Diritti Umani – Pia Locatelli http://www.pialocatelli.info Una Socialista europea alla Camera per una Sinistra europea al Governo Fri, 30 Mar 2018 08:35:28 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.0.3 Quello che dobbiamo chiedere a Recep Tayyip Erdoğan http://www.pialocatelli.info/quello-che-dobbiamo-chiedere-a-recep-tayyip-erdogan/ http://www.pialocatelli.info/quello-che-dobbiamo-chiedere-a-recep-tayyip-erdogan/#respond Mon, 05 Feb 2018 10:25:12 +0000 http://www.pialocatelli.info/?p=6212  

La crisi siriana con il drammatico esodo di milioni di civili, i contrasti armati con le popolazioni curde di confine, la pressione della Repubblica iraniana per accrescere il suo ruolo nella regione così come quello della Russia, hanno visto la Turchia assumere una posizione di primo piano per il controllo e la ridefinizione degli equilibri tra Asia ed Europa.

È opinione comune e largamente condivisa che la costruzione di un rapporto più stretto con l’Unione Europea non debba essere abbandonata, ma al contrario che vada fatto ogni sforzo possibile per mantenere e rafforzare i legami plurisecolari che la Turchia ha con l’Europa proprio e soprattutto nel momento in cui le tensioni nell’area sembrano farsi più forti e insidiose proiettando scenari di miseria, fame, malattie e morte. Un legame più solido di quello attuale costituirebbe difatti un’efficace assicurazione contro la crescente destabilizzazione.

L’Italia negli ultimi decenni ha avuto rapporti stretti e reciprocamente vantaggiosi, su un piano di rispetto e mutua comprensione, con la Turchia e questo ha decisamente contribuito al reciproco sviluppo in tutti i campi, non solo in quello economico.

È interesse strategico del nostro Paese, oggi costretto a rispondere quasi da solo alla drammatica sfida delle migrazioni di massa, rafforzare i legami con i Paesi del bacino del Mediterraneo, come la Turchia, per giungere ad un controllo di questo fenomeno che origina soprattutto dal mancato sviluppo economico.

Noi siamo però fermamente convinti che la Turchia possa aspirare a un futuro migliore solo se saprà avanzare con decisione anche sul terreno della democrazia e delle libertà e per questa ragione nel momento in cui il presidente Erdoğan si appresta a incontrare i rappresentanti delle nostre Istituzioni, vogliamo chiedere il più forte e deciso impegno al rispetto dei diritti umani e a garantire processi equi alle migliaia di persone che sono state arrestate dopo il tentato golpe del 2016.

Come Presidente del Comitato diritti umani della Commissione esteri della Camera dei Deputati, nel momento in cui mi accingo a lasciare definitivamente il Parlamento, voglio ricordare con forza che è nel nostro reciproco interesse, dell’Italia e della Turchia, costruire un rapporto solido e duraturo, ma che questo non può contenere margini di ambiguità sul rispetto dei diritti umani non solo perché tradiremmo la nostra storia, ma anche perché sarebbe un atto di miopia politica che getterebbe un’ipoteca colossale che prima o poi, inevitabilmente, giungerebbe all’incasso.

 

Pia Locatelli

Presidente Comitato diritti umani

Commissione esteri Camera dei Deputati

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Turchia, Erdogan rispetti i diritti umani e garantisca processi equi http://www.pialocatelli.info/turchia-erdogan-rispetti-i-diritti-umani-e-garantisca-processi-equi/ http://www.pialocatelli.info/turchia-erdogan-rispetti-i-diritti-umani-e-garantisca-processi-equi/#respond Mon, 05 Feb 2018 10:22:56 +0000 http://www.pialocatelli.info/?p=6210  “Noi riteniamo che la Turchia possa aspirare a un futuro migliore solo se saprà avanzare con decisione anche sul terreno della democrazia e delle libertà e per questa ragione vogliamo chiederle il più forte e deciso impegno al rispetto dei diritti umani e a garantire processi equi alle migliaia di persone che sono state arrestate dopo il tentato golpe del 2016”. Questo quanto ha scritto Pia Locatelli, presidente del comitato Diritti umani della Camera in una lettera inviata al presidente Erdogan in occasione della sua visita a Roma.

“Riteniamo  – prosegue – che sia nel nostro reciproco interesse costruire un rapporto solido e duraturo, ma che ma che questo non può contenere margini di ambiguità sul rispetto dei diritti umani non solo perché tradiremmo la nostra storia, ma anche perché sarebbe un atto di miopia politica che getterebbe un’ipoteca colossale che prima o poi, inevitabilmente, giungerebbe all’incasso”. 

Il testo dell’appello

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Violazione dei diritti umani in Cambogia http://www.pialocatelli.info/violazione-dei-diritti-umani-in-cambogia/ http://www.pialocatelli.info/violazione-dei-diritti-umani-in-cambogia/#respond Tue, 12 Dec 2017 11:20:58 +0000 http://www.pialocatelli.info/?p=6133
Martedì 12 dicembre 2017, seduta n. 899

La III Commissione,

premesso che:

la Corte Suprema cambogiana ha ordinato lo scioglimento del principale partito di opposizione, il Partito cambogiano di salvezza nazionale (CNRP), accogliendo una richiesta del Ministero dell’interno in relazione a un presunto tentativo di far cadere il Governo con una rivoluzione popolare;

il verdetto è largamente considerato frutto di un uso politico della magistratura da parte del Governo ed una forma di ritorsione del primo ministro Hun Sen di fatto per punire il CNRP per essersi opposto alla sua riforma costituzionale;

con lo scioglimento del CNRP viene eliminata qualunque opposizione parlamentare al Governo e qualsiasi ostacolo alla riconferma del Primo ministro Hun Sen, ininterrottamente al potere dal 1985, essendo le prossime lezioni previste per il mese di luglio 2018;

è stato arrestato il leader del CNRP, Kem Sokha, in violazione della sua immunità parlamentare; lo scioglimento del CNRP viola il principio stesso della rappresentanza parlamentare su cui si basano tutte le democrazie, interrompe il processo di democratizzazione della Cambogia e riporta le lancette dell’orologio indietro a prima del 1991, quando venne firmato il trattato di pace con gli Accordi di Parigi;

i 55 seggi sottratti al CNRP sono stati ridistribuiti ad altri partiti senza che vi sia stato un nuovo turno elettorale,

impegna il Governo:

a esprimere in tutte le sedi opportune la preoccupazione per la repressione politica in Cambogia e per le misure restrittive nei confronti di partiti, esponenti politici, organizzazioni per i diritti umani, giornali e stazioni radio e per l’arresto e la detenzione del leader del CNRP, Kem Sokha;

a chiedere maggiori e veritiere informazioni relative al processo a carico di Kem Sokha e degli altri oppositori politici e garanzia di un giusto svolgimento del processo stesso;

ad esprimere, nelle competenti sedi, la propria netta contrarietà alla decisione di sciogliere il CNRP e di ridistribuire, ad avviso della firmataria del presente atto, arbitrariamente, i seggi ad altri partiti minori;

a coordinarsi con altri Paesi europei, in particolare quelli che hanno firmato gli Accordi di pace di Parigi sulla Cambogia (Francia, Regno Unito, Germania, Paesi Bassi, Polonia) per creare le condizioni per la ripresa del processo di democratizzazione in Cambogia, a partire dallo svolgimento di elezioni libere e giuste per il popolo cambogiano.
(7-01419) «Locatelli».

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Migranti, bene il Piano Minniti sull’integrazione http://www.pialocatelli.info/migranti-bene-il-piano-minniti-sullintegrazione/ http://www.pialocatelli.info/migranti-bene-il-piano-minniti-sullintegrazione/#respond Sat, 11 Nov 2017 14:47:54 +0000 http://www.pialocatelli.info/?p=5954 “Il primo “Piano nazionale integrazione migranti”, varato dal ministro Minniti,  cerca di disegnare un modello di convivenza con i cittadini italiani sulla base dei valori della nostra Costituzione. Nell’insieme non è un’operazione ‘buonista’, di ‘facciata’, ma un progetto articolato per tentare di controllare il fenomeno e consentire ai migranti che sono arrivati e ancora arriveranno, di convivere con noi, riducendo gli attriti, soprattutto quelli che sicuramente avremo in futuro se non saremo stati capaci di provvedere a uno straccio di integrazione”. Lo ha detto Pia Locatelli intervenendo a Lecce al seminario organizzato dai Lions “Immigrazione e cooperazione internazionale”.

” Il Piano  – ha aggiunto  – è nato ascoltando chi poi vi deve mettere mano ed è stato basato su alcuni principi chiari e semplici che non possiamo che condividere.
Chi è accolto si impegna a imparare la lingua italiana, a condividere i valori della Costituzione, a rispettare le leggi, a partecipare alla vita economica, sociale e culturale del territorio in cui vive. In cambio il nostro Paese si impegna ad assicurare l’uguaglianza e la pari dignità, la libertà di religione, l’accesso all’istruzione e alla formazione, a facilitare l’inclusione. In concreto dobbiamo dare parità di trattamento nell’accesso alle cure, all’alloggio e alla residenza. E poi, corsi di lingua, inserimento lavorativo. I nodi però non mancano.
Il piano ricorda che l’accesso all’assistenza sanitaria è un diritto sancito dalla Costituzione Italiana, ma che l’offerta e l’accesso ai servizi sanitari da parte dei titolari di protezione nel nostro Paese risulta eterogenea, con disuguaglianze che gravano in modo particolare sui soggetti più vulnerabili, come le vittime di tratta, di tortura o di stupri, i lavoratori sfruttati, i minori non accompagnati e i sopravvissuti ai naufragi. Lo stesso piano riconosce tra gli elementi più critici dell’integrazione, la mancanza di conoscenza dei servizi disponibili, le differenze linguistiche, i diversi atteggiamenti culturali nei confronti della salute e dell’assistenza sanitaria e la mancanza di una rete sociale di supporto”.

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Iran, interpellanza su condanna a morte del ricercatore Djalali http://www.pialocatelli.info/5925-2/ http://www.pialocatelli.info/5925-2/#respond Fri, 10 Nov 2017 10:29:36 +0000 http://www.pialocatelli.info/?p=5925 Il testo dell’interpellanza

Il 21 ottobre 2017, esattamente venti giorni fa, il dottor Djalali, un medico ricercatore iraniano di 45 anni, è stato condannato a morte da un giudice del tribunale rivoluzionario dell’Iran con l’accusa di essere una spia al servizio di Israele. L’esecuzione della condanna a morte potrebbe essere imminente e fare seguito alla scadenza dei venti giorni concessi per proporre un ricorso contro la sentenza.

Il dottor Djalali, che è di cittadinanza iraniana, ma residente in Svezia, è stato arrestato senza mandato o senza un’accusa ufficiale il 24 aprile dello scorso anno mentre si trovava in Iran per un ciclo di conferenze presso le università di Teheran e Shiraz; imprigionati in una sezione speciale del carcere di Evin, gli è stato negato un avvocato ed ha effettuato scioperi della fame e della sete per ribadire la propria innocenza ed ottenere un giusto processo. Ad oggi, restano ignote le prove che ne hanno determinato l’arresto e la condanna.

Il dottor Djalali, medico ed esperto di medicina dei disastri di emergenza, è uno scienziato conosciuto e rispettato nella comunità scientifica internazionale per le sue ricerche e per il suo insegnamento di alta qualità. Dal 1997 al 2007 ha lavorato in Iran nel campo della gestione dei disastri naturali e tecnologici in qualità di ricercatore, docente e programmatore, prima presso il Ministero della salute e poi all’Istituto di ricerca sulle catastrofi naturali.

Nel 2008 ha iniziato un dottorato di ricerca presso il Karolinska Institutet a Stoccolma, e ha poi ottenuto il master europeo di medicina dei disastri presso l’Università di Vercelli e quella di Bruxelles. Dal 2012 al 2016 è stato ricercatore post-doc presso il centro di ricerca Emergencyanddisastermedicine dell’Università del Piemonte Orientale, ed è accademico affiliato a Stoccolma e a Bruxelles. Ha inoltre coordinato vari programmi di formazione e di ricerca della Commissione europea per i sistemi sanitari nel settore della gestione della crisi, dell’istruzione, del terrorismo e degli eventi CBRNE – che è un acronimo che sta per chimici, biologici, radiologici, nucleari ed esclusivi – dei Paesi della UE. Nello stesso tempo ha mantenuto la cooperazione accademica e operativa con le università e i centri di ricerca iraniani per la gestione della crisi e i programmi di difesa passiva, tutti pubblici e non classificati sotto l’aspetto della sicurezza. La motivazione della condanna a morte risiederebbe nella collaborazione del medico ricercatore con Paesi nemici, con un riferimento specifico allo Stato di Israele, ma è stato lo stesso Djalali, secondo quanto riferito in un articolo della rivista Nature, a fornire una ben diversa spiegazione del suo arresto: il dottor Djalali non solo non ha mai coltivato gli interessi di Israele o di qualsiasi altro Stato straniero, ma esattamente, al contrario, il suo arresto sarebbe la conseguenza del suo rifiuto a raccogliere informazioni per conto dei servizi segreti iraniani durante la sua permanenza all’estero; la sua attività di ricercatore lo ha portato infatti a visitare strutture ospedaliere e di ricerca in diversi Paesi, compresa l’Italia.

Di sicuro, come testimoniato da numerosissimi attestati di scienziati e ricercatori, non ultimi i rettori delle università di Stoccolma, Bruxelles e Torino, il dottor Djalali è uno stimatissimo ricercatore che si è occupato del ruolo degli ospedali in caso di catastrofe e della sicurezza degli stessi nell’esposizione a rischi diversi, compresi quelli chimici, batteriologici e nucleari, nonché nella formazione dei professionisti che operano nella risposta ai disastri di varia natura. Al di là della personalità del dottor Djalali, della gravità del fatto che l’accusa e l’arresto di uno scienziato suonano come una pericolosa minaccia alla libertà e all’indipendenza della ricerca scientifica, dell’apparente pretestuosità delle accuse che gli sono state mosse, della modalità del suo arresto e della sua detenzione, proprio per la qualità e la quantità dei rapporti che intercorrono tra l’Italia e la Repubblica Iraniana, per l’amicizia che lega i nostri popoli, non possiamo accettare in silenzio che si allunghi ulteriormente la lista delle esecuzioni capitali inflitte dai tribunali di quel Paese. Per questo, le chiediamo di sapere quali iniziative il Governo italiano abbia adottato nei mesi scorsi, come dichiarato dal Ministro degli affari esteri, Angelino Alfano, il 23 ottobre 2017, e quali ulteriori passi intenda adottare alla luce dell’imminente – proprio oggi – scadenza dei tempi per scongiurare l’esecuzione della sentenza e restituire alla libertà il dottor Djalali.

La risposta del sottosegretario Giro

Presidente, la Farnesina, anche per il tramite dell’ambasciata italiana a Teheran, segue con attenzione il caso del dottor Djalali, cittadino iraniano residente in Svezia che in passato ha collaborato anche con l’Università Statale del Piemonte Orientale; segue la sua situazione sin dal gennaio 2017, quando è giunta la notizia del suo arresto in Iran, nell’aprile 2016, con l’accusa di attività sovversiva e spionaggio.

Abbiamo sollevato il caso più volte con le autorità iraniane, sia a livello diplomatico, con il nostro ambasciatore, che a livello politico, come Farnesina, e continueremo a sensibilizzare Teheran al riguardo. La Farnesina ha affrontato anzitutto, per la prima volta, il tema con l’ambasciatore iraniano a Roma il 7 febbraio scorso. Successivamente, la Ministra fedeli ha sollevato la questione nel corso della sua missione Iran, il 19 e 20 aprile, così come il sottosegretario Amendola, in visita a Teheran dal 2 al 4 maggio scorso. A giugno, l’ambasciatore d’Italia a Teheran ha svolto un passo con il Segretario generale del Consiglio supremo dei diritti umani, Javad Larijani. Il sottosegretario Amendola ha nuovamente ricordato il caso al Viceministro iraniano Ravanchi nel corso della sua missione a Teheran il 5 e 6 agosto scorsi, auspicandone una positiva soluzione in uno spirito umanitario e nel rispetto dell’ordinamento interno iraniano.

Malgrado tali interventi, cui si aggiungono quelli condotti dai partner dell’Unione europea, inprimisdella Svezia, che, in base alla propria normativa nazionale è tenuta a fornire protezione consolare anche agli stranieri residenti sul suo territorio, il 24 ottobre scorso il procuratore generale di Teheran ha dichiarato pubblicamente che Djalali è stato condannato a morte per spionaggio a favore di Israele e contrasto alla volontà di Dio. Il dottor Djalali ha 20 giorni a disposizione per presentare appello. La questione è stata immediatamente discussa inloco dai capi missione dell’Unione europea, e il 28 ottobre scorso l’ambasciata d’Italia si è associata al passo congiunto effettuato dall’ambasciatore della Bulgaria, Paese che rappresenta inloco la Presidenza del Consiglio dell’Unione europea presso il Dipartimento dei diritti umani del Ministero degli esteri iraniano. In tale occasione sono stati ripercorsi i passaggi essenziali del caso Djalali ed evidenziata la preoccupazione dei Paesi e delle pubbliche opinioni dell’Unione Europea per la sentenza a morte recentemente comminata. Sono state altresì ricordate la contrarietà dell’Unione europea alla pena di morte e l’espresso auspicio che si svolga un giusto processo, e che vengano consentite visite regolari al detenuto da parte di conoscenti e familiari.

Da parte iraniana è stato osservato che, sulla base delle informazioni ricevute dal potere giudiziario, si tratta di una questione di estrema sensibilità che attiene alla sicurezza nazionale. Sono state ricordate le dichiarazioni del procuratore generale di Teheran, il quale ha accusato il ricercatore di aver fornito al Mossad informazioni sui siti nucleari e militari della Repubblica islamica, nonché il suo presunto coinvolgimento nell’uccisione di alcuni scienziati iraniani negli anni scorsi. Gli interlocutori iraniani hanno peraltro sottolineato che si tratta di una sentenza di primo grado e che Djalali potrà far ricorso, aggiungendo che, per i casi di condanna a morte, sono previsti meccanismi di tutela aggiuntivi che contemplano anche l’intervento del capo del potere giudiziario. Le autorità iraniane hanno inoltre assicurato che è in fase di organizzazione un incontro tra l’ambasciata interessata e il Consiglio supremo dei diritti umani del potere giudiziario per approfondire le denunce della famiglia del detenuto in base alle quali egli non avrebbe potuto beneficiare di un giusto processo, né gli sarebbe stato concesso di essere difeso dal suo avvocato di fiducia. Il Governo continuerà, in stretto raccordo con i Paesi partner Unione europea, a sollevare la questione con le autorità di Teheran, ponendo enfasi sul legame tra il ricercatore e il nostro Paese e sui risvolti umanitari della vicenda.

La replica di Pia Locatelli

Posso dire che sono soddisfatta per questi continui interventi da parte delle autorità italiane, e mi riferisco all’intervento del nostro ambasciatore, della Ministra Fedeli, dei ripetuti interventi del sottosegretario Amendola e degli interventi dei partner europei. Il caso è stato veramente seguito, ma non ci sono arrivati segnali di speranza da parte di quel Paese rispetto – dal mio punto di vista – ad una restituzione alla legalità di questo scienziato iraniano. L’unica speranza che posso vedere in questo scambio tra autorità iraniane e le autorità italiane ed europee è che si tratta una sentenza di primo grado, quindi possiamo prendere tempo, e avendo tempo forse si possono ulteriormente accentuare le pressioni del nostro Paese nei confronti di quel Paese.

Noi abbiamo una lunga e ricca tradizione di rapporti politici, economici e culturali con l’Iran che meritano la più grande attenzione, e sinceramente ci auguriamo vivamente che proseguano e si sviluppino ulteriormente nell’interesse dei reciproci popoli e del reciproco rispetto, ma ci sono delle cose che noi non possiamo accettare.

Proprio per la solidità e insieme la complessità di questi rapporti chiediamo che le autorità giudiziarie iraniane assicurino al dottor Djalali un trattamento non solo nel pieno rispetto dei diritti umani, ma anche che rispondano positivamente alle denunce fatte dalla famiglia del dottor Djalali di rispetto anche della regolarità di questo giudizio secondo l’ordinamento iraniano. E riteniamo fondamentale che il nostro Paese sia a fianco delle comunità scientifiche internazionali in difesa delle libertà fondamentali dei ricercatori. Noi non possiamo che ribadire con forza il diritto alla libertà della cultura e nella cultura, della ricerca e nella ricerca, a maggior ragione quando c’è di mezzo una condanna a morte, e quindi la vita di un esponente di questa comunità internazionale scientifica.

L’Italia ha abolito la pena di morte e ne sostiene convintamente l’abolizione in tutto il mondo, e, purtroppo, la Repubblica islamica dell’Iran, insieme ad altri Stati, continua a comminare la pena capitale. L’anno scorso, secondo l’Iran Human Rights, le condanne a morte eseguite sarebbero state 530, e, sebbene il dato sia inferiore rispetto al numero annuale delle esecuzioni avvenute negli ultimi cinque anni in quel Paese, con una media di più di una sentenza al giorno, questo rimane il Paese con il più alto numero di pene capitali di cui abbiamo dati abbastanza certi. Forse noi ci eravamo illusi che qualcosa stesse cambiando in quel Paese, che è considerato davvero un partnerimportante politico, oltre che economico e finanziario, dalla comunità internazionale.

Ma come possiamo considerarlo così importante se disconosce in modo così plateale, se nega i principi fondamentali, fondanti, dei diritti umani sanciti nei trattati internazionali? Che interlocuzione internazionale possiamo avere? E, quindi, impedire la condanna a morte del dottor Djalali vuol dire contribuire anche a combattere questa battaglia per i diritti umani in Iran e a combattere la pena capitale. A proposito di pena capitale nel mondo, lo scorso dicembre l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato, con una maggioranza schiacciante, la sua sesta risoluzione in favore di una moratoria sulle esecuzioni, in vista – ci auguriamo, ma intensamente ci auguriamo – dell’abolizione della pena di morte, che è un impegno al quale siamo chiamati tutti noi che ci impegniamo a difendere i diritti umani.

E riteniamo – è una speranza che abbiamo – che sia solo una questione di tempo prima che la pena capitale sia destinata ai libri di storia. Negli ultimi dieci anni, cioè dal 2007 ad oggi, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, come dicevo, ha adottato sei risoluzioni per la moratoria globale sulla pena di morte, con una maggioranza di voti sempre crescente, e da quell’anno 13 Paesi hanno abolito la pena di morte per tutti i reati. Ecco, su un totale, la volta scorsa, a dicembre, il 19 dicembre mi pare, di 193 Stati membri delle Nazioni Unite, 117 hanno votato a favore della moratoria e soltanto 40 hanno votato contro e 13 si sono astenuti, che è un passo avanti. Questa risoluzione sulla moratoria stabilisce che la pena di morte è un tema di preoccupazione globale per i diritti umani. Questo percorso, che è positivo, chiaramente non è sempre lineare, perché, se abbiamo visto nuovi Paesi, nel dicembre del 2016, votare a favore della risoluzione, abbiamo anche visto, ad esempio, lo Zimbabwe, che è passato dal voto contrario all’astensione, ma abbiamo anche visto Paesi, come le Filippine, la Guinea, il Niger e le Seychelles, che si sono astenuti, dopo aver precedentemente votato a favore.

Per cui, un percorso, un trend positivo, con, però, delle incertezze. Però, se pensiamo che nel 1945, anno di fondazione delle Nazioni Unite, solo otto dei 51 Paesi di allora, membri di allora delle Nazioni Unite, avevano abolito la pena di morte, allora vediamo il trend positivo. Quindi è un percorso di speranza; però, non basta sperare, questo è il problema.

Non basta sperare, dobbiamo compiere tutte le azioni che sono nella nostra disponibilità; e, per questo, riteniamo sia nostro dovere esercitare, continuare ad esercitare quotidianamente tutte le pressioni possibili sugli Stati con i quali interagiamo in questo momento, in modo particolare con l’Iran, indicando che noi ci opponiamo alla pena di morte in ogni circostanza e senza eccezione, a prescindere dalla natura o dalle circostanze del reato, dalla colpevolezza o dall’innocenza o da altre caratteristiche delle persone coinvolte o dal metodo usato per eseguire la pena capitale, a partire, ovviamente, come dicevo, dal caso che abbiamo sollevato con questa interpellanza, il caso del dottor Djalali, per il quale chiediamo in primis il rispetto delle garanzie della giustizia, ma, soprattutto, la restituzione quanto prima della sua libertà.

L’Italia deve svolgere un ruolo importante in questa che definiamo tragica vicenda, sia attraverso le nostre sedi diplomatiche, che mi pare lo stiano facendo, sia coinvolgendo le istituzioni europee, e in particolare l’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza Federica Mogherini, per scongiurare l’esecuzione della sentenza e restituire la libertà al dottor Djalali.

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Cambogia, violati i diritti delle opposizioni http://www.pialocatelli.info/cambogia-violati-i-diritti-delle-opposizioni/ http://www.pialocatelli.info/cambogia-violati-i-diritti-delle-opposizioni/#respond Thu, 12 Oct 2017 10:36:05 +0000 http://www.pialocatelli.info/?p=5746 Le continue violazioni dei diritti dei diritti umani in Cambogia, di cui sarebbe responsabile il Governo del Premier Hun Sen nel contesto di aspri scontri politici connessi alla campagna elettorale per le elezioni del 2018, sono stati al centro dell’audizione dei rappresentanti del partito di opposizione Cambodia National Rescue Party (CNRP),  che si è svolta presso il Comitato diritti umani della Camera, presieduto da Pia Locatelli. Ai lavori hanno preso parte gli onorevoli Sam Rainsy e Saumura Tioulong (nella foto con Pia Locatelli), rispettivamente ex presidente e deputato del CNRP e deputata del CNRP, accompagnati da Laura Harth rappresentante del Partito Radicale all’ONU, e da Matteo ANGIOLI, componente della Presidenza del Partito Radicale e  da Elisabetta Zamparutti.

“In occasione delle ultime elezioni del luglio 2013, – ha ricordato Pia Locatelli aprendo i lavori –  il Partito Popolare cambogiano del primo ministro Hun Sen (CPP) ha vinto 68 dei 123 posti nell’Assemblea Nazionale, 22 meno rispetto alle elezioni del 2008. Il CNRP, guidato dal leader dell’opposizione Rainsy, ha invece quasi raddoppiato la sua quota, passando da 29 a 55 seggi.

Ricordo che il CNRP è nato nel 2012 dalla fusione del partito di Rainsy con il Partito dei Diritti Umani. Nel suo programma elettorale, il CNRP si è impegnato a lavorare soprattutto sui temi del salario minimo per i lavori e delle pensioni di anzianità.

L’impegno dell’onorevole Rainsy è chiaramente precedente e la sua vicenda politica e personale è segnata da un impegno di lungo termine a sostegno di diritti e libertà fondamentali. Nel 2009 Rainsy è stato condannato a 11 anni in prigione in contumacia per accuse che includevano l’alterazione di documenti pubblici. Costretto all’esilio in Francia, Rainsy è stato poi dichiarato ineleggibile alle elezioni del 2013.

Quanto al Primo Ministro Hun Sen, è al potere dal 1985 e si è impegnato a restare al potere fino al compimento del suo 74° compleanno.

Segnalo anche che dopo le elezioni del luglio 2013, 55 deputati del CNRP neoeletti si sono rifiutati di assumere il seggio parlamentare, invocando la riforma elettorale e nuove elezioni. Nel luglio 2014 un accordo politico ha comportato uno sblocco parziale della situazione e oggi l’onorevole Rainsy è membro a tutti gli effetti dell’Assemblea nazionale.

Secondo quanto ci hanno segnalato gli auditi di oggi, il 3 settembre scorso l’attuale Presidente del CNRP, l’onorevole Kem Sokha, è stato arrestato dopo essere stato privato della immunità parlamentare con un voto a maggioranza semplice, benché l’autorizzazione a procedere in Cambogia richieda la maggioranza qualificata.

Siamo qui, quindi, per ascoltare la loro presentazione dello scenario cambogiano, accogliere le loro eventuale richieste di sostegno politico diplomatico e promuovere la scarcerazione dell’onorevole Sokha, sulla base di quanto già avvenuto presso il Parlamento europeo sulla base di una risoluzione approvata a larga maggioranza”.

Di seguito il video dell’Audizione

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Egitto, caso Metwally il Governo interviene http://www.pialocatelli.info/egitto-caso-metwally-il-governo-interviene/ http://www.pialocatelli.info/egitto-caso-metwally-il-governo-interviene/#respond Wed, 04 Oct 2017 14:40:45 +0000 http://www.pialocatelli.info/?p=5676 Il caso dell’avvocato egiziano Ibrahim Metwally, attivista del Movimento famiglie degli scomparsi in Egitto, consulente della famiglia Regeni detenuto al Cairo, è stato al centro del question time di Pia Locatelli al Ministro degli Esteri Angelino Alfano.

“Contro l’avvocato Metwally, la cui detenzione è stata prorogata al 5 ottobre, – ha detto Pia Locatelli – sono state mosse accuse gravissime che, se confermate, potrebbero costargli anni di carcere. L’avvocato Metwally è stato fermato in aeroporto mentre si recava a Ginevra per partecipare ad una sessione del gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle sparizioni forzate in Egitto. Vista la fase delicata delle relazioni tra l’Egitto ed il nostro Paese, chiediamo cosa intenda fare il Governo di fronte a questo nuovo gesto che può avere il sapore di una provocazione, e agli episodi a dir poco inquietanti verificatesi nel nostro Paese nei confronti degli attivisti dei diritti umani”.

“La Farnesina e la nostra ambasciata al Cairo – ha risposto il Ministro Alfano – stanno seguendo con grande attenzione la vicenda. Ho personalmente evocato il caso con il mio omologo Shoukri a Londra. Già all’indomani del suo arresto avevo fatto presente al collega che su questo tema c’è grande attenzione del governo e grande sensibilità da parte del Parlamento e dell’opinione pubblica”.

“Ho reiterato al ministro l’aspettativa che il caso sia presto risolto nel corso di una conversazione telefonica avvenuta ieri pomeriggio, e penso di avere occasione di risentirlo nelle prossime ore – ha aggiunto Alfano – la nostra Ambasciata ha chiesto e ottenuto un monitoraggio della vicenda da parte della delegazione dell’Unione europea”.

Nessuna risposta invece sull’altra parte dell’interrogazione presentata da Pia Locatelli, quella riguardante i fatti che si sono verificati in occasione della riunione organizzata a Roma il maggio scorso da Euromed Rights, quando alcuni egiziani partecipanti alla riunione sono stati seguiti, fotografati e accusati su alcuni quotidiani egiziani dii aver preso parte a un incontro teso a “pianificare uno stato di caos e di instabilità in Egitto, prima delle elezioni presidenziali”.

I testi degli interventi

Leggi su “il Manifesto”

 

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Turchia, alla marcia per la giustizia e per i diritti http://www.pialocatelli.info/turchia-alla-marcia-per-la-giustizia-e-per-i-diritti/ http://www.pialocatelli.info/turchia-alla-marcia-per-la-giustizia-e-per-i-diritti/#respond Thu, 06 Jul 2017 17:15:45 +0000 http://www.pialocatelli.info/?p=5334 Pia Locatelli, presidente del Comitato Diritti umani della Camera, parteciperà sabato e domenica alle tappe finali della marcia per la giustizia e lo Stato di diritto che sta portando centinaia di migliaia di persone da Ankara a Istanbul fino alla prigione di Malpete dove è detenuto uno dei deputati del Chp, Enis Berberoglu, condannato a metà giugno a 25 anni di prigione per spionaggio.
“È importante  – ha detto Pia Locatelli – che l’Italia e l’Europa facciano sentire la loro vicinanza ai cittadini e alle cittadine turche e sostengano la loro richiesta di giustiziai”.

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Tortura, legge fatta male e inapplicabile i socialisti si astengono http://www.pialocatelli.info/tortura-legge-fatta-male-e-inapplicabile-i-socialisti-si-astengono/ http://www.pialocatelli.info/tortura-legge-fatta-male-e-inapplicabile-i-socialisti-si-astengono/#respond Wed, 05 Jul 2017 16:23:51 +0000 http://www.pialocatelli.info/?p=5309 I socialisti si astengono dal voto sul reato di tortura. Lo ha annunciato Pia Locatelli, capogruppo Psi alla Camera e presidente del Comitato Diritti umani nel corso della dichiarazione di voto.
“Non si fa una legge per dimostrare che si è fatta. Non si fa una brutta legge che, tra l’altro, rischia di non essere applicabile. Le nostre critiche al testo – ha spiegato la deputata socialista –  sono le stesse di quelle avanzate dalle principali associazioni che si occupano di Diritti umani e dallo stesso presidente della Commissione Diritti umani del Senato, Luigi Manconi.  Non siamo certo contro le forze dell’ordine e voglio chiarire subito che non intendiamo affatto ostacolarne il lavoro, ma non possiamo accettare che sia considerabile tortura solo quella che viene reiterata e non una singola condotta. Così come non possiamo accettare i brevi tempi di prescrizione o la quasi impossibilità di riconoscimento per le torture psicologiche”.

Il testo dell’intervento

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Tortura, i socialisti si astengono http://www.pialocatelli.info/tortura-i-socialisti-si-astengono/ http://www.pialocatelli.info/tortura-i-socialisti-si-astengono/#respond Wed, 05 Jul 2017 16:22:56 +0000 http://www.pialocatelli.info/?p=5312 Nell’aprile 2015 quest’Aula aveva approvato un testo per introdurre il reato di tortura nel nostro ordinamento. Non era un testo che ci convinceva pienamente, era però un buon punto di partenza. Oggi, dopo oltre due anni di stallo, ci arriva dal Senato un provvedimento peggiorato rispetto alla precedente versione, una sorta di compromesso e non è difficile capire chi si vuole accontentare , o con chi non ci si vuole scontrare; un testo disallineato rispetto alla giurisprudenza della Corte europea per i diritti umani, alle raccomandazioni del Comitato europeo sulla prevenzione della tortura ed del trattamento e punizioni inumani e degradanti, alla Convenzione delle Nazioni Unite sulla Tortura, come scrive nella sua recente lettera al Presidente Grasso e ad altre autorità istituzionali il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa.

Da quasi trent’anni aspettiamo questa legge, da anni veniamo sollecitati dall’Europa e dall’Onu a “metterci in regola”. Adesso ci viene presentato un provvedimento da approvare in fretta e furia, inemendabile: prendere o lasciare.

Non si fa una legge per dimostrare che si è fatta. Non si fa una brutta legge che, tra l’altro, rischia di non essere applicabile.

Le nostre critiche al testo sono le stesse di quelle avanzate dalle principali associazioni che si occupano di Diritti umani e dallo stesso presidente della Commissione Diritti umani del Senato, Luigi Manconi.

Non siamo certo contro le forze dell’ordine e voglio chiarire subito che non intendiamo affatto ostacolarne il lavoro, ma non possiamo accettare che sia considerabile tortura solo quella che viene reiterata e non una singola condotta. Così come non possiamo accettare i brevi tempi di prescrizione o la quasi impossibilità di riconoscimento per le torture psicologiche. Per questo noi socialisti ci asterremo

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