necessità di costruire una società europea per l’informazione, per dare un accesso democratico all’informazione, strumenti informatici disponibili per tutti, con l’obiettivo anche di colmare il divario tra Stati Uniti ed Europa ricordando che l’esclusione dall’informatica potrà rappresentare un fattore drammatico di ingiustizia e diseguaglianza nel mondo di domani. “Modernità, sviluppo e innovazione saranno possibili solo in un contesto di coesione economica e sociale, di pari opportunità per tutti”. L’importante – ricordava – è condividere gli stessi valori di fondo quei valori che oggi, a venti anni di distanza, sembrano minacciati alle fondamenta da un’altra grave crisi che si è sovrapposta a quella economica: quella migratoria.

Eh sì, perché la questione delle migrazioni sarà con ogni probabilità uno degli elementi che segneranno a fondo la storia dell’umanità a cavallo dei due secoli. Una prospettiva ben compresa da Guterres che si è trovato a fronteggiare crisi gravissime quando ha assunto il ruolo di alto commissario dell’UNHCR.

Nel suo approccio a questa questione epocale, che oggi comprendiamo perfettamente come sia anche in grado di sconvolgere gli equilibri politici di singoli paesi e dell’interna Unione europea, Guterres ha sempre percorso simultaneamente la strada del sostegno assistenziale e quella dell’analisi strutturale del fenomeno, in una sintesi che si potrebbe definire perfetta, di socialismo umanitario.

Di fronte a fenomeni di cui già due lustri fa anticipava la sconvolgente progressione, non si è mai limitato difatti a denunciare la insufficienza delle azioni soccorritrici, ma ne ha sempre ricercato, quasi nel dettaglio, genesi ed evoluzione, collegando il fenomeno migratorio anche al tema delle distorsioni economiche e sociali provocate dalla globalizzazione e a quello dirompente e nuovo della rottura degli equilibri ambientali.

A questo proposito suonano oggi di straordinaria attualità le parole che Guterres ha pronunciato quasi dieci anni fa intervenendo davanti alla Commissione esteri della Camera dei Deputati. In quell’occasione ebbe a spiegare come sia destinato a diventare sempre più difficile distinguere tra profughi economici e profughi politici mentre si sta aggiungendo un nuovo fattore, quello climatico.

“Pensiamo al Darfur (…). Tra il governo di Khartoum ed i movimenti ribelli è in corso un conflitto – spiegava in quell’occasione – che viene oggi svolto per procura: i Janjaweed, che sono anche pastori nomadi, attaccano i villaggi degli agricoltori, i quali hanno risorse e acqua sempre più scarse. C’è un conflitto politico tra governo e ribelli, che si traduce in attacchi contro i civili, ma c’è anche un conflitto tra due gruppi tribali diversi, che competono soprattutto per le risorse idriche: uno africano e l’altro arabo, uno stanziale e l’altro nomade, uno dedito all’agricoltura e l’altro dedito alla pastorizia”.

Il Darfur è dunque un esempio della complessità delle radici di un fenomeno migratorio che oggi vede crescere il numero delle persone che si spostano all’interno dei confini di un Paese oppure dai paesi poveri verso quelli più ricchi, ma anche ovunque ci sia una situazione di sofferenza sociale determinata da un’eccessiva differenza tra ricchi e poveri. Un fenomeno quest’ultimo in rapida espansione, perché se la globalizzazione da un lato ha fatto decrescere in termini assoluti il numero dei poveri, dall’altro ha allargato assai la forbice tra ricchi e poveri anche all’interno di singoli paesi.

Si spiega come così nel Ventunesimo secolo cresca sempre più il numero di persone che si spostano per motivi diversi e, spesso, per più di un motivo assieme. Oggi gli spostamenti forzati di intere popolazioni che lasciano le loro case, affondano le loro radici in cause diverse: quelle determinate da situazioni di gravissima privazione economica generata o amplificata dalle distorsioni indotte dalla globalizzazione, poi conflitti e persecuzioni e, in prevedibile crescita, quelle legate al degrado ambientale e al cambiamento climatico con l’innalzamento delle temperature e l’estensione delle aree colpite da siccità. E quest’ultima condizione interesserà in modo particolare il bacino del Mediterraneo ed il sud dell’Europa, Italia compresa.

Riascoltando i suoi interventi si ha subito la sensazione di trovarsi di fronte a una personalità con una grande capacità di visioni complessive dei fenomeni e della loro possibile evoluzione. Era Guterres che già in questo intervento sopracitato denunciava l’insufficienza, o meglio l’assenza, di “una politica europea sulle politiche della migrazione”, “di un regime comune di asilo”, di “una vera e propria capacità di far fronte comune a questi problemi”.

Il problema di fondo è, insomma, rispondere a questi fenomeni che hanno proporzioni drammatiche mentre mancano gli strumenti adeguati per far intervenire la Comunità internazionale, per attivare meccanismi di cooperazione economica.

Ecco un elemento che riemerge ciclicamente negli interventi di Guterres, la “mancanza di fiducia” nella comunità internazionale, una lacuna che impedisce perfino di costruire gli strumenti per intervenire in difesa delle persone quando queste divengono vittime e gli Stati di appartenenza “non sono disposti a proteggerli o non sono in grado di farlo”. Un tema purtroppo sempre attuale con cui dovrà confrontarsi di nuovo e di più dallo scranno di Segretario generale delle Nazioni Unite.

Questo forse diverrà uno dei temi di fondo a cui si applicherà con una particolare attenzione e passione, perché è proprio nella insufficiente o assente collaborazione tra gli Stati, una delle debolezze più acute delle Nazioni Unite ogni qualvolta si cimenta con il controllo e la ricerca di una soluzione per una disputa internazionale, una crisi, un conflitto.

La visione di Guterres è molto ampia, anzi è davvero globale. Anche la questione della governance, che è indispensabile se vogliamo governare, controllare, correggere fenomeni quali le migrazioni o le violazioni dei diritti umani, ma anche la globalizzazione della finanza e del commercio che creano distorsioni enormi a livello planetario, si riaffaccia spesso nei suoi interventi degli anni passati.

Se vogliamo immaginare quelle che potranno essere le linee guida del suo impegno alle Nazioni Unite, basta scorrere il suo discorso di insediamento come presidente dell’Internazionale socialista nel novembre del ‘99: difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali senza limitazioni, reinterpretazioni, adattamenti, perché in tutta la sua carriera è sempre stato un difensore ostinato dei diritti umani, convinto com’era che la pace e lo sviluppo sostenibile non siano possibili senza la loro promozione e protezione. Diritti economici e sociali, possibili in un scenario di politiche economiche coordinate in favore della crescita e dell’occupazione. Diritti di terza generazione, diritti ambientali, parità tra donne e uomini, diritto alla vita privata, alla identità, alla memoria…

 

Oltre al tema della fiducia tra gli Stati e quello della governance, c’è quello di una riforma dell’ONU nel senso di una maggiore democrazia, di un miglioramento della capacità di garantire che la sovranità degli stati non sia un ostacolo al rispetto fondamentale dei diritti delle persone, di migliorare la sua capacità di costruzione e mantenimento della pace una volta raggiunto un accordo che metta fine a una situazione di conflitto.

Giustizia, difesa della libertà e dei diritti umani, promozione di una società più equa e solidale, sono i binari su cui scorre il pensiero di Guterres, il pensiero di un uomo che pensa e agisce da socialista. “Tutto si è globalizzato – dice – tranne la politica che rimane essenzialmente nazionale”, e perciò ormai incapace di assolvere al suo compito di governo delle attività umane.

Un fallimento che pesa sempre più e di cui lui ha una consapevolezza rara che ci può far dire che con la sua elezione al vertice del Palazzo di Vetro abbiamo, certamente questa volta, la persona giusta al posto giusto.

Non casualmente il 6 ottobre il suo nome è stato indicato per acclamazione, una scelta unanime del Consiglio di sicurezza, a succedere a Ban Ki Moon come nono Segretario generale delle Nazioni Unite. Una nomina che è il risultato del più aperto e trasparente processo di selezione nella storia delle Nazioni Unite. Ne siamo orgogliosi, noi della famiglia socialista, e ci congratuliamo con lui esprimendogli la più profonda gratitudine per aver meritato questa carica che inorgoglisce i socialisti di tutto il mondo.

Infine non posso non ricordare che l’inizio dell’attività di Antonio Guterres come Segretario generale delle Nazioni Unite, nei primi giorni del 2017, è coinciso con la morte, negli stessi giorni, del compagno Mario Soares, per anni presidente del Portogallo, dopo una vita spesa per affermare i valori del Socialismo nel suo Paese, in Europa, nel mondo.

Mario Soares se n’è andato lasciando un vuoto difficile da colmare, in particolare per noi socialisti italiani, perché Mario Soares non era solo un compagno, era anche un buon amico. Le radici di questo rapporto di amicizia risalgono al finire degli anni Sessanta, quando chi si fosse trovato a passare per gli uffici della sezione esteri del PSI a Roma, lo avrebbe certamente incontrato visto che in quelle stanze ci lavorava assieme ad altri esponenti politici della resistenza antifascista europea. A partire da quegli anni, e fino al ’92, infatti,  il Psi aveva cominciato a tessere una fitta rete di rapporti politici e di solidarietà concreta – che nel caso di Soares si tradusse in un lavoro stipendiato – non solo con i compagni portoghesi, spagnoli e greci, ma anche con molti altri partiti, movimenti di liberazione e singole personalità dell’opposizione democratica alle dittature dell’Est e dell’Ovest, cecoslovacchi, polacchi, cileni, palestinesi…

Il saluto di Antonio Guterres a Mario Soares nel libro delle condoglianze presso la sede del Partito Socialista di Lisbona conferma quale è e sarà il principale valore cui si è sempre ispirato il nuovo Segretario generale delle Nazioni Unite: “(…) amico, eterno militante numero uno del partito (…) compagno di tante battaglie (…) protagonista principale del valore primario che ci guida: la libertà”.

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Intervento al Congresso straordinario del PSI http://www.pialocatelli.info/intervento-al-congresso-straordinario-del-psi/ http://www.pialocatelli.info/intervento-al-congresso-straordinario-del-psi/#respond Sun, 19 Mar 2017 11:24:16 +0000 http://www.pialocatelli.info/?p=4604 Care compagne, cari compagni

non è passato un anno dallo scorso congresso di Salerno e oggi ci troviamo di nuovo qui anche per le azioni di quanti preferiscono fare opposizione nelle pagine dei social network e nelle aule dei tribunali.

Una pagina triste che fa  torto a quanti nel partito a livello nazionale e a livello locale hanno continuato a lavorare tra mille difficoltà.

Lo scorso anno ho aperto il mio intervento al congresso ribadendo che questa è la mia casa, la mia famiglia e ricordando che nelle famiglie si litiga, si discute, si esprimono opinioni diverse, ma c’è poi un legame più forte e profondo che ti fa restare. E mi sono rivolta in maniera critica a quei compagni assenti che avevano preferito l’Aventino al confronto.

Qualcuno ha parlato di una sorta di congresso “riparatore” che come tale potrebbe sembrare destinato solo a ribadire quanto deciso lo scorso aprile a Salerno.

Qualcuno ha lamentato  che c’è solo una mozione in discussione, ma io chiedo a tutti coloro che hanno sollevato questa critica, cosa e chi ha impedito loro di raccogliere le firme e presentare una mozione alternativa. Perché solo commenti su Facebook? Per fortuna noi siamo ancora un partito dove le decisioni non vengono prese a colpi di clik e di “mi piace”.

Detto questo vorrei cercare di dare un contributo per far sì che questo Congresso non sia un atto dovuto, ma fornisca risposte su quello che sarà il nostro futuro.

Lo scenario rispetto a un anno fa è profondamente cambiato: ci siamo lasciati con il leader del Pd e Presidente del Consiglio che pensava di vincere il referendum costituzionale e uscirne rafforzato, e ci ritroviamo invece con il maggior partito di maggioranza in grande difficolta.

E’ chiaro che non bastano slogan e tweet.

E’ chiaro che non ce la si cava scaricando le colpe su gufi e frenatori.

Serve lavoro di squadra, serietà, competenze, ascolto e dialogo anche con chi la pensa diversamente; anche un po’ di meritocrazia, anche di umiltà.

Dicevo che lo scenario è cambiato: la scissione del PD, la nascita di un nuovo partito a sinistra che ha raccolto anche pezzi di Sel, l’iniziativa di Pisapia, le primarie e il Congresso del Partito democratico rappresentano nuovi scenari con i quali dobbiamo per forza confrontarci

Le cose si stanno muovendo anche nei partiti di centro: penso al nuovo partito in fieri di Alfano e Cicchitto, le cui posizioni, mi riferisco a Cicchitto, soprattutto in tema di diritti civili e di politica estera, sono sempre più spesso vicine alle nostre.

E penso ai radicali, che sono il nostro vicino più naturale con il quale costruire alleanze. Con i Radicali abbiamo lavorato tantissimo in questa legislatura e ci hanno aiutato a portare avanti battaglie che hanno fatto dell’Italia un Paese più civile. Cito tre temi per tutti nei quali il nostro contributo è stato importante, anche determinante: divorzio breve, legge sulle unioni civili e legge sul testamento biologico.

Capisco che in questa situazione di totale incertezza e nell’incognita di quale sarà la legge elettorale con la quale andremo a votare, ormai credo il prossimo anno, sia difficile, se non impossibile prendere delle decisioni e delle direzioni.

E comprendo che su queste decisioni peserà inevitabilmente anche la ricerca di una strada per portare una presenza socialista in Parlamento.

Ma proprio perché la situazione è fluida sono convinta che non dobbiamo appiattirci su un’unica posizione e assecondarla in maniera acritica, ma guardare anche a cosa sta accadendo intorno, tenendo fermi i nostri principi, ma senza chiudere le porte ad altre possibili alleanze.

Purtroppo, la prospettiva che più mi piacerebbe – e sono sicura di non sbagliare se penso che piacerebbe anche a voi – quella di presentarci alle elezioni col nostro simbolo, assai difficilmente ci consentirebbe di tornare in Parlamento. Proporla vorrebbe dire dunque – realisticamente – prevedere di tornare a essere una forza extraparlamentare come fummo tra il 2008 e il 2013.

Abbiamo sostenuto con lealtà il Governo Renzi anche quando non condividevamo pienamente le sue scelte.

Lo abbiamo detto nei nostri interventi in Aula, perché un conto è essere alleati, un conto è essere sudditi. Non è il nostro caso.

Oggi sosteniamo convintamente il governo Gentiloni che sicuramente con un diverso stile, sta facendo un buon lavoro. Ma sono dell’opinione che questa lealtà non debba mai trasformarsi in un’alleanza scontata con il PD, qualunque sia il suo leader e qualunque cosa faccia.

Penso che su alcuni temi possiamo, e dobbiamo, marcare la differenza.

Ad esempio penso che dobbiamo cercare di spostare più a sinistra l’asse della maggioranza.

E distinguerci, facendo sentire la nostra voce laica e riformista e dicendo anche dei ‘no’, quando non siamo d’accordo.

Vorrei che fosse ben chiara la distanza che a volte ci separa quando il Pd sembra rincorrere sul loro terreno i populisti, com’ è avvenuto ad es quando si è cercato di scaricare le nostre difficoltà a far quadrare i conti su fantomatici euroburocrati di  Bruxelles. Non va bene l’austerità per principio, e so bene che ci sono quelli che dell’austerità hanno fatto e fanno una sorta di feticcio, ma non possiamo dimenticare che il nostro debito pubblico è pesante e non può dissolversi con un atto di fede tantomeno con un tweet.

Macron in Francia, rischia di vincere le elezioni presidenziali anche perché ostenta in faccia alla destra lepenista un europeismo convinto, non di facciata. Dobbiamo dire agli italiani che per il nostro Paese fuori dall’euro e dalla Ue c’è solo un baratro economico, politico e sociale. Poi discutiamo di quale europa parliamo:

Le ricerche ci dicono che la maggioranza dei cittadini europei è eurocritica, non euroscettica.

E a proposito di critiche all’Europa di oggi: la gestione dei flussi migratori, che non può che essere europea perché la dimensione normale è quella!! Ne ho parlato in mille occasioni: un solo dato: tutta l’Europa invecchia e noi abbiamo bisogno di nuova linfa vitale che solo l’immigrazione ci può dare. Ci piaccia o non ci piaccia.

Non mi è mai piaciuta la sensazione di lisciare il pelo a giustizialisti e forcaioli, sostenendo in Parlamento leggi marcate da una certa vena di ‘populismo penale’, pensando così di conquistare qualche simpatia in un elettorato che storicamente, culturalmente, – e direi sentimentalmente – non ci è mai stato vicino e mai lo sarà.

Non serve a nulla lasciar intendere che è soprattutto l’Europa che ci tarpa le ali.

Non serve a nulla inseguire Grillo, Salvini, Meloni sul loro terreno.

Non serve a nulla cavalcare temi come l’abolizione dei vitalizi, – peraltro già avvenuta ben tre anni fa – oppure l’annosa questione degli stipendi dei parlamentari. Se si tratta di provvedimenti giusti, si portino in Aula e si votino, altrimenti meglio combattere il populismo a viso aperto

Non sono questi i voti della sinistra, non sono i nostri voti.

E soprattutto non sono i voti che voglio.

E lo dico anche ai nostri compagni perché ho letto molti commenti su questo tono. Compagni, non siamo noi quelli che lisciano il pelo al giustizialismo!!!

A proposito di parlarci guardandoci negli occhi, voglio raccontarvi una cosa che mi ha colpito e addolorato che mi è accaduta pochi giorni fa. Nel corso di una conferenza stampa ho incontrato un compagno che mi ha preso da parte e mi ha detto “Il partito non fa nulla sul testamento biologico”.

Ecco, mi sono cascate le braccia.

Il testamento biologico è il primo provvedimento che ho presentato in questa legislatura.

Ho dato vita e coordinato l’intergruppo per il testamento biologico con l’obiettivo di farlo calendarizzare .

Ho lavorato prima con Beppino Englaro per il testo di legge e recentemente con Mario Riccio e con l’Associazione Coscioni per presentare degli emendamenti al testo uscito dalla Commissione Affari sociali che ricalca in buona parte la nostra proposta.

Ho organizzato e partecipato a convegni sul tema in diverse città d’ Italia.

E un compagno, uno dei nostri, mi dice che non abbiamo fatto nulla!

Ecco allora io vorrei dire a voi, ai dirigenti, agli iscritti, che forse dovremmo ricominciare a informarci almeno su noi stessi.

Abbiamo un giornale, l’Avanti! che grazie a Mauro Del Bue e a due, ripeto due, soli redattori: Daniele Unfer e Teresa Olivieri, – che voglio ringraziare per il loro lavoro e la loro dedizione – quotidianamente informa sul lavoro che facciamo in Parlamento.

Abbiamo un sito del Partito. E dobbiamo dire grazie a Emanuele Pecheux e a Giada Fazzalari….

Grazie, davvero grazie!

Abbiamo i nostri siti personali e le nostre pagine Facebook. Personalmente mando una newsletter tutte le settimane dove faccio il resoconto della mia attività. Ogni settimana!

Strumenti per informarsi e per sapere ce ne sono e vi invito a consultarli non per un riconoscimento personale, ma perché sono la testimonianza concreta che il partito, anche se piccolo, c’è, è vivo, e porta a casa dei risultati.

Siamo solo due, Oreste Pastorelli ed io, ma vi assicuro che alla Camera, forse perché riusciamo a intervenire su tutto o  quasi, anche più volte nello stesso giorno, siamo stimati e tenuti in considerazione.

Siamo piccoli, non siamo inutili.

Non starò a ripetervi quanto abbiamo fatto nel corso della legislatura, cosa che feci nell’intervento a Salerno. Vi darò solo qualche breve flash di aggiornamento su questi ultimi mesi.

Come presidente del Comitato Diritti umani ho continuato a portare avanti iniziative di ascolto e di denuncia. Cito anche qui i tre casi più significativi: la Turchia, dove mi sono recata con una delegazione del PES per protestare contro gli arresti indiscriminati che hanno fatto seguito al fallito golpe; compresi 11 nostri compagni parlamentari del partito HDP dell’Internazionale Socialista.

L’Egitto sollevando il tema della opportunità di un rinvio del nostro ambasciatore al Cairo per vedere se questo cambio di rotta possa contribuire ad avere finalmente la verità sul caso Regeni.

E infine il riconoscimento del genocidio yazida per il quale abbiamo presentato una mozione accolta dal governo, e di cui i rappresentanti di questa comunità di un milione di persone erano informatissimi quando li abbiamo incontrati lo scorso mese in una missione di amicizia nel Kurdistan iracheno. Proprio l’altro ieri ho chiesto al nostro ambasciatore alle Nazioni Unite di attivarsi in sede di Consiglio di Sicurezza di cui facciamo parte in questo 2017.

Sul fronte della politica estera in questi mesi abbiamo approvato definitivamente la legge sulle missioni internazionali che dà risalto al ruolo delle donne nella soluzione dei conflitti e nella costruzione della pace. Un ruolo reso sempre più indispensabile dai cambiamenti messi in atto nelle attuali guerre dove a essere maggiormente colpita e coinvolta è soprattutto la popolazione civile, donne e bambini. Per questo ho lavorato per far approvare nella legge di bilancio il finanziamento il piano d’azione previsto dalla risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza Onu su donne, pace e sicurezza. Sui diritti civili ho parlato prima, mentre sull’impegno nei confronti delle popolazioni colpite dal terremoto e sulle iniziative ambientali, altri temi che ci hanno visto in prima linea, ci ha parlato ieri Oreste Pastorelli.

Per chiudere vorrei fare alcuni brevissimi cenni alla politica internazionale e alle prossime sfide del socialismo in Europa e nel mondo.

Queste sfide sono le stesse che ci attendono qui in Italia.

Al congresso dell’Internazionale Socialista che si è tenuto all’inizio del mese a Cartagena, dove sono stata eletta vicepresidente, non c’è stato solo il tema della pace e di come mantenerla una volta conquistata, ma anche dell’equità e della solidarietà.

L’ultimo decennio di una globalizzazione a cui sono stati tolti i freni, ha prodotto un gigantesco impoverimento delle classi medie in America e in Europa con un trasferimento di ricchezza in parte verso la Cina – vi è chiaro perché il primo ministro cinese Xi Jingping segretario del partito comunista cinese e presidente della Repubblica cinese, comunista, ha tessuto le lodi della globalizzazione? -in parte verso la cima della piramide sociale. È esploso il fenomeno dell’elusione fiscale, della ricerca dei paradisi fiscali dove nascondere incredibili ricchezze.

In Italia, ma nel resto del mondo industrializzato non ci sono molte differenze se non in meglio, nel 2016 l’1% deteneva il 25% dell’intera ricchezza nazionale.

Nello stesso tempo sono raddoppiati gli italiani in povertà assoluta: 4 milioni e mezzo. Erano meno della metà nel 2005.

Una povertà che ha colpito di più le famiglie operaie, quelle conp più figli e figlie, e i giovani e le giovani. Sì, proprio loro.

E allora perché ci stupiamo se si allontanano dalla politica e scelgono la protesta?

E questo elemento ci porta all’altro nodo chiave dei nostri giorni, la disoccupazione.

Non basta aumentare i posti di lavoro – di un’inezia peraltro come ci dicono gli ultimi dati Istat – questi posti devono essere retribuiti dignitosamente, meglio se per lavori a tempo indeterminato.

Solo così si dà fiducia vera e si riapre il mercato interno.

Per riequilibrare questa Italia servono risorse da investire in programmi di sviluppo e assistenza.

Anticipo la vostra domanda: dove prendere queste risorse?

No, non nella flessibilità, parola elegante che nasconde una indicibile verità, ovvero fare altri debiti sulle spalle delle generazioni future.

Dobbiamo concretizzare il concetto di equità e far rispettare l’art.53 della nostra Costituzione: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.

Dunque facciamo una battaglia seria contro l’evasione. Non mandiamo brutti segnali come l’innalzamento all’uso del contante che autorizzano a pensare che lo Stato è pronto a chiudere un occhio o anche tutti e due.

Ecco, vi ho sintetizzato la mia filosofia di quello che dovrebbe essere un programma di sinistra, dei socialisti e delle socialiste.

Libertà, sviluppo e soprattutto giustizia sociale e giustizia fiscale.

Da qui ripartirei. E da una nuova Europa, dagli Stati Uniti d’Europa, ancora tutti da costruire dopo sessant’anni dalla firma dei trattati di Roma. Ripartiamo da qui. Con vision verso il futuro e realismo delle radici.

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Non una di meno. Manifestazione nazionale contro la violenza http://www.pialocatelli.info/non-una-di-meno-manifestazione-nazionale-contro-la-violenza/ http://www.pialocatelli.info/non-una-di-meno-manifestazione-nazionale-contro-la-violenza/#respond Thu, 17 Nov 2016 12:01:22 +0000 http://www.pialocatelli.info/?p=3732  

32931922-0F7E-46CE-D21A-5B8B58F381B3Se ti senti addosso quel dolore speciale quando una donna viene uccisa o picchiata o maltrattata o stuprata

Se ti riempi di rabbia quando scopri che i ginecologi del tuo ospedale sono tutti obiettori e che i farmacisti non vorrebbero più venderti gli anticoncezionali

Se non hai lavoro o se ce l’hai ogni tanto o se sei stufa di dover dimostrare sempre di più per avere sempre di meno o se hai rotto il tetto di cristallo e ti vogliono far raccogliere i cocci

Se diventi verde ogni volta che paghi le tasse pensando ai servizi che non hai, né per te, né per i tuoi figli, né per i tuoi genitori

Se pensi che ogni donna può avere posizioni politiche diverse ma che niente deve dividerci di fronte alla nostra libertà e dignità

Se ti viene voglia di mollare tutto quando pensi che i tuoi risparmi hanno retto le banche e che il tuo lavoro non pagato non solo regge la tua famiglia, ma la società intera e ancora ti chiamano soggetto debole da tutelare

Se a scuola non ti fanno studiare Simone Weil e non ti fanno leggere Virginia Woolf e ti raccontano che il Codice Napoleonico è stata una grande conquista dell’umanità senza dirti che piattino ti era riservato

Se ti dicono “brava, sei forte, ce la farai” quando senti che tra poco non ce la farai più

Se ti viene da ridere quando ti dicono che devi fare più figli

Vieni Sabato 26 Novembre
per cambiare questo paese che è il tuo anche se non lo sembra

Vogliamo aderire alla Manifestazione indetta da Unione Donne Italiane, D.I.R.E. Rete Nazionale dei Centri Antiviolenza, Rete Io Decido.

Roma, ore 14 piazza della Repubblica
#manchisolotu

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Rispetto delle etnie fondamentale per salvaguardia dell’ambiente http://www.pialocatelli.info/i-popoli-tribali-in-parlamento-rispetto-etnie-e-salvaguardia-dellambiente/ http://www.pialocatelli.info/i-popoli-tribali-in-parlamento-rispetto-etnie-e-salvaguardia-dellambiente/#respond Thu, 19 May 2016 15:39:33 +0000 http://www.pialocatelli.info/?p=2657 Una donna del popolo Masai e un uomo dei Tuareg a Montecitorio. Collane colorate e abiti scintillanti a passeggio per l’austero  corridoio del Transatlantico. Non hanno sbagliato indirizzo: Susan Simayiai Muteleu e Zakaria Yahaya che hanno presentato oggi alla Camera l’Assemblea dei Popoli Indigeni, in rappresentanza della quale sono stati auditi dal Comitato dei Diritti umani della Commissione Esteri. “Il rispetto delle minoranze etniche e la sopravvivenza delle comunità indigene sono strettamente legate alla salvaguardia dell’ambiente. Vorremmo sensibilizzare il Parlamento su questo punto che per noi è fondamentale”, ha spiegato Pia Locatelli, presidente del Comitato Diritti umani della Camera, che insieme a Eleonora Cimbro, membro del Comitato hanno accompagnato Simayiai Muteleu e Yahayae Ivano Carcano, Presidente de “Lo Spirito del Pianeta. L’Assemblea dei popoli Indigeni celebrera’ il suo festival, dal titolo ‘Lo Spirito del Pianeta’, che si terra’ tra il 27 maggio e il 12 giugno a Chiuduno, in provincia di Bergamo. Nella presentazione a Montecitorio, non e’ mancato un accenno alla politica nazionale. Votera’ per il referendum costituzionale di ottobre? “Purtroppo no. Sono sposata con un italiano, ma non ho ancora la cittadinanza italiana”, ha risposto Susan Simayiai Muteleu.

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Coppie di fatto, la prima proposta fu del PSI 28 anni fa http://www.pialocatelli.info/coppie-di-fatto-la-prima-proposta-fu-del-psi-28-anni-fa/ http://www.pialocatelli.info/coppie-di-fatto-la-prima-proposta-fu-del-psi-28-anni-fa/#respond Thu, 12 May 2016 17:27:19 +0000 http://www.pialocatelli.info/?p=2611 Fu il Psi il primo a parlare di coppie di fatto e di convivenze. Lo ricorda Pia Locatelli in un’intervista all’Avanti!: “la proposta di legge Disciplina della famiglia di fatto, fu presentata da Alma Cappiello (nella foto) come prima firmataria e sottoscritta da alcuni deputati e deputate dell’epoca, nel corso della X legislatura. Era la grande stagione dei diritti e delle riforme, quando il Psi e i Radicali portarono avanti storiche battaglie sui diritti civili. Nella seconda metà degli anni ’80 come donne socialiste incominciammo a lavorare  ed elaborare politiche organiche per le famiglia: furono presentate dieci proposte che affrontavano temi diversi, che partivano dalla lettura senza pregiudizi della società, osservandola nelle sue trasformazioni. Parlavamo di assegni di maternità e di congedi parentali, di asili nido e consultori familiari, ancor oggi insufficienti, di detrazioni di imposte per baby sitter, di famiglie di fatto, di affido e di adozione”.

Leggi l’intervista su Avanti!online

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Intervento al Congresso di Salerno http://www.pialocatelli.info/intervento-al-congresso-di-salerno/ http://www.pialocatelli.info/intervento-al-congresso-di-salerno/#respond Sun, 17 Apr 2016 11:47:02 +0000 http://www.pialocatelli.info/?p=2322 4° Congresso nazionale PSI

Salerno 15-17 aprile 2016

Intervento di Pia Locatelli

 

Compagne, compagni, quest’anno celebro il mio 42esimo anniversario come iscritta al Partito socialista. Era il 1974, avevamo alle spalle quasi 80 anni di storia gloriosa e un futuro di crescita. Ho vissuto l’ascesa del Partito, la grande stagione delle riforme, la crescita dei consensi, i risultati dei governi con i socialisti e a guida socialista. E ho vissuto la caduta, la perdita di voti e di influenza, l’ostracismo negli anni di Tangentopoli, la tenacia e la resistenza degli ultimi segretari, tra mille difficoltà e anche errori, di mantenere in vita un simbolo, una bandiera, una rappresentanza all’interno del Parlamento. Abbiamo perso compagni in questi anni. Alcuni per divergenze politiche, altri, una buona parte, nella speranza di carriere e incarichi, altri ancora perché ritengono inutile la sopravvivenza di un partito alleato del PD e hanno preferito confluirvi.

Io dico: no grazie. Questa è la mia casa, questa è la mia famiglia e nelle famiglie si litiga, si discute, si esprimono opinioni diverse, ma c’è poi un legame più forte e profondo che ti fa restare. Nessuna sirena, nessuna promessa, nessuna divergenza può avere il sopravvento sulla mia appartenenza al Psi. Qui ho iniziato a fare politica e qui finirà la mia carriera.

E mi dispiace moltissimo che alcuni compagni più critici non siano qui oggi a discutere, non abbiano manifestato il loro dissenso presentando magari una mozione alternativa, scegliendo invece questa sorta di Aventino che potrebbe anche portare a una nuova inutile scissione. Non ho mai accettato supinamente le decisioni del vertice del Partito, e il segretario Nencini lo sa bene, ma sono dell’opinione che critiche e opposizioni si fanno all’interno, tra le pareti di casa: ci si confronta, si vota e la maggioranza decide. Dentro casa grandi litigate, fuori uniti e leali.

E veniamo al nodo politico. C’è, c’è stata, una parte di compagni che sostiene che non ha alcun senso mantenere in vita un piccolo partito e che il nostro destino è inevitabilmente quello di finire nel Pd; c’è chi al contrario vorrebbe maggiore autonomia e diverse alleanze, con le altre forze della sinistra. Personalmente, e in questo concordo con la mozione congressuale sulla quale quindi esprimerò il mio voto favorevole, non ritengo percorribile nessuna delle due ipotesi. La prima, per le ragioni che ho detto e per altre che espliciterò in seguito, la seconda perché, e la storia ce lo dimostra, non credo né nel successo di una “piccola cosa rossa”, come sta tentando di fare Civati, né purtroppo (e qui inviterei i compagni che sostengono questa tesi ad essere realisti) nella nostra possibilità di essere in qualche modo rappresentati in Parlamento, nelle Regioni o nei singoli Comuni, con qualche rara eccezione, nel caso ci presentassimo in perfetta solitudine. Voglio ricordare che è stata l’alleanza “Italia bene comune”, a riportare i socialisti in Parlamento e sul cui programma siamo stati eletti.

Quel programma è il mio punto di riferimento e su quello abbiamo lavorato e stiamo lavorando come gruppo parlamentare alla Camera.

In questi tre anni in Parlamento abbiamo portato avanti le nostre idee laiche, europeiste e socialiste. Lo abbiamo fatto restando leali alla maggioranza e al Governo, ma anche esprimendo criticità e dissenso. Perché essere alleati non vuol dire accettare e approvare tutto quello che ci viene proposto. Con il collega Pastorelli siamo intervenuti su direi tutti i provvedimenti e le mozioni votate nel corso della legislatura. E’ stato ed è un lavoro enorme, perché essendo ora in due tesserati nella componente ci siamo dovuti occupare degli argomenti più disparati, anche di quelli che non rientravano nelle nostre più strette competenze, con il risultato di dover fare anche tre interventi diversi nella stessa giornata, il che ci ha senz’altro dato visibilità all’interno del Parlamento. Pensate che ci sono colleghi che non hanno mai preso la parola in Aula, mentre noi ci conoscono tutti! Il che ha dato vita anche a siparietti piuttosto divertenti come quando la presidente Boldrini al terzo intervento della giornata ed il sesto della settimana di Oreste disse “e ora diamo la parola al solito onorevole Pastorelli”…

Elencare qui tutto il lavoro che abbiamo svolto sarebbe quindi impossibile, oltre a richiedere tempi improponibili per la vostra attenzione. Citerò dunque i temi che ci stanno più a cuore e sui quali ci siamo maggiormente caratterizzati.

Inizierei con l’Europa. Mai come adesso c’è bisogno di Europa, di strategie comuni per far fronte ai temi critici del momento. Primo fra tutti la lotta al terrorismo, che si persegue non sospendendo la Convenzione per la salvaguardia dei Diritti Umani e delle Libertà fondamentali, cioè sospendendo i diritti umani dei cittadini, come ha fatto la Francia di Hollande e qualcun altro suggerisce di fare, bensì attraverso una maggiore condivisione delle informazioni fondata sulla cooperazione tra Stati, soprattutto a livello di intelligence, nella consapevolezza che siamo tutti sotto attacco e che in questi frangenti si risponde con unità e coesione e non con polemiche e squallide speculazioni alla ricerca di consensi, facendo leva sulla paura.

Altro tema che riveste carattere di priorità è la gestione dei flussi migratori che riguardano i richiedenti asilo: rifiutiamo categoricamente l’equivalenza tra rifugiati e terroristi che alcuni sostengono. Ricordiamo invece che la maggior parte di loro fugge proprio dal terrore e dalla violenza di Daesh. E’ di questi giorni la nuova barriera innalzata al Brennero per arginare i flussi migratori, una vergogna che fa vacillare ulteriormente l’Europa di Schengen e dispiace che a innalzarla sia stato un governo il cui capo è membro della nostra famiglia socialista europea.

Noi socialisti restiamo dubbiosi, anzi critici, nei confronti dell’accordo con la Turchia e lo abbiamo detto chiaramente in Aula. In tema di rifugiati le regole sono chiare: abbiamo il dovere di accogliere accordando protezione internazionale a chi ne ha diritto. Possiamo discutere di come (e le regole di Dublino vanno cambiate) ma non se accogliere queste persone: negare protezione internazionale a chi ne ha diritto è opzione morale inaccettabile, è violazione del diritto internazionale.

Non permettiamo che la crisi dei migranti faccia vacillare l’Unione europea e le faccia perdere la sua anima. La chiusura di Schengen da parte di alcuni Stati rappresenta un fallimento per tutti che, oltre ad avere pesanti ripercussioni negative sull’economia, mette in discussione quello che è l’atto fondante più tangibile dell’unità europea stessa.

Parlare di rifugiati e di accoglienza equivale a parlare di diritti umani e del loro rispetto. Un tema che abbiamo sollevato più volte in Parlamento, sostenendo da subito la missione Mare nostrum e opponendoci alla sua interruzione attraverso la presentazione di una mozione che è stata approvata. E voglio anche ricordare l’approvazione della legge sul diritto di cittadinanza (il Psi è stato il primo partito a presentarla), o il nostro impegno per l’abolizione del reato di clandestinità.

La difesa dei diritti umani, che sono diritti della persona e quindi inalienabili, è da sempre una battaglia storica dei socialisti ed è per questo che ho accolto con piacere la mia recente nomina a presidente del Comitato diritti umani della Camera.

Il tema dei diritti umani sembrava sopito, da tempo lontano dall’attenzione dell’opinione pubblica interna e internazionale. Anche solo pochi decenni fa la mobilitazione per la loro tutela era quasi automatica, determinava risposte politiche, mentre è innegabile che con il passar del tempo si sia verificata una caduta di sensibilità e di solidarietà.

Ora però il tema è drammaticamente ritornato in evidenza e di attualità per i fatti tragici che sono sotto gli occhi di tutti:

– in primis il caso Regeni, la vicenda drammatica di queste settimane che sta risvegliando questa sensibilità, non solo nel nostro Paese;

– ma anche l’accordo tra UE e Turchia in tema di rifugiati, entrato in vigore il 4 aprile, che ha visto molte organizzazioni che si occupano di diritti umani reagire con preoccupazione.

Nel secondo caso la considerazione è palese: la Turchia non è un campione in fatto di diritti umani per i suoi cittadini, non è difficile immaginare che lo sia ancor meno per quelli provenienti da altri Paesi.

La difesa dei diritti umani si è spesso scontrata con le ragioni di realpolitik. Siamo stati testimoni di tante situazioni in cui il mantenimento dei buoni rapporti fra Paesi ha fatto chiudere gli occhi di fronte a gravi casi di violazioni (v. il caso dei desaparecidos argentini tra i nostri connazionali). Questo tema è stato al centro di un recente convegno che abbiamo promosso alla Camera come Comitato dei diritti umani dal titolo “La sfida dei diritti umani nelle relazioni internazionali: tra affermazioni di principio e limiti della Realpolitik”.

L’attività del gruppo socialista alla Camera è stata particolarmente significativa per quanto riguarda un altro tema a noi caro: quello dei diritti civili. In questo Parlamento noi siamo la voce laica che sostiene fino in fondo le libertà delle persone. Ci siamo battuti per il divorzio breve ed è stato grazie a un nostro emendamento se la legge approvata definitivamente ora consente lo scioglimento del matrimonio in tempi molto rapidi.

Abbiamo insistito perché la legge contro l’omofobia, approvata dalla Camera ma ancora non discussa in Senato, fosse più incisiva.

Ci siamo battuti per l’approvazione del ddl Cirinnà sulle unioni civili comprensivo della stepchild adoption, e coerentemente, nonostante le critiche di alcuni colleghi del PD, abbiamo presentato emendamenti che la ripristinino nel provvedimento giunto ora in discussione alla Camera.

Abbiamo presentato sia al Senato sia alla Camera una nuova proposta di legge che prevede l’adozione per i singoli e per le coppie anche dello stesso sesso.

Abbiamo promosso, attraverso il lavoro con l’Intergruppo, la legalizzazione della cannabis presentando una proposta di legge che va in quella direzione.

Abbiamo presentato un provvedimento per il fine vita e, attraverso l’Intergruppo per l’eutanasia e il testamento biologico, siamo riusciti a ottenerne la calendarizzazione e l’avvio della discussione nelle Commissioni Giustizia e Affari sociali.

Ci siamo impegnati per la libertà di ricerca smascherando la “bufala” della vicenda Stamina, e riuscendo a far sì che quei fondi venissero destinati alla ricerca e alla sperimentazione con cellule staminali di tutte le malattie rare.

Ci siamo battuti e continuiamo a batterci per lo smantellamento definitivo della legge sulla fecondazione assistita, per consentire che gli embrioni giudicati troppo vecchi o inadatti a essere impiantati vengano utilizzati per la ricerca.

Abbiamo denunciato e continuiamo a denunciare la mancata applicazione della legge 194 a causa dell’aumento spropositato dell’obiezione di coscienza, che rende il ricorso all’aborto un vero calvario per le donne.

Abbiamo chiesto e ottenuto che nella legge elettorale e nella legge di riforma costituzionale fossero inseriti emendamenti volti “a promuovere” (noi avremmo preferito “a garantire”) la parità di genere.

Abbiamo presentato emendamenti alla Legge di stabilità per estendere alle lavoratrici autonome e alle imprenditrici, in via sperimentale, il voucher per le baby sitter e per aumentare a 15 giorni il congedo per i neo papà.

E sono fiera di dire che in queste battaglie per i diritti delle donne, che sono il leitmotiv di tutta la mia attività politica, noi socialisti in Parlamento siamo stati protagonisti, nel promuoverle e nel sostenerle.

 

Per quanto riguarda l’ambiente e la promozione di un’economia sostenibile, altro punto che ci caratterizza, tanto più con l’assenza in Parlamento di un partito “Verde”, la componente socialista è riuscita a inserire alcune sue proposte sia nella Legge di stabilità sia nel Collegato Ambiente, e su questo percorso intende insistere anche nei prossimi mesi, sostenendo con forza la proposta di legge Pastorelli. E’ una proposta sottoscritta da 29 tra deputate e deputati di quasi tutti i gruppi della Camera che incentiva all’acquisto di veicoli elettrici per il trasporto pubblico tramite appositi sgravi fiscali. Ma di questo tema parlerà, credo, Oreste Pastorelli.

 

Sul fronte della giustizia ci siamo impegnati per la depenalizzazione dei piccoli reati, per l’uso di pene alternative al carcere, per la riforma del processo civile e penale.

Non abbiamo seguito la deriva grillina, fatta propria anche se con massicci cambiamenti dal PD, sulla legge sulla segnalazione di reati sul posto di lavoro e ci siamo astenuti dal votarla.

Siamo stati fedeli alla nostra storia garantista sempre, anche quando si è trattato di intervenire a sostegno di personaggi scomodi.

E su questo punto non posso che esprimere la mia preoccupazione per la tendenza a sposare una certa voglia di populismo giudiziario. Lo dico sapendo di andare in conflitto con i nostri compagni al Senato: ho votato, per lealtà al partito e alla maggioranza a cui appartengo, la legge sull’omicidio stradale ma trovo spropositate le pene che vengono previste. Ho letto sul “Sole 24 Ore” il commento durissimo della Giunta dell’Unione delle Camere penali che a questo proposito parla di “assoluto disprezzo per i canoni più elementari della “grammatica” del diritto penale” e di “arretramento verso forme di imbarbarimento del diritto penale”.

Così come reputo sbagliato vietare per legge la maternità surrogata, non perché sia a favore dell’utero a pagamento (che tra l’altro è vietato dall’articolo 21 della Convenzione di Oviedo e dall’articolo 3 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea), ma perché esiste una differenza tra “gestazione lucrativa”, ossia retribuita, e “gestazione altruistica”, ossia a titolo gratuito, che può essere un atto di amore, di generosità.

Ma provate a pensare a questo parallelo: commercializzare organi umani a scopo di lucro è esecrabile, ma la donazione di organi e tessuti del proprio corpo a fine altruistico è apprezzabile.

Allora impegniamoci a promuovere, a livello nazionale e internazionale, il contrasto ad ogni forma di sfruttamento riproduttivo, in particolare nel caso delle donne vulnerabili, soprattutto le donne povere, soprattutto quelle nei Paesi in via di sviluppo spesso incapaci di esprimere un consenso libero e privo di condizionamenti.

Soprattutto impegniamoci a non assumere iniziative che penalizzano i bambini nati attraverso GPA salvaguardando quindi, sempre e comunque, il primario interesse dei e delle minori.

E poi, ricordando il nostro impegno per la depenalizzazione dell’aborto, quando si tratta di libertà delle persone i divieti e le punizioni si sono da sempre dimostrati inutili e alla fine chi verrebbe maggiormente penalizzato sarebbero proprio i bambini e le bambine nati attraverso quella pratica.

 

Non posso concludere la disamina della nostra attività parlamentare senza parlare delle due leggi più importanti di questa legislatura. La riforma elettorale e la riforma della Costituzione. Le abbiamo votate, ma, lo abbiamo detto chiaramente: non sono esattamente le leggi che volevano i socialisti. Sarebbe stato senza dubbio meglio adottare la strada maestra di un’Assemblea Costituente che, svincolata dall’esame di altri provvedimenti, avrebbe potuto dedicare più tempo e andare più in profondità in un clima complessivo di maggiore serenità, pur senza escludere il confronto, se necessario anche aspro. Sulla legge elettorale abbiamo presentato emendamenti e alcuni sono stati accolti, come l’aumento della soglia per il premio di maggioranza; abbiamo già chiesto una revisione dell’Italicum per garantire, insieme alla governabilità, che è fattore importante, la rappresentanza.

Riteniamo inoltre un errore, e lo abbiamo detto nel corso della dichiarazione di voto la scelta del Presidente del Consiglio di esporsi in prima persona, legando strettamente l’esito del referendum del prossimo ottobre alla durata del suo Governo: è una forzatura che si dovrebbe evitare. Ma forse ci sta ripensando. Giustamente.

Non serve il tifo pro o contro: stiamo parlando di modifica della Carta costituzionale. E trasformare il voto referendario in una sorta di plebiscito è un errore che abbiamo già visto fare e che certamente non porta nulla di buono. Al referendum vince o perde il Paese, non Matteo Renzi, e il Paese non ha bisogno di prove: ha bisogno di essere riformato.

Abbiamo votato a favore della riforma della Costituzione, in primo luogo perché supera il bicameralismo perfetto, cosa che i socialisti andavano chiedendo dalla Conferenza di Rimini del 1982, e perché non vogliamo lasciare alibi a nessuno per giustificare le difficoltà del Paese attribuendole ad una mancata riforma costituzionale.

E qui ritorno al nodo politico. Ci piace tutto quello che fa il Governo Renzi? Penso di esprimere il malcontento di tanti compagni se affermo che non tutto ci piace, anche perché molte cose non corrispondono a quell’accordo di Italia bene comune che era la nostra linea programmatica.

Di quel programma, steso con il Pd di Bersani e con Sel, e soprattutto della sua ‘anima’ politica, è rimasto ben poco. Il fatto è che quell’alleanza non c’è più, si è dissolta nei primi giorni della legislatura. Dobbiamo prenderne atto ma, ed è un grande ma, non vorrei che si stesse scivolando sempre più verso il Partito della Nazione, un partito che ha poco a che vedere con la storia socialista e con le nostre tradizioni di sinistra.

Badate bene: io non penso che si debba uscire dalla maggioranza di governo. No, io penso però che si possa avere un ruolo più incisivo, pur nella consapevolezza dei nostri limiti numerici.

Questo non significa – ripeto – chiedere un’uscita dalla maggioranza o dal Governo, ma più semplicemente e coraggiosamente voler svolgere un ruolo di alleati che siano, quando è utile, anche critici o, perfino, in disaccordo.

Avere un profilo più netto, politicamente nitido e incisivo, potrebbe, magari con l’aiuto di forze interne allo stesso Pd, contribuire a far sì che il più forte partito della famiglia del socialismo europeo non finisca per trasformarsi in una sorta di ‘Partito rivoluzionario istituzionale’ alla messicana o di quel ‘Partito della Nazione’ auspicato da Verdini.

Io vorrei cercare di spostare più a sinistra l’asse della maggioranza, distinguendoci, facendo sentire la nostra voce laica e riformista e dicendo anche dei no, quando non siamo d’accordo. In quest’ottica guardo con favore a un’eventuale alleanza con le forze laiche e radicali prospettata nella mozione congressuale.

C’è un vuoto a sinistra che non può essere occupato dai nostalgici comunisti o dagli esperimenti di Possibile. E’ quello il nostro spazio e dobbiamo riprendercelo. Non andando all’opposizione ma restando nella maggioranza. Un ruolo che non solo troverebbe il consenso di tanti compagni che oggi si sentono senza bussola e che temono di sparire fagocitati dal Pd, ma che forse potrebbe rivelarsi perfino utile a Renzi che, nonostante tutto, a volte si muove affannosamente per allontanare da sé l’accusa di un centrismo esasperato.

 

Compagni e compagne, io vorrei che noi tutti avessimo più fiducia in noi stessi. Vorrei che mostrassimo più coraggio, caparbietà, determinazione nello sfidare gli eventi, meno soggezione per il mondo virtuale del web inquinato dai ‘mi piace’ di facebook. È un mondo che non ci appartiene, soggetto a cambiamenti di opinione repentini, che possiamo e dobbiamo usare come strumento, quando serve, ma che non può essere il nostro punto di riferimento.

Noi teniamo alle nostre solide radici che affondano nella cultura del Novecento, ma con lo sguardo e l’azione rivolti al 21° secolo.

Pensate a quanto è paradossale che negli Usa un candidato alla Casa Bianca, Bernie Sanders, raccolga consenso popolare, fino a ieri inimmaginabile, soprattutto tra i giovani, parlando di… socialismo! Sì, di socialismo in America! Vogliamo non farlo noi in Europa, culla della socialdemocrazia?

Davvero dobbiamo dismettere la bandiera del socialismo e affidarci alle idee di Denis Verdini?

No, è vero proprio il contrario. Quella nostra bandiera dobbiamo tornare a sollevarla e a sventolarla con più forza di prima.

Viva il socialismo!

 

 

 

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