Proposte di legge presentate come prima firmataria – Pia Locatelli http://www.pialocatelli.info Una Socialista europea alla Camera per una Sinistra europea al Governo Fri, 30 Mar 2018 08:35:28 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.0.3 Modifiche alla Legge elettorale http://www.pialocatelli.info/modifiche-alla-legge-elettorale/ http://www.pialocatelli.info/modifiche-alla-legge-elettorale/#respond Wed, 20 Jul 2016 13:06:01 +0000 http://www.pialocatelli.info/?p=3352
PROPOSTA DI LEGGE
d’iniziativa dei deputati
LOCATELLI, PASTORELLI, LO MONTE
Modifiche alla legge 6 maggio 2015, n. 52, e delega al Governo per la definizione delle modalità di svolgimento delle prime elezioni della Camera dei deputati successive al 1° luglio 2016
Presentata il 20 luglio 2016

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Onorevoli Colleghi! — La legge elettorale per la Camera dei deputati n. 52 del 2015, entrata in vigore il 1° luglio 2016, adotta un sistema che prevede l’attribuzione di un premio di maggioranza, al primo turno, alla sola lista che ottiene il 40 per cento dei consensi. Nel caso in cui nessuna lista raggiunga tale soglia, è previsto – ai fini dell’attribuzione del premio – un secondo turno di ballottaggio al quale possono accedere le due liste che hanno realizzato il miglior risultato elettorale al primo turno.
La soluzione adottata dal legislatore mira a bilanciare le esigenze della governabilità con il principio della rappresentanza, anche in coerenza con quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 1 del 2014. Certamente il sistema elettorale configurato è anche diretto a una semplificazione del quadro politico, funzionale alle istanze di una democrazia decidente.
Nondimeno, occorre riconoscere che ogni legge elettorale si inserisce in un contesto storico e politico, che assume caratteristiche differenti da nazione a nazione. Conseguentemente, la soluzione normativa, se da una parte può legittimamente assecondare l’evoluzione del quadro politico, dall’altra non può imprimere una torsione maggioritaria tale da accelerare oltre misura il processo in atto, il quale – come tutte le trasformazioni della storia – ha bisogno di tempo.
I risultati elettorali, d’altra parte, dimostrano la propensione di buona parte dell’elettorato italiano a diversificare le proprie scelte e a orientarle verso molteplici formazioni politiche, anche di dimensioni più contenute.
Pur non contraddicendo la ratio e le finalità della legge n. 52 del 2015, si ritiene necessario introdurre una norma transitoria, valida solo per le prime elezioni della Camera dei deputati successive al 1° luglio 2016, che consenta alle forze politiche di potersi presentare, fin dal primo turno, in coalizione.
Ciò consentirebbe ai partiti di avere il tempo necessario per poter avviare processi di semplificazione e di ristrutturazione del sistema, capaci – nel medio periodo – di condurre a una semplificazione dello stesso.
La presente proposta di legge, dunque, mantenendo l’impianto a doppio turno, introduce, solo per le prime elezioni politiche successive al 1° luglio 2016, la possibilità di formare coalizioni di liste fin dal primo turno. Inoltre, stabilisce l’assegnazione del premio di maggioranza non più in favore esclusivamente della singola lista, bensì in favore della lista o della coalizione di liste che abbia ottenuto almeno il 40 per cento dei voti al primo turno o, in mancanza, a quella che prevalga al ballottaggio tra le due liste o coalizioni di liste che abbiano ottenuto, al primo turno, il maggior numero di suffragi.
Infine, è prevista una delega al Governo per la definizione delle modalità di svolgimento delle prime elezioni successive al 1° luglio 2016, secondo i criteri indicati.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifiche all’articolo 1 della legge n. 52 del 2015).
      1. All’articolo 1, comma 1, della legge 6 maggio 2015, n. 52, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo la lettera e) è inserita la seguente:

«e-bis) per le prime elezioni della Camera dei deputati successive al 1° luglio 2016 accedono alla ripartizione dei seggi le coalizioni di liste che ottengono, su base nazionale, almeno il 10 per cento dei voti validi e che contengono almeno una lista che ottiene, su base nazionale, almeno il 3 per cento dei voti validi nonché le liste non collegate che ottengono, su base nazionale, almeno il 3 per cento dei voti validi, salvo quanto stabilito ai sensi della lettera a)»;

b) dopo la lettera f) è inserita la seguente:

f-bis) per le prime elezioni della Camera dei deputati successive al 1° luglio 2016, sono attribuiti comunque 340 seggi alla lista o alla coalizione di liste che ottiene, su base nazionale, almeno il 40 per cento dei voti validi o, in mancanza, a quella che prevale in un turno di ballottaggio tra le due liste o coalizioni di liste con il maggior numero di voti»;

c) dopo la lettera g) è inserita la seguente:

«g-bis) per le prime elezioni della Camera dei deputati successive al 1° luglio 2016, sono proclamati eletti, fino a concorrenza dei seggi che spettano a ciascuna lista o coalizione di liste in ogni circoscrizione, dapprima i capolista e le capolista nei collegi, quindi i candidati e le candidate che hanno ottenuto il maggior numero di preferenze».

Art. 2.
(Delega al Governo per la definizione delle modalità di svolgimento delle prime elezioni successive al 1° luglio 2016).
      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per definire le modalità di svolgimento delle prime elezioni della Camera dei deputati successive al 1° luglio 2016, in base ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) disciplinare le modalità di presentazione delle coalizioni di liste, con particolare riferimento alle dichiarazioni di collegamento;

b) predisporre il modello delle schede di votazione, adeguandolo alla previsione delle coalizioni di liste, al fine di garantire la corretta espressione del voto da parte degli elettori;

c) disciplinare i criteri per l’attribuzione dei seggi alle liste fra loro collegate in coalizione, con riferimento sia al primo turno elettorale sia all’eventuale ballottaggio.

2. Lo schema di decreto legislativo di cui al comma 1 è adottato su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ed è successivamente trasmesso alle Camere per l’espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, da rendere entro trenta giorni dall’assegnazione. Decorso il predetto termine, il decreto legislativo può essere comunque emanato anche in assenza dei pareri.

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Norme sulle persone adottanti http://www.pialocatelli.info/norme-sulle-persone-adottanti/ http://www.pialocatelli.info/norme-sulle-persone-adottanti/#respond Thu, 03 Mar 2016 18:23:45 +0000 http://www.pialocatelli.info/?p=1701  

PROPOSTA DI LEGGE

d’iniziativa dei deputati Locatelli e Pastorelli

 

Norme sulle persone adottanti

———

– Il presente disegno di legge sana una grave lacuna del nostro diritto di famiglia. In tema di adozioni, pur avendo l’Italia ratificato trattati che imponevano il riconoscimento della possibilità dei/delle single di adottare (possibilità che già nel diritto di Giustiniano, per influenza dell’imperatrice Teodora, era riconosciuta alle donne), il principio non è stato attuato nel nostro ordinamento. L’adozione consentita ai/alle single è infatti limitata ad ipotesi marginali e ad essa sono attribuiti effetti diversi e minori, rispetto all’adozione operata da una coppia.

Ancor più incomprensibile è che si discriminino quelle coppie che non possono o non vogliono consacrare il vincolo nel matrimonio, incluse quelle composte da persone dello steso sesso; non resta quindi che procedere ad una doverosa parificazione di diritti, riconoscendo la possibilità di adottare a prescindere dalla natura giuridica del rapporto che lega due persone, ovvero dal loro orientamento sessuale.

L’elenco dei Paesi occidentali che hanno regolamentato le unioni diverse dal matrimonio non è soltanto lungo, ma onnicomprensivo. È opportuno comprendere che, su tali temi, l’Italia è isolata ed è lontana dall’Europa. Ciò deve indurre a riflettere e, ove si creda nel patrimonio di valori laici, che costituiscono la base delle democrazie europee e dell’evoluzione del pensiero del novecento, ad impegnarsi perché la distanza venga, quanto meno, ridotta.

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

 

Art. 1.

 

1.L’articolo 6 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

 

«Art. 6. – 1. L’adozione è consentita:

  1. a) a persone legate da rapporto coniugale mediante matrimonio, civile o concordatario, da almeno tre anni. Il requisito della stabilità del rapporto può ritenersi realizzato anche quando i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, nel caso in cui il tribunale per i minorenni accerti la continuità e la stabilità della convivenza, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto;
  2. b) a persone, dello stesso sesso ovvero di sesso diverso, legate da un’unione non coniugale o da rapporto di convivenza, nel caso in cui il tribunale per i minorenni accerti la continuità e la stabilità dell’unione o del rapporto di convivenza da almeno tre anni.
  3. c) a persona singola, quando ciò realizzi l’interesse del/la minore, accertato ai sensi del titolo IV.

 

  1. Le persone di cui al comma 1 devono essere affettivamente idonee e capaci di educare, istruire e mantenere i/le minori che intendano adottare.
  2. L’età degli/delle adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di cinquantacinque anni l’età dell’adottando.
  3. Tra le persone di cui al comma 1 lettere a) e b) non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale, neppure di fatto.
  4. I limiti di cui al comma 3 possono essere derogati, qualora il Tribunale per i minorenni accerti che dalla mancata adozione derivi un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore.
  5. Non è preclusa l’adozione quando il limite massimo di età degli/delle adottanti sia superato da uno solo di essi in misura non superiore a dieci anni, ovvero quando essi siano genitori di figli/e anche adottivi dei quali almeno uno/a sia in età minore, ovvero quando l’adozione riguardi un fratello o una sorella del/la minore già dagli stessi adottato.
  6. Alle medesime persone sono consentite più adozioni anche con atti successivi. Costituisce criterio preferenziale, ai fini dell’adozione, l’avere già adottato un fratello dell’adottando o il fare richiesta di adottare più fratelli, ovvero la disponibilità dichiarata all’adozione di minori che si trovino nelle condizioni indicate dall’articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernente l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone disabili.
  7. Nel caso di adozione dei minori di età superiore a dodici anni o con disabilità accertata ai sensi dell’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, lo Stato, le regioni e gli enti locali possono intervenire, nell’àmbito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, con specifiche misure di carattere economico, eventualmente anche mediante misure di sostegno alla formazione e all’inserimento sociale, fino all’età di diciotto anni degli adottati.»

 

Art. 2.

  1. All’articolo 9, comma 2, della legge 4 maggio 1983, n. 184, le parole: «una famiglia affidataria» sono sostituite dalle seguenti: «i soggetti affidatari».
  2. All’articolo 22, comma 5, della legge 4 maggio 1983, n. 184, la parola: «coppie» è sostituita dalla seguente: «persone».
  3. All’articolo 25 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. Il tribunale per i minorenni che ha dichiarato lo stato di adottabilità, decorsi sei mesi dall’affidamento, verifica che ricorrano tutte le condizioni previste dal presente capo con il rito sommario di cognizione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c) del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 e successive modificazioni, per quanto non diversamente disposto dalla presente legge. Il rito salvaguarda comunque le seguenti modalità:
  4. a) sentire le persone adottanti, il tutore e coloro che abbiano svolto attività di vigilanza o di sostegno;
  5. b) sentire il minore adottando, se ha compiuto gli anni dodici. Il minore che abbia compiuto gli anni quattordici deve manifestare espresso consenso all’adozione nei confronti delle persone prescelte. Il minore di età inferiore agli anni dodici può essere sentito, in considerazione della sua capacità di discernimento;
  6. c) sentire il pubblico ministero;
  7. d) senza altra formalità di procedura, provvedere sull’adozione con sentenza in camera di consiglio, decidendo di fare luogo o di non fare luogo all’adozione non oltre sei mesi dall’istanza.»;
  8. All’articolo 25 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, sono altresì apportate le seguenti modificazioni:
  9. a) al comma 3, le parole: «dei coniugi affidatari» sono sostituite dalle seguenti: «delle persone affidatarie»;
  10. b) il comma 4 è sostituito dal seguente:

«4. Se uno degli affidatari muore o diviene incapace durante l’affidamento preadottivo, l’adozione, nell’interesse del minore, può essere ugualmente disposta ad istanza dell’altro affidatario nei confronti di entrambi, con effetto, per la persona deceduta, dalla data della morte»;

  1. c) il comma 5 è sostituito dal seguente:

«5. Se nel corso dell’affidamento preadottivo interviene separazione tra i componenti della coppia affidataria, l’adozione può essere disposta nei confronti di uno solo o di entrambi i componenti stessi, nell’esclusivo interesse del minore, qualora uno di loro o entrambi ne facciano richiesta».

  1. All’articolo 27, primo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, dopo le parole: «degli adottanti,» sono inserite le seguenti: «o dell’adottante,».
  2. All’articolo 31, comma 3, della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, la lettera h) è sostituita dalla seguente:

«h) certifica la data di inserimento del minore presso la persona o le persone affidatarie o adottanti;».

  1. All’articolo 35, comma 6, della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, la lettera e) è sostituita dalla seguente:

«e) l’inserimento del minore presso la persona o la famiglia adottiva si è manifestato contrario al suo interesse;».

  1. 8. All’articolo 37, comma 1, della legge 4 maggio 1983, n. 184, le parole: «ai genitori adottivi» sono sostituite dalle seguenti: «al genitore o ai genitori adottivi».
  2. All’articolo 41, secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184, le parole: «nella famiglia dei coniugi» sono sostituite dalle seguenti: «presso gli».
  3. La facoltà attribuita ai coniugi dall’articolo 79, primo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184, può essere esercitata, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, anche dalle persone che risultino fornite dei requisiti di cui al comma 1 dell’articolo 6 della predetta legge n. 184 del 1983, come sostituito dall’articolo 1, comma 1.

 

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Disciplina delle unioni civili http://www.pialocatelli.info/disciplina-delle-unioni-civili/ http://www.pialocatelli.info/disciplina-delle-unioni-civili/#respond Wed, 30 Apr 2014 11:43:25 +0000 http://www.pialocatelli.info/?p=244 PROPOSTA DI LEGGE

d’iniziativa dei deputati

LOCATELLI, DI LELLO, DI GIOIA, PASTORELLI, MARZANO, BRANDOLIN

Disciplina delle unioni civili

Presentata il 30 aprile 2014

Onorevoli Colleghi! Il rapporto dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) sul matrimonio in Italia riferisce che nel 2012 sono stati celebrati 207.138 matrimoni, 2.308 in più rispetto al 2011. Questo lieve aumento, dovuto soprattutto a matrimoni in cui uno o entrambi i coniugi hanno cittadinanza straniera, si inserisce in una tendenza alla diminuzione dei matrimoni in atto dal 1972. Diminuiscono le prime nozze tra sposi entrambi di cittadinanza italiana e si alza progressivamente l’età del primo matrimonio. L’ISTAT mette in relazione il trend di riduzione dei primi matrimoni, in atto da decenni, con la diffusione delle unioni di fatto, che sono raddoppiate negli ultimi cinque anni superando il milione nel 2012.

Lo stesso rapporto evidenzia che, a causa dell’aumento delle coppie di fatto, l’incidenza di bambini nati al di fuori del matrimonio è in continuo aumento e che nel 2011 più di un nato su quattro non aveva genitori sposati, con un aumento considerevole dal 20 per cento del 2008 al 25 per cento.

La portata di questi mutamenti sociali, che riguardano adulti e minori, richiede al Parlamento di assumere finalmente un’iniziativa legislativa: non si può più ignorare un fenomeno che ha ormai acquistato dimensioni socialmente consistenti, lo impongono i numeri forniti dalle statistiche ufficiali che è probabile, tra l’altro, siano sottostimati, poiché detti fenomeni tendono a sottrarsi ad ogni rilevazione, data l’assenza di qualunque vantaggio al loro manifestarsi.

La presente proposta di legge, che riprende in parte quelle presentate nella XV legislatura dall’onorevole Franco Grillini e nella XVI legislatura dall’onorevole Paola Concia, intende fornire alle coppie che non intendono o non possono, come nel caso di quelle omosessuali, impostare la propria vita sulla base della regolamentazione civilistica tipizzata dalle norme sul matrimonio, la possibilità di optare per uno strumento regolativo pattizio più snello e leggero. Si tratta di uno strumento per le attuali famiglie che definiamo «non tradizionali», ma che secondo noi famiglie sono, proprio perché «di fatto».

La presente proposta di legge non intende imporre d’autorità il nuovo istituto alle coppie di fatto che vogliano rifuggire da ogni vincolo giuridico, bensì offrire una possibilità di scelta in più a chi desidererà usufruirne, prendendo atto che il pluralismo della nostra società non consente più, se non a prezzo di gravi e inutili costi sociali, di imporre alle famiglie non tradizionali una drastica scelta tra due sole opzioni: il matrimonio tradizionale da una parte e l’assenza assoluta di qualsiasi riconoscimento giuridico e di strumenti di tutela dall’altra.

La presente proposta di legge non è uno strumento atto a perseguire o a realizzare la parità di diritti per cittadini omosessuali, parità peraltro prescritta e imposta da princìpi costituzionali fondamentali, come quelli che regolano l’uguaglianza formale dei cittadini senza distinzioni, tra l’altro, di condizioni personali, secondo quanto disposto dal primo comma dell’articolo 3 della Costituzione.

Alla realizzazione della parità formale ed effettiva dei diritti dei cittadini omosessuali dovranno provvedere altri appositi provvedimenti legislativi, analoghi a quelli già oggi vigenti in gran parte dei Paesi dell’Europa occidentale. Come richiesto da princìpi sempre più acquisiti dalla coscienza civile e giuridica europea, la parità di diritti per i cittadini omosessuali potrà infatti dirsi realizzata solo quando sarà loro consentito di scegliere di regolare la propria vita e i propri rapporti giuridici e patrimoniali optando tra le stesse alternative che sono a disposizione dei cittadini eterosessuali.

La regolamentazione dettata per le unioni civili non si applica alle famiglie di fatto che non solo intendono non applicare alla propria vita lo strumento della vigente legislazione matrimoniale, ma anche non attribuire alla propria unione alcun carattere giuridicamente vincolante.

La presente proposta di legge non intende modificare in alcun modo lo status giuridico dei figli delle parti del patto civile di solidarietà nati da precedenti vincoli matrimoniali o da unioni civili.

Assicurare alle famiglie «non tradizionali» un nuovo strumento regolativo pattizio significa anche garantire loro prospettive di maggiore stabilità e consistenza anche formali, a tutto vantaggio della condizione giuridica ed esistenziale dei membri di tali famiglie, inclusi gli eventuali figli delle parti.

Va precisato, in risposta alla polemica, a nostro parere strumentale, propagata dagli avversari di qualunque forma di riconoscimento giuridico delle unioni familiari di fatto, che il primo comma dell’articolo 29 della Costituzione non pone alcun ostacolo a tale riconoscimento. La disposizione che dichiara che «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio» nulla afferma e nulla vieta circa il riconoscimento di altre forme di convivenza familiare per il semplice fatto che un tale riconoscimento non modifica, limita, compromette o intacca in alcun modo i diritti o la sfera di autonomia delle famiglie «tradizionali».

Anche in linea più generale, d’altra parte, è del tutto illogico pretendere che la particolare o rinforzata tutela esplicitamente garantita dalla Costituzione a una specifica situazione obblighi anche a denegare lo stesso trattamento ad altre situazioni socialmente analoghe: la garanzia costituzionale rinforzata di un diritto non implica di per sé anche l’obbligo costituzionale di negare la parità di trattamento ai casi in cui essa non sia costituzionalmente dovuta.

Una norma cardine dell’intero ordinamento costituzionale come l’articolo 3, primo comma, che sancisce l’uguaglianza formale tra i cittadini come parametro fondamentale di legittimità della legge ordinaria, comporta che situazioni giuridiche eguali siano trattate in modo eguale. Nella misura in cui situazioni giuridiche attinenti alle famiglie «tradizionali» siano identiche a quelle attinenti a famiglie «non tradizionali», queste ultime devono essere trattate in modo identico. Non solo, quindi, l’articolo 29, primo comma, non impone un trattamento differenziato, ma la Costituzione vigente nel suo complesso e in alcuni casi gli impegni internazionali dell’Italia impongono, al contrario, parità di trattamento e parità di diritti.

Di seguito si riporta una descrizione sintetica delle disposizioni della proposta di legge.

Articolo 1. – (definizione): reca la definizione di unione civile, uno strumento per regolare i rapporti tra persone che convivono, indipendentemente dal loro sesso. Si tratta di un contratto che disciplina il rapporto sulle questioni patrimoniali o no della convivenza.

Articolo 2. – (cause ostative all’unione civile): elenca i casi in cui l’unione civile non può essere sottoscritta e prevede il divieto per alcune persone di contrarre l’unione civile stessa.

Articolo 3. – (costituzione dell’unione civile): prevede un obbligo di forma per la validità della sottoscrizione dell’unione civile. Il contratto deve essere sottoscritto alla presenza di un ufficiale dello stato civile, pena la nullità dello stesso. Le procedure per la sottoscrizione e per la registrazione prevedono la richiesta in carta semplice presso il comune di residenza di almeno una delle parti. L’articolo elenca, inoltre, le informazioni che devono essere contenute nella richiesta e stabilisce il ruolo dell’ufficiale dello stato civile nella sottoscrizione dell’unione civile.

Articolo 4. – (cessazione dell’unione civile per volontà consensuale o unilaterale): disciplina le modalità di cessazione dell’unione civile, che deve avvenire sempre a mezzo di atto scritto notificato dall’ufficiale giudiziario, a esclusione naturalmente del caso di morte di una delle parti.

Articolo 5. – (certificazione della cessata unione civile): prevede che la cessazione dell’unione civile è efficace a decorrere dall’atto dell’ufficiale dello stato civile che riporta anche le informazioni in merito all’unione civile stessa.

Articolo 6. – (norme applicabili alle unioni civili): prevede che l’intera materia dell’unione civile è disciplinata dalla parte del codice civile che si occupa di contratti.

Articolo 7. – (diritti dei figli e concorso all’adozione o all’affidamento): disciplina la possibilità per le parti dell’unione civile di adottare o di chiedere l’affidamento di minori al pari delle coppie sposate. In caso di cessazione dell’unione civile si applicano gli articoli 155 e seguenti del codice civile in materia di mantenimento delle relazioni parentali del minore e di provvedimenti riguardo ai figli.

Articolo 8. – (assistenza sanitaria e penitenziaria): prevede che in caso di malattia o di detenzione in carcere l’altra parte dell’unione civile ha il diritto di assistere il proprio compagno esattamente al pari di un coniuge.

Articolo 9. – (incapacità o decesso di una parte di un’unione civile): essendo l’unione civile un contratto tra due parti valido anche di fronte a terzi e allo Stato, l’articolo prevede che, in caso di incapacità, malattia o morte di una delle parti, l’altra parte ha il diritto di prendere decisioni in merito, solo se l’unione civile stessa ha una durata di almeno due anni e sono stati sentiti i parenti di primo grado della parte in difficoltà o deceduta.

Articolo 10. – (regime patrimoniale dell’unione civile): è volto a disciplinare il regime patrimoniale che s’instaura tra le parti di unione civile a mezzo di un atto pubblico al momento della registrazione dell’unione civile. Sottolinea che, in caso di mancata dichiarazione, il regime che si applica è quello della separazione dei beni. In questo caso la differenza tra unione civile e matrimonio è particolarmente netta proprio in virtù del fatto che il regime patrimoniale prevalente è quello della separazione.

Articolo 11. – (conseguenze fiscali dell’unione civile): al fine di tutelare le parti dell’unione civile e di porre un netto distinguo rispetto alla disciplina del matrimonio, prevede che qualunque conseguenza fiscale dell’unione civile stessa sia da considerare efficace solo al termine del secondo anno dalla sua costituzione, quale garanzia di stabilità del rapporto tra le parti.

Articolo 12. – (diritti successori): l’articolo, come tutti quelli che fanno riferimento a diritti che possono essere vantati dal punto di vista economico da una delle parti, prevede che anche nel caso dei diritti successori (quindi eredità e affini) sia valida solo l’unione civile che è stata costituita da almeno due anni. Qualora il defunto abbia fatto testamento, fa fede quest’ultimo.

Articolo 13. – (diritti derivanti dal rapporto di lavoro): anche in questo caso i diritti elencati sono efficaci dal secondo anno dalla costituzione dell’unione civile. I diritti a cui si fa riferimento sono: i benefìci previdenziali e assistenziali o comunque connessi al lavoro esercitato dall’altra parte dell’unione civile, oltre che i diritti di eventuale prelazione nell’inserimento in graduatorie occupazionali.

Articolo 14. – (modifica all’articolo 6 della legge 27 luglio 1978, n. 392, in materia di successione nel contratto di locazione): disciplina il contratto di locazione in caso di morte del conduttore. Va tenuto presente che la sentenza n. 404 del 7 aprile 1988 ha dichiarato illegittimo il comma 1 dell’articolo 6 in esame nella parte in cui non prevede tra i successibili nella titolarità del contratto di locazione, in caso di morte del conduttore, il convivente more uxorio.

Articolo 15. – (militari e Forze dell’ordine): prevede che la sottoscrizione di un’unione civile comporta tutti i benefìci facenti riferimento al nucleo familiare del militare dall’appartenente alle Forze dell’ordine. Anche in questo caso l’efficacia delle disposizioni si realizza solo dopo due anni dalla costituzione dell’unione civile.

 

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

(Definizione).

  1. Ai fini della presente legge per unione civile si intende l’accordo tra due persone, anche dello stesso sesso, stipulato allo scopo di regolare i rapporti personali e patrimoniali relativi alla loro vita comune.

Art. 2.

(Cause ostative all’unione civile).

  1. Sono cause ostative alla costituzione di un’unione civile:
  2. a) la sussistenza di un vincolo matrimoniale in atto, compresa l’ipotesi in cui i coniugi siano separati e non ancora divorziati;
  3. b) la sussistenza del vincolo derivante da un’altra unione civile;
  4. c) la minore età di una o di entrambe le parti dell’unione civile;
  5. d) l’interdizione di una o di entrambe le parti dell’unione civile per infermità di mente. Se l’istanza di interdizione è stata solo promossa, la certificazione dello stato di unione civile non può avere luogo finché la sentenza che ha pronunziato sull’istanza non è passata in giudicato.
  6. La sussistenza di una delle cause ostative di cui al comma 1 comporta la nullità della certificazione dello stato di unione civile.

Art. 3.

(Costituzione dell’unione civile).

  1. L’unione civile è sottoscritta, a pena di nullità, davanti all’ufficiale dello stato civile.

 

  1. Le parti contraenti, congiuntamente, presentano istanza in carta libera all’ufficiale dello stato civile presso il comune di residenza di uno dei contraenti chiedendo di essere convocate per la sottoscrizione dell’unione civile.
  2. Nell’istanza ciascuno dei contraenti, sotto la propria responsabilità e ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, dichiara la non sussistenza delle cause previste dall’articolo 2 della presente legge.
  3. L’unione civile è certificata dal relativo documento attestante lo stato dell’unione civile. Il documento deve contenere i dati anagrafici delle parti dell’unione civile, l’indicazione del loro regime patrimoniale legale e di eventuali figli minori.
  4. È fatto obbligo all’ufficiale dello stato civile di convocare le parti per la sottoscrizione dell’unione civile entro un mese dalla data di presentazione della relativa istanza.
  5. In caso di grave pericolo di vita, adeguatamente certificato, l’ufficiale dello stato civile convoca i contraenti nel termine di dodici ore dalla ricezione dell’istanza.
  6. L’ufficiale dello stato civile appone la data e la firma su tre esemplari originali dell’unione civile, trattenendone uno presso di sé, e procede immediatamente a iscriverlo nel registro dello stato civile.
  7. L’unione civile è opponibile ai terzi dal momento dell’iscrizione nel registro dello stato civile e fino all’annotazione dell’avvenuto scioglimento.
  8. L’ufficiale dello stato civile non può ricevere o iscrivere l’unione civile qualora manchi la dichiarazione di cui al comma 3.
  9. L’ufficiale dello stato civile non può rifiutarsi di presiedere la sottoscrizione e di iscrivere l’unione civile.
  10. Contro l’eventuale rifiuto dell’ufficiale dello stato civile, da motivare per iscritto, è ammesso il ricorso al tribunale che provvede in camera di consiglio con sentenza entro un mese dal deposito.
  11. Il tribunale, ove accerti la sussistenza dei requisiti, con sentenza ordina all’ufficiale dello stato civile di presiedere alla sottoscrizione dell’unione civile e di iscriverla nei registri dello stato civile.
  12. Nella sentenza di cui al comma 11 il tribunale, su istanza di parte, pone a carico dell’amministrazione comunale le spese del giudizio e la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali, morali ed esistenziali da liquidare anche in separato giudizio.
  13. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del libro quarto, titolo II, capo VI, del codice di procedura civile.

Art. 4.

(Cessazione dell’unione civile per volontà consensuale o unilaterale).

  1. Lo stato di unione civile può cessare tutti i suoi effetti mediante una dichiarazione consensuale di separazione che le parti rendono all’ufficiale dello stato civile.
  2. L’unione civile può altresì cessare nel caso di richiesta di cessazione presentata solo da una delle parti e resa nota all’altra parte mediante atto scritto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario. In tale ipotesi tutti gli effetti dell’unione civile sono protratti per un anno dalla data di presentazione della domanda di cessazione. È nullo l’accordo con il quale le parti escludono l’esistenza di tale diritto, anche quando l’esclusione riguarda entrambi i contraenti. Nel corso dell’anno la richiesta di cessazione può essere ritirata e la situazione di unione civile è ripristinata automaticamente.
  3. Gli effetti dell’unione civile cessano, altresì, con la morte di una delle parti.

Art. 5.

(Certificazione della cessata unione civile).

  1. Della cessazione dell’unione civile è dato atto dall’ufficiale dello stato civile con autonoma certificazione, che individua anche il periodo per il quale si è protrattatale

unione, nonché con apposita annotazione nel registro dello stato civile di cui all’articolo 3, comma 7.

Art. 6.

(Norme applicabili alle unioni civili).

  1. Alle unioni civili si applicano, in quanto compatibili, le norme del codice civile in materia di contratti.
  2. Eventuali termini o condizioni presenti nell’unione civile si hanno per non apposti.

Art. 7.

(Diritti dei figli e concorso all’adozione o all’affidamento).

  1. Le parti dell’unione civile possono chiedere l’adozione di minori ai sensi della legislazione vigente, a parità di condizioni con le coppie di coniugi.
  2. Le parti dell’unione civile possono chiedere l’affidamento di minori ai sensi della legislazione vigente, a parità di condizioni con le coppie di coniugi.
  3. In caso di separazione delle parti dell’unione civile, si applicano con riguardo ai figli le disposizioni degli articoli 155 e seguenti del codice civile.

Art. 8.

(Assistenza sanitaria e penitenziaria).

  1. Alle parti dell’unione civile sono estesi tutti i diritti e i doveri spettanti al coniuge relativi all’assistenza sanitaria e penitenziaria.

Art. 9.

(Incapacità o decesso di una parte di un’unione civile).

  1. In mancanza di precedente volontà manifestata per iscritto da una parte di un’unione civile, nell’ipotesi di sua incapacità

di intendere e di volere, anche temporanea, o di decesso, fatte salve le disposizioni in materia di interdizione o di inabilitazione, tutte le decisioni relative allo stato di salute, o riguardanti l’eventuale donazione di organi, le scelte di natura religiosa, culturale, morale e circa le celebrazioni funerarie sono prese dall’altra parte dell’unione civile, costituita da almeno due anni, sentiti gli ascendenti e i discendenti della parte interessata.

Art. 10.

(Regime patrimoniale dell’unione civile).

  1. Con convenzione stipulata per atto pubblico le parti dell’unione civile devono scegliere all’atto della registrazione il regime patrimoniale. Tale regime può essere modificato in qualunque momento nel corso dell’unione civile con atto stipulato nella medesima forma.
  2. Nel caso che, per qualsiasi ragione, si ometta di stipulare l’atto pubblico di cui al comma 1, si presume scelto il regime di separazione legale.
  3. Con l’unione civile le parti possono regolare le conseguenze economiche dello scioglimento della stessa unione.
  4. In caso di disaccordo tra le parti la controversia è di competenza del tribunale.

Art. 11.

(Conseguenze fiscali dell’unione civile).

  1. Le agevolazioni e gli oneri di natura fiscale che derivano dall’appartenenza a un nucleo familiare sono estesi alle parti dell’unione civile costituita da almeno due anni.

Art. 12.

(Diritti successori).

  1. Nella successione legittima, disciplinata dal libro secondo, titolo II, capo II,

del codice civile, i diritti spettanti al coniuge sono estesi alla persona legata al defunto da un’unione civile costituita da almeno due anni.

Art. 13.

(Diritti derivanti dal rapporto di lavoro).

  1. Le parti di un’unione civile costituita da almeno due anni godono di tutti i diritti, facoltà e benefìci previdenziali e assistenziali o comunque connessi al rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato, ovvero alla sussistenza di un’attività di lavoro autonomo, previsti a favore dei coniugi o del coniuge del lavoratore da disposizioni di legge e di regolamento, dalla contrattazione collettiva, dai contratti individuali o atipici e da qualsiasi normativa che regoli i predetti rapporti.
  2. La parte di un’unione civile costituita da almeno due anni è considerata tra i carichi di famiglia ed è a tale fine equiparata al coniuge.
  3. Nel caso in cui l’appartenenza a un nucleo familiare costituisca titolo o causa di preferenza per l’inserimento in graduatorie occupazionali o in categorie privilegiate di disoccupati, tali diritti sono estesi, a parità di condizioni, anche alle parti di un’unione civile costituita da almeno due anni.

Art. 14.

(Modifica all’articolo 6 della legge 27 luglio 1978, n. 392, in materia di successione nel contratto di locazione).

  1. Il primo comma dell’articolo 6 della legge 27 luglio 1978, n. 392, è sostituito dal seguente:

«In caso di morte del conduttore, gli succede nel contratto la parte superstite e convivente al momento del decesso».

Art. 15.

(Militari e Forze dell’ordine).

  1. Gli esoneri, le agevolazioni, le dispense e le indennità riconosciuti ai militari in servizio o agli appartenenti alle Forze dell’ordine connessi con l’appartenenza a un nucleo familiare sono estesi alle parti di un’unione civile costituita da almeno due anni.
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Disposizioni concernenti l’etichettatura dei farmaci sperimentati su animali http://www.pialocatelli.info/disposizioni-concernenti-letichettatura-dei-farmaci-sperimentati-su-animali/ http://www.pialocatelli.info/disposizioni-concernenti-letichettatura-dei-farmaci-sperimentati-su-animali/#respond Fri, 20 Dec 2013 11:40:43 +0000 http://www.pialocatelli.info/?p=242

PROPOSTA DI LEGGE

d’iniziativa dei deputati

LOCATELLI, DI LELLO, PASTORELLI, DI GIOIA

Disposizioni concernenti l’etichettatura dei farmaci sperimentati su animali

Presentata il 20 dicembre 2013

Onorevoli Colleghi! Sulla necessità di effettuare la sperimentazione animale vi è, com’è noto, un serrato dibattito che molto spesso vede contrapposte la comunità scientifica e associazioni in difesa degli animali. Come sappiamo l’orientamento della comunità scientifica internazionale è sostanzialmente univoco: il ricorso agli animali nella sperimentazione scientifica rimane a tutt’oggi una necessità. L’Unione europea, accogliendo questo spirito, aveva emanato la direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, nel tentativo di armonizzare le norme in materia di sperimentazione sugli animali in tutti i Paesi, al fine di evitare che regole diverse potessero ritardare la ricerca e rendere improduttiva la collaborazione a livello internazionale. Con molto ritardo il Parlamento italiano ha reso esecutiva questa direttiva ma, spinti da una campagna di stampa estremamente «di parte» e per nulla oggettiva, le norme approvate sono risultate essere più restrittive rispetto all’impostazione europea. Quindi rischiamo non solo un processo d’infrazione da parte dell’Unione europea, ma anche di essere emarginati sul terreno della ricerca, della quale si fa un gran parlare come volano possibile dello sviluppo.

La sensibilità e l’amore per gli animali che caratterizzano il nostro Paese hanno fatto sì che la legislazione italiana sia tra le più severe nel mondo, tanto è vero che sono adottate tutte le precauzioni affinché sia evitata qualsiasi sofferenza agli animali oggetto di sperimentazione. Più volte la comunità scientifica ha fatto presente che sarebbe inutile, oltre che crudele, far soffrire gli animali e questo porta a ricercare situazioni il più possibile ottimali. Gli animali vengono utilizzati solo previo parere del Comitato nazionale per la bioetica e autorizzazione del Ministero della salute.

Pur essendosi notevolmente ridotto, rimane ancora indispensabile l’utilizzo degli animali per determinati studi. Nessuno può smentire la realtà: è proprio grazie alla sperimentazione sugli animali che si sono ottenute importanti scoperte che hanno permesso di avere a disposizione farmaci efficaci che hanno contribuito ad allungare la durata della vita. Ironia della sorte, molto spesso i farmaci che curano gli animali domestici sono anch’essi il risultato della sperimentazione sugli animali. In ogni caso, è oltremodo giusto che le persone abbiano il diritto di sapere se il farmaco che stanno utilizzando sia stato sottoposto o no a sperimentazione sugli animali è ed è proprio per questo, cioè per consentire a ognuno di scegliere in piena libertà, che è presentata la seguente proposta di legge, composta da un articolo unico che prevede l’apposizione, sulla confezione di ogni farmaco, di una scritta informativa relativa alla sperimentazione sugli animali.

 

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

  1. In caso di farmaci sperimentati su animali, le aziende farmaceutiche sono tenute a riportare sulla confezione di tali farmaci un’etichetta recante la dizione «sperimentato su animali».
  2. Con decreto del Ministro della salute, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le caratteristiche dell’etichettatura di cui al comma 1.
  3. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le aziende farmaceutiche produttrici delle confezioni dei farmaci di cui al comma 1 sono tenute a dare attuazione a quanto ivi previsto ai fini dell’autorizzazione alla commercializzazione in Italia dei medesimi farmaci, in conformità a quanto disposto dal decreto di cui al comma 2.
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Abrogazione del l reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato http://www.pialocatelli.info/abrogazione-del-l-reato-di-ingresso-e-soggiorno-illegale-nel-territorio-dello-stato/ http://www.pialocatelli.info/abrogazione-del-l-reato-di-ingresso-e-soggiorno-illegale-nel-territorio-dello-stato/#respond Tue, 05 Nov 2013 11:38:07 +0000 http://www.pialocatelli.info/?p=240 PROPOSTA DI LEGGE

d’iniziativa dei deputati

LOCATELLI, DI LELLO, DI GIOIA, PASTORELLI

Abrogazione dell’articolo 10-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, riguardante il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato

Presentata il 5 novembre 2013

Onorevoli Colleghi! Nel nostro Paese in materia di immigrazione sono state approvate leggi profondamente inadeguate. La questione dell’immigrazione, infatti, viene da sempre strumentalizzata per meri fini propagandistici ed elettorali, senza nessuna soluzione che risolva il problema in modo definitivo. Spesso si dimentica che il nostro Paese è il primo corridoio d’ingresso per tutti i soggetti in fuga a causa delle loro condizioni di vita inumane legate al sottosviluppo sociale ed economico dei Paesi d’origine.

Negli ultimi dieci anni gli stranieri arrivati in Italia sono stati più di 3,5 milioni e la metà di questi sono donne: un dato che deve farci riflettere oltre a spingerci a dare risposte concrete. Ma invece di proporre soluzioni umanitarie e solidaristiche, il 15 luglio 2009, con la legge n. 94, recante «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica», entrata in vigore l’8 agosto 2009, il nostro Paese ha introdotto nell’ordinamento italiano il cosiddetto «reato di clandestinità» (articolo 10-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 186), che comporta lo status di clandestino a carico del migrante colpevole di non possedere il permesso di soggiorno.

Il reato di clandestinità si pone in aperto contrasto con la Costituzione, punendo di fatto la persona non in conseguenza di un suo comportamento contrario alle norme, bensì per il mero trovarsi in una condizione personale di difetto di permesso di soggiorno e dunque in palese violazione dell’articolo 3 della Costituzione.

Al riguardo, peraltro, l’Unione europea si pronunciò a suo tempo con una richiesta puntuale di chiarimento per il conflitto di molti punti rilevanti della norma con la direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, sui rimpatri di cittadini di Paesi terzi in caso di soggiorno irregolare tanto che, in moltissimi casi, i magistrati hanno disapplicato la normativa interna in favore delle norme previste dalla direttiva. Si tratta, quindi, di una disposizione che ha posto il nostro Paese in una condizione di illegalità rispetto alla normativa europea, disattendendo le nostre norme costituzionali in materia di diritti inalienabili delle persone, nonché le convenzioni internazionali a tutela dello straniero.

La presente proposta di legge dispone dunque l’abrogazione della norma che disciplina il reato di clandestinità, ristabilendo in questo modo il dettato costituzionale in materia di diritti umani, con l’auspicio che tale modifica riporti l’Italia a essere un Paese più solidale e inclusivo.

 

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

  1. L’articolo 10-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è abrogato.
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Disciplina dell’attività di panificazione e norme per la tutela del pane nazionale di alta qualità http://www.pialocatelli.info/disciplina-dellattivita-di-panificazione-e-norme-per-la-tutela-del-pane-nazionale-di-alta-qualita/ http://www.pialocatelli.info/disciplina-dellattivita-di-panificazione-e-norme-per-la-tutela-del-pane-nazionale-di-alta-qualita/#respond Thu, 18 Jul 2013 11:30:12 +0000 http://www.pialocatelli.info/?p=235 PROPOSTA DI LEGGE
d’iniziativa dei deputati
LOCATELLI, DI LELLO, DI GIOIA, PASTORELLI
Disciplina dell’attività di panificazione e norme per la tutela del pane nazionale di alta qualità
Presentata il 18 luglio 2013

Onorevoli Colleghi! Con la presente proposta di legge si disciplina in maniera più organica l’attività di panificazione in ordine agli orari di apertura e di chiusura, alla professionalità e all’esercizio abusivo sia dell’attività di panificazione che della vendita del pane.
Ai sensi delle disposizioni nazionali vigenti, è stata abolita la chiusura domenicale e festiva per le imprese di panificazione di natura produttiva e ciò appare in netto contrasto con il diritto al riposo, alla salute e al godimento dei diritti civili e religiosi degli operatori del settore. Tale situazione è ulteriormente aggravata dall’attuale situazione di crisi economica che impedisce a molte aziende del settore, spesso di natura familiare, di poter usufruire di maggiore mano d’opera.
Con la presente proposta di legge si ripristina il diritto al riposo domenicale e durante le festività riconosciute, lasciando la possibilità di un regime di turnazione più articolato a specifiche contrattazioni in sede locale tra le amministrazioni comunali e le organizzazioni di categoria provinciali firmatarie di contratti collettivi nazionali di lavoro.
In questo modo si restituiscono dignità e diritti ai lavoratori del settore e, allo stesso tempo, si determina una certa flessibilità utile alle aziende e ai consumatori di ogni specifico territorio.
Vengono, inoltre, stabiliti i requisiti morali e professionali richiesti per l’esercizio dell’attività di panificazione, riconducibili obbligatoriamente a quelli previsti dalle norme vigenti in materia di attività professionali. In questo modo si garantiranno i consumatori sulla qualità del prodotto prescelto e si restituiranno maggiori certezza e sicurezza alle numerose imprese, ai sensi dell’articolo 71 del decreto legislativo n. 59 del 2010, e alla legislazione concorrente in materia di alimentazione di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
Si regolamentano, con maggiore precisione, le modalità di vendita del pane al domicilio del consumatore, mediante specifiche disposizioni in ordine al confezionamento del prodotto ed è reso più cogente il regime sanzionatorio al fine di scoraggiare l’esercizio abusivo dell’attività di panificatore e della vendita dei prodotti della panificazione.
Infine, per favorire e valorizzare le produzioni più tipiche e offrire serie garanzie ai consumatori sono stabilite norme atte a definire il pane tradizionale nazionale di alta qualità.

PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Orari di apertura e di chiusura e regime di turnazione dell’attività di panificazione).
1. Al fine di garantire il riposo, la salute e il godimento dei diritti civili e religiosi degli operatori del settore, l’attività artigianale di panificazione di cui all’articolo 4 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è vietata la domenica e durante le festività nazionali.
2. I comuni, sentite le organizzazioni provinciali di categoria firmatarie di contratti collettivi nazionali di lavoro, possono derogare dall’obbligo di cui al comma 1 e possono prevedere la turnazione delle aperture delle attività artigianali di panificazione durante le domeniche e le festività nazionali, anche in base alle esigenze dell’utenza o alle peculiari caratteristiche del territorio, con la facoltà di recupero compensativo, anche continuativo, esteso all’anno successivo.
3. Le imprese di panificazione determinano liberamente gli orari di apertura e di chiusura garantendo, comunque, l’apertura in caso di due o più festività consecutive, secondo modalità definite in accordo con il comune.
Art. 2.
(Requisiti morali e professionali per l’esercizio delle attività artigianali di manipolazione di alimenti e bevande).
1. L’accesso e l’esercizio delle attività artigianali di manipolazione di alimenti e bevande, compresa l’attività di panificazione, sono subordinati:
a) al raggiungimento della maggiore età, fatto salvo, in caso di minorenne, il
criterio di emancipazione previsto dal codice civile;
b) al possesso dei requisiti di accesso e di esercizio delle attività commerciali previsti dall’articolo 71, commi da 1 a 5, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, e successive modificazioni;
c) all’avere frequentato, con esito positivo, un corso professionale per il commercio, la preparazione o la somministrazione degli alimenti, istituito e riconosciuto dall’assessorato regionale competente della regione nella quale ha sede l’attività artigianale di manipolazione di alimenti e bevande, compresa l’attività di panificazione, o all’avere frequentato, con esito positivo, un corso professionale per il commercio relativo al settore merceologico alimentare, istituito o riconosciuto da un’altra regione con un programma didattico di durata almeno pari al 70 per cento di quella prevista per i corsi riconosciuti dalla regione nella quale ha sede l’attività artigianale;
d) all’avere prestato la propria opera, per un minimo di due anni, anche non consecutivi, nel quinquennio precedente, presso imprese esercenti l’attività nel settore delle attività artigianali di manipolazione di alimenti e bevande, compresa l’attività di panificazione, in qualità di dipendente qualificato o di socio lavoratore ovvero, se trattasi di coniuge, parente o affine entro il terzo grado dell’imprenditore, in qualità di coadiutore familiare, comprovata dall’iscrizione all’Istituto nazionale della previdenza sociale;
e) all’essere in possesso di uno dei titoli di studio previsti dall’articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, e successive modificazioni, e individuati dalla circolare del Ministero dello sviluppo economico n. 3642/C del 15 aprile 2011 sui titoli validi ai fini dell’avvio dell’attività di vendita e somministrazione di alimenti e bevande.
2. In caso di società, il possesso dei requisiti di cui al comma 1 è richiesto al
legale rappresentante o a un’altra persona specificamente delegata all’attività commerciale.
Art. 3.
(Formazione e aggiornamento professionali).
1. Le regioni stabiliscono le modalità di organizzazione, la durata e le materie oggetto dei corsi professionali di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c), garantendone l’effettuazione anche tramite rapporti convenzionali con soggetti idonei. A tale fine sono considerati in via prioritaria le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le organizzazioni imprenditoriali dei panificatori maggiormente rappresentative e gli enti da questi costituiti.
2. I corsi professionali di cui al comma 1 hanno per oggetto materie idonee a garantire l’apprendimento delle disposizioni relative alla salute, alla sicurezza e all’informazione del consumatore. Essi prevedono, inoltre, materie che riguardano specifici aspetti concernenti la produzione del pane in tutte le relative fasi e le regole generali relative alla conservazione, alla manipolazione e alla trasformazione degli alimenti, freschi o conservati, nonché materie relative alla legislazione commerciale e fiscale in materia di lavoro ed elementi di conoscenza sulle misure antiracket e sulle norme in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro.
3. Le regioni stabiliscono, altresì, le modalità di organizzazione, la durata e le materie, con particolare riferimento alle disposizioni vigenti relative all’ambiente, alla sicurezza, alla tutela e all’informazione dei consumatori, di corsi di aggiornamento finalizzati a elevare il livello professionale o a riqualificare gli operatori del settore della panificazione.
4. Le regioni possono prevedere forme di incentivazione per la partecipazione ai corsi professionali di cui al presente articolo dei titolari delle piccole e medie imprese del settore della panificazione.
5. Le regioni garantiscono l’inserimento delle azioni formative di cui al presente
articolo nell’ambito dei propri programmi di formazione professionale.
Art. 4.
(Abusivismo nel settore dell’attività di panificazione).
1. Chi esercita l’attività di panificazione o vende pane senza la prescritta autorizzazione o senza aver trasmesso la prescritta segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) al comune competente per territorio è soggetto al sequestro della merce e al sequestro dell’eventuale mezzo di trasporto con il quale effettua la vendita, oltre alla sanzione amministrativa pecuniaria prevista per l’esercizio abusivo dell’attività.
2. L’accertamento della recidiva della violazione di cui al comma 1 comporta, oltre al sequestro della merce e dell’eventuale mezzo di trasporto, il pagamento del massimo della sanzione amministrativa pecuniaria ivi prevista.
Art. 5.
(Vendita del pane al domicilio del consumatore).
1. È vietata la commercializzazione del pane nelle aree pubbliche.
2. È consentita la consegna del pane a domicilio su preventivo ordine effettuato presso l’esercizio di vendita. Per la consegna a domicilio il pane deve essere chiuso in un’apposita confezione che reca all’esterno, in maniera visibile, lo scontrino e l’indicazione del destinatario.
Art. 6.
(Disposizioni in materia di confezionamento).
1. I singoli pezzi di pane devono essere confezionati con pellicola microforata per alimenti sigillata, sulla quale è apposta un’etichetta con la denominazione della
ditta produttrice, con la data di confezionamento e con ogni altra indicazione prevista dalla normativa vigente in materia di prodotti alimentari.
Art. 7.
(Pane tradizionale nazionale
di alta qualità).
1. La denominazione di pane tradizionale nazionale di alta qualità può essere utilizzata per:
a) i pani tradizionali tipici locali identificati dalle regioni ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, e del regolamento di cui al decreto del Ministro per le politiche agricole 8 settembre 1999, n. 350, riportati negli elenchi regionali e inseriti nell’elenco nazionale ivi previsti;
b) i pani riconosciuti ai sensi della normativa europea in materia di denominazione di origine protetta (DOP) e di indicazione geografica protetta (IGP);
c) i pani prodotti in conformità a disciplinari di produzione aventi ad oggetto i criteri di selezione delle materie prime e degli ingredienti, nonché di determinazione delle tecniche di preparazione e delle metodiche di lavorazione finalizzate a esaltare le caratteristiche organolettiche del pane.
2. Il pane tradizionale nazionale di alta qualità è ottenuto da un processo di produzione continuo, privo di qualsiasi trattamento finalizzato alla surgelazione, al congelamento o alla conservazione prolungata delle materie prime e dei prodotti intermedi di panificazione, fino alla completa cottura finale. Non è consentito l’utilizzo di ingredienti contenenti sostanze geneticamente modificate.
3. Le regioni, su proposta delle associazioni territoriali di rappresentanza della categoria della panificazione aderenti alle organizzazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative a livello nazionale, riconoscono i disciplinari di produzione
dei prodotti della panificazione di cui al comma 1,
4. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico e le regioni, nell’ambito delle rispettive competenze e a valere sugli stanziamenti ordinari di bilancio, provvedono:
a) all’avvio delle procedure per il riconoscimento dei diversi tipi di pane di cui al comma 1 e all’adozione di programmi di sostegno finanziario volti a definire i relativi disciplinari di produzione e a incentivarne la conoscenza, la diffusione e l’applicazione;
b) all’attuazione di campagne di informazione presso i produttori, gli esercenti e i consumatori, mirate alla diffusione e alla conoscenza del pane tradizionale nazionale di alta qualità.
5. All’articolo 25 della legge 4 luglio 1967, n. 580, e successive modificazioni, è aggiunto, infine, il seguente comma:
«Il pane etichettato come “pane tradizionale nazionale di alta qualità”, nei punti vendita al dettaglio, deve essere collocato in un apposito contenitore in modo da renderlo chiaramente individuabile e distinguibile da parte del consumatore».
Art. 8.
(Sanzioni).
1. I contravventori alle disposizioni dell’articolo 4 sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 9.000 euro.
2. I contravventori alle disposizioni dell’articolo 5 sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 4.500 euro.
3. I contravventori alle disposizioni dell’articolo 6 sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 3.000 euro.
Art. 9.
(Ambito di applicazione).
1. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e con le relative norme di attuazione.

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“Disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari” http://www.pialocatelli.info/3-luglio-2013-disposizioni-in-materia-di-consenso-informato-e-di-dichiarazioni-di-volonta-anticipate-nei-trattamenti-sanitari/ http://www.pialocatelli.info/3-luglio-2013-disposizioni-in-materia-di-consenso-informato-e-di-dichiarazioni-di-volonta-anticipate-nei-trattamenti-sanitari/#respond Wed, 03 Jul 2013 11:28:07 +0000 http://www.pialocatelli.info/?p=232 Proposta di legge

Onorevoli Colleghi! La presente proposta di legge ha fra le sue premesse il riconoscimento costituzionale del diritto dell’incapace, come di chiunque altro, a non essere destinatario di trattamenti sanitari che, prima che si verificasse la causa di incapacità, ha dichiarato di non volere (articoli 3, 13 e 32).
La presente proposta di legge, che riprende l’analoga proposta di legge atto Camera n. 1280 della scorsa legislatura, si prefigge di superare la differenza di trattamento, ingiusta e incostituzionale, di cui è vittima l’incapace rispetto a chi è in grado di intendere e di volere: infatti, pur se entrambi sono titolari dei medesimi diritti, il primo finisce per sottostare a ciò che è ritenuto opportuno dal medico curante o da altri, senza che la volontà espressa durante la propria vita cosciente sia vincolante per gli operatori sanitari e per i familiari. Come se l’incapacità sopravvenuta cancellasse, oltre che la coscienza, anche il diritto all’identità e al rispetto dei propri princìpi. Il soggetto senziente, invece, può accettare o rifiutare ogni trattamento, come conferma la sentenza del tribunale di Roma che ha riconosciuto la legittimità della richiesta di Piergiorgio Welby di sospensione della ventilazione polmonare. Alle scelte di ognuno, fatte adesso per allora, occorre dare forma giuridica, certa e vincolante erga omnes, affinché non sia ulteriormente equivocabile un diritto ad oggi negato.
La proposta di legge individua nel consenso della persona l’unico fondamento giuridico posto alla base dell’attività medica a cui non riconosce altra legittimazione se non la volontà della persona.
Le cronache giudiziarie e il dibattito sulla vicenda di Eluana Englaro confermano la necessità di una legge che distingua fra l’incapacità sopravvenuta e l’incapacità originaria, in cui versa chi non ha mai avuto modo di formulare validamente una propria scelta perché da sempre incapace o perché ancora immaturo. Un principio riconosciuto anche dalla Corte di cassazione che ha sancito la necessità di «ricostruire la presunta volontà di Eluana e di dare rilievo ai desideri da lei precedentemente espressi, alla sua personalità, al suo stile di vita e ai suoi più intimi convincimenti».
La mancanza di una normativa specifica produce l’equiparazione giuridica, anche in materia di tutela, curatela, protutela e curatela speciale, tra la persona che prima della sopravvenuta incapacità ha preso in piena coscienza una decisione sul proprio fine vita e l’incapace che non ha mai deciso per se stesso: in ogni caso la volontà dell’individuo è sostituita con la volontà altrui e può essere eventualmente riconosciuta solo ricorrendo in giudizio.
La presente proposta di legge prevede, agli articoli 1 e 2, la codificazione espressa dei princìpi già elaborati dalla giurisprudenza in materia di consenso informato. Stabilisce, all’articolo 1, il diritto di ogni persona capace di intendere e di volere a essere informata compiutamente e a prestare il consenso a ogni trattamento medico sanitario. Precisa, inoltre, l’obbligo del medico di fornire le informazioni esclusivamente al paziente, salvo diversa disposizione dello stesso, conferita oralmente o nelle dichiarazioni anticipate di trattamento di cui agli articoli 2 e 3.
All’articolo 2 si chiarisce che tale consenso, prestato nel corso di patologie già in atto, opera anche per il futuro decorso in caso di perdita della capacità naturale. Si prevede, infine, l’obbligo per gli operatori sanitari e per i medici di formalizzarlo nella cartella clinica in caso di ricovero, nelle forme della dichiarazione anticipata di trattamento prevista nell’articolo 3. Chi arriva cosciente in ospedale potrà, in alternativa, consegnare al medico le dichiarazioni anticipate già redatte e riceverne idonea ricevuta.
L’articolo 3 prevede che ogni persona capace, di età superiore a sedici anni, possa validamente decidere e prestare il consenso per i futuri trattamenti che potranno esserle prospettati e che tale dichiarazione rimanga valida anche per il tempo successivo alla perdita della capacità naturale o della capacità di comunicare, come nei casi di persone cosiddette «locked in».
Si descrivono gli elementi essenziali del documento che contiene le volontà e il consenso: forma scritta, data certa, firma autenticata da due testimoni, senza prevedere l’obbligo di registrazione o l’obbligo di rivolgersi al notaio, perché costituirebbe solo un ostacolo burocratico all’esercizio del diritto.
Così come il soggetto capace ha la possibilità di rifiutare ogni tipo di intervento medico-sanitario, compresi l’alimentazione, l’idratazione o i mezzi di respirazione artificiali, allo stesso modo ciò deve essere consentito al paziente non più capace, attraverso la volontà espressa nelle forme descritte dalla legge. A tale fine sono elencati, a titolo esemplificativo, i trattamenti sanitari che lo stesso può chiedere o rifiutare, anche se dovessero accelerare l’esito mortale della patologia in atto.
In assenza di dichiarazioni anticipate o di nomina del fiduciario si terrà conto delle volontà di soggetti istituzionalmente legittimati, cioè l’amministratore di sostegno o il tutore.
L’articolo 4 prevede la possibilità che il dichiarante, nella medesima dichiarazione ovvero in un’altra con la medesima forma, nomini un fiduciario che, in sua vece, divenga titolare dei diritti di cui agli articoli 1 e 2, ovvero interprete e garante della sua volontà in presenza di direttive anticipate. Il fiduciario dovrà agire in conformità alle volontà del paziente.
Le dichiarazioni anticipate vincolano i sanitari fin dal sorgere dell’incapacità e, anche nei casi d’urgenza (articolo 5), se ne dovrà necessariamente tenere conto. Non è richiesto il consenso al trattamento sanitario quando la vita della persona incapace sia in pericolo e il suo consenso o dissenso non possa essere in alcun modo ottenuto e la sua integrità fisica sia minacciata, fatte però salve le volontà espresse nelle dichiarazioni di trattamento prospettate tempestivamente al medico curante, ovvero il consenso o il dissenso informato del fiduciario o, in difetto, dell’amministratore di sostegno o del tutore già nominati in precedenza.
L’articolo 6 si propone di dirimere eventuali controversie con il ricorso al giudice monocratico senza formalità, il quale decide assunte le informazioni necessarie. In caso vi siano dichiarazioni anticipate di trattamento il giudice ha l’obbligo di conformarvisi. Nelle stesse forme si potranno dirimere le eventuali controversie fra i sanitari e il fiduciario nominato, o fra quest’ultimo e i parenti o chiunque ne abbia interesse.
L’articolo 7 demanda al Governo l’istituzione e la regolamentazione del registro nazionale telematico delle dichiarazioni anticipate, la cui raccolta è demandata alla Commissione. Il registro nazionale di cui all’articolo 8 è accessibile da tutte le strutture sanitarie pubbliche e private. I medici curanti devono verificare la presenza di eventuali dichiarazioni del paziente incapace nel registro nazionale, ferma restando la validità giuridica delle dichiarazioni non inserite nello stesso registro. Il registro così costituito darà luogo a un’informativa periodica biennale, da inviare a tutti gli iscritti, per ricordare loro la vigenza delle dichiarazioni anticipate di trattamento registrate e le modalità per l’eventuale rinnovo o cancellazione.
Infine, l’articolo 8 istituisce la Commissione nazionale di controllo, che trasmette al Parlamento una relazione biennale sul rispetto della normativa. L’articolo 9 impegna il Ministero della salute e il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca a diffondere i contenuti della nuova disciplina e a promuoverne la conoscenza attraverso ogni strumento utile a raggiungere, in modo effettivo e capillare, l’opinione pubblica.
Su queste tematiche, che avevano originato, sempre nella precedente legislatura, un testo base approvato al Senato della Repubblica e poi arenatosi in Commissione alla Camera dei deputati, la diversità di opinione è a tutti evidente. Nonostante ciò, appare del tutto indiscutibile che il Parlamento, pur in presenza di diverse opinioni, non possa più esimersi dall’affrontare un tema di siffatta importanza che ha profondamente coinvolto l’opinione pubblica.

PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Dovere informativo del medico).
1. Ogni persona capace ha il diritto di conoscere e di essere informata in modo completo e comprensibile sulle proprie condizioni di salute, in particolare riguardo alla diagnosi, alla prognosi, alla natura, ai benefìci e ai rischi delle procedure diagnostiche e terapeutiche proposte dal medico, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze del rifiuto del trattamento sanitario.
2. Fatti salvi i casi in cui la persona rifiuta espressamente di essere informata ai sensi del comma 1, in cui la stessa ha indicato un altro soggetto per ricevere le informazioni in sua vece, ovvero in cui la decisione è contenuta in una precedente dichiarazione di volontà resa ai sensi dell’articolo 3, l’obbligo del medico di informare sussiste anche quando particolari condizioni consigliano l’adozione di cautele nella comunicazione.
3. Fatto salvo l’espresso consenso del paziente, il medico non può riferire a terzi le informazioni rese ai sensi del comma 1.
Art. 2.
(Consenso informato).
1. Ogni persona capace maggiore di sedici anni ha il diritto di scegliere, autonomamente e liberamente, se accettare o rifiutare i trattamenti sanitari considerati dai medici appropriati per la sua patologia o il cui possibile impiego sia prevedibile in relazione allo sviluppo della patologia stessa. Le volontà espresse, compreso il rifiuto dei trattamenti sanitari, devono essere rispettate dai sanitari, anche qualora ne derivi un pericolo per la salute o per la vita del dichiarante, e li esentano da
ogni responsabilità, anche in deroga a diverse disposizioni di legge vigenti prima della data di entrata in vigore della presente legge. Il consenso al trattamento sanitario può essere sempre revocato dal suo autore, anche in modo parziale.
2. In caso di ricovero ospedaliero la dichiarazione di volontà di cui al comma 1 è annotata nella cartella clinica del paziente e da questi sottoscritta, alla presenza di due testimoni scelti dal paziente, ed è vincolante per i sanitari. Dell’avvenuta ricezione è data ricevuta scritta al paziente, ai testimoni e al fiduciario, se nominato.
3. Ogni trattamento sanitario somministrato in assenza del consenso informato di cui all’articolo 1 e al comma 1 del presente articolo, o ad esso contrario, è perseguibile penalmente e civilmente a tutti gli effetti.
Art. 3.
(Dichiarazione anticipata sui trattamenti sanitari).
1. Ogni persona capace maggiore di sedici anni ha la facoltà di redigere una dichiarazione anticipata di volontà, che resta valida e vincolante per i medici curanti anche nel caso in cui sopravvenga una perdita della capacità naturale, con la quale dà disposizioni per il proprio fine vita. A tale fine, la medesima persona può, nei casi indicati dalla dichiarazione stessa, esprimere la propria volontà di rifiutare qualsiasi trattamento sanitario. In particolare, può esprimere la propria volontà:
a) di rifiutare qualsiasi forma di rianimazione cardiaca o polmonare;
b) di non essere sottoposta ad alcun ulteriore trattamento sanitario sia farmacologico, chirurgico o strumentale;
c) di non essere sottoposta alla nutrizione e all’idratazione sia artificiali sia per mano di terzi;
d) di poter fruire, in caso di gravi sofferenze anche psicologiche, di ogni trattamento
palliativo, anche qualora lo stesso possa accelerare l’esito mortale della patologia in atto.
2. La dichiarazione anticipata di volontà di cui al comma 1 del presente articolo, nonché la nomina del fiduciario di cui all’articolo 4, comma 1, sono allegate, in caso di ricovero ospedaliero, alla cartella clinica e sono vincolanti per i sanitari. Dell’avvenuta ricezione deve essere data ricevuta scritta al paziente, ai testimoni e al fiduciario, se nominato.
3. I testimoni, i parenti, le associazioni, nonché chiunque è in possesso di copia della dichiarazione anticipata di volontà possono presentare la stessa ai sanitari in caso di impedimento a esibire l’originale da parte della persona interessata o del suo fiduciario, se nominato, e possono chiederne ricevuta ai sensi del comma 2.
4. Nel caso in cui la persona da sottoporre al trattamento sanitario versi nello stato di incapacità di accordare o di rifiutare il proprio consenso, si ha riguardo alle volontà espresse nella dichiarazione anticipata di cui al comma 1 del presente articolo e, in subordine, a quelle manifestate dal fiduciario nominato ai sensi dell’articolo 4 o, in mancanza di questo, dall’amministratore di sostegno o dal tutore, se nominato.
5. Qualora non ricorrano le circostanze di cui al comma 4, su istanza di chiunque, avendone titolo, sia venuto a conoscenza dello stato di incapacità del soggetto interessato, il giudice tutelare provvede alla nomina del tutore.
6. Il mancato rispetto delle volontà contenute nella dichiarazione anticipata di cui al comma 1, nonché di quelle espresse dai soggetti legittimati ai sensi del comma 4, è perseguibile penalmente e civilmente a tutti gli effetti.
7. Le dichiarazioni di cui al presente articolo nonché la nomina del fiduciario di cui all’articolo 4 sono formulate con atto scritto di data certa e con sottoscrizione autenticata da due testimoni. Con le medesime forme sono rinnovabili, modificabili o revocabili in ogni momento. In caso di più dichiarazioni anticipate divergenti, è
ritenuta valida quella avente data certa posteriore.
Art. 4.
(Nomina del fiduciario).
1. La dichiarazione anticipata di cui all’articolo 3 può contenere l’indicazione di una persona di fiducia alla quale sono attribuite la titolarità, in caso di incapacità dell’interessato, dei diritti e delle facoltà che a questi competono ai sensi della presente legge nonché la tutela del rispetto da parte dei sanitari delle direttive espresse dallo stesso interessato.
2. Il fiduciario può altresì essere nominato in un’altra separata dichiarazione nelle medesime forme di cui all’articolo 3, comma 7, e anche in assenza di dichiarazioni anticipate di volontà. Il fiduciario agisce in conformità alle volontà del paziente.
Art. 5.
(Situazione d’urgenza).
1. Fatti salvi i casi di cui agli articoli 1 e 2, la dichiarazione anticipata prevista dall’articolo 3 e la nomina del fiduciario effettuata ai sensi dell’articolo 4 producono i loro effetti vincolanti dal momento in cui interviene lo stato di incapacità decisionale del predisponente.
2. Non è richiesto il consenso al trattamento sanitario quando la vita della persona incapace è in pericolo, il suo consenso o dissenso non può essere in alcun modo ottenuto e la sua integrità fisica è minacciata, fatti in ogni caso salvi le volontà espresse nelle dichiarazioni di cui all’articolo 3, tempestivamente prospettate al medico curante, e il consenso o il dissenso al trattamento da parte dei soggetti legittimati eventualmente presenti, espressi ai sensi dell’articolo 3, comma 4.
Art. 6.
(Risoluzione delle controversie).
1. I sanitari, il fiduciario, i testimoni, il tutore nonché chiunque ne ha titolo possono
ricorrere senza formalità al giudice del luogo dove dimora l’incapace, qualora ritengano che non siano rispettate le volontà espresse nelle dichiarazioni anticipate di cui all’articolo 3. Il giudice decide in conformità a tali volontà.
2. In assenza di dichiarazioni anticipate di volontà, e in presenza del fiduciario nominato ai sensi dell’articolo 4, qualora sorgano controversie in merito al consenso o al dissenso alle cure proposte dai medici, questi ultimi, ovvero chiunque ne ha titolo, possono proporre ricorso, con la modalità prevista dal comma 1.
Art. 7.
(Istituzione del registro nazionale telematico delle dichiarazioni anticipate).
1. Fatte salve le modalità di raccolta delle dichiarazioni anticipate di volontà già realizzate alla data di entrata in vigore della presente legge, entro sei mesi dalla medesima data, il Governo istituisce, con regolamento, il registro nazionale telematico delle dichiarazioni anticipate di cui all’articolo 3, di seguito denominato «registro», nel quale sono raccolte a cura della Commissione nazionale di cui all’articolo 8, comma 1, le dichiarazioni previste dagli articoli 3 e 4. Resta salva la validità giuridica delle dichiarazioni non inserite nel registro.
2. Il registro deve essere accessibile in tempo reale da parte di tutte le strutture sanitarie pubbliche e private operanti nel territorio nazionale.
3. I medici curanti di pazienti incapaci sono tenuti a verificare la presenza di eventuali dichiarazioni dei medesimi pazienti contenute nel registro.
4. I soggetti le cui dichiarazioni previste dagli articoli 3 e 4 sono inserite nel registro ricevono un’informativa periodica biennale sulle medesime dichiarazioni in corso di validità nonché sulle modalità per il loro eventuale rinnovo o cancellazione.
Art. 8.
(Commissione nazionale di controllo).
1. È istituita, presso il Ministero della salute, la Commissione nazionale di controllo
sull’attuazione della presente legge, di seguito denominata «Commissione», disciplinata con regolamento del Ministro della salute.
2. La Commissione presenta alle Camere, con cadenza biennale, una relazione sullo stato di attuazione e sul rispetto delle disposizioni della presente legge.
3. La Commissione, inoltre, invia annualmente alle Camere i dati attestanti la corrispondenza fra le dichiarazioni previste dagli articoli 3 e 4 e i rispettivi trattamenti attuati dai sanitari.
Art. 9.
(Attività di pubblicizzazione e informazione).
1. Il Ministero della salute e il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ciascuno per le proprie competenze, si attivano affinché le disposizioni della presente legge siano pubblicizzate in tutto il territorio nazionale, nelle forme ritenute più opportune dai medesimi Ministeri.
2. Nell’ambito dell’attività di pubblicizzazione prevista dal comma 1 è, in particolare, curata la diffusione dell’informazione presso gli istituti della scuola secondaria di secondo grado e presso le aziende sanitarie locali e ospedaliere, anche tramite la distribuzione di appositi opuscoli divulgativi.
3. L’informazione sulle disposizioni della presente legge è, altresì, assicurata prevedendo la diffusione di appositi spot nell’ambito della programmazione nazionale e regionale della RAI – Radiotelevisione italiana Spa. Gli spot devono essere trasmessi con frequenza giornaliera nelle ore di maggiore ascolto e per la durata di un mese continuativo a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge.

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