sabato 18 Giugno 2016

Bergamo in marcia per la Giornata mondiale del rifugiato


13466286_1094629027265037_2083205145157846400_n“Secondo l’Unhcr il numero di profughi e rifugiati in fuga dal conflitti e persecuzioni nel mondo ha raggiunto il record di 65,3 milioni nel 2015. Un numero che supera gli abitanti di gran parte delle nazioni europee, Italia compresa. I rifugiati sono stati 21,3 milioni, i profughi, che hanno lasciato le loro case senza abbandonare il loro paese, 40,8 milioni”. Lo ha detto Pia Locatelli che ha partecipato a Bergamo alla marcia organizzata dal Forum provinciale dal Comune, dagli Enti Locali per la Pace, e dalla la Caritas Diocesana, in occasione della Giornata mondiale del rifugiato. La marcia fa parte di una serie di iniziative per l’accoglienza dei richiedenti asilo, che si concluderanno domenica 26 con delle partite di calcetto.

“Secondo l’Unhcr – ha proseguito Pia Locatelli – un essere umano su 113 è oggi sradicato, è un richiedente asilo, profugo interno o rifugiato”, e tra i rifugiati il 51% sono bambini, molti dei quali hanno abbandonato i loro Paesi da soli. Ci sono poi i dati diffusi dal rapporto da ActionAid e Oxfam, dove sono raccolte le testimonianze di oltre 250 persone dai campi profughi di Lesbo, Atene e dell’Epiro, che parlano di oltre 50 mila migranti, in fuga da guerra e povertà, rimasti bloccati in Grecia e costretti a vivere in centri di detenzione, edifici abbandonati o campi improvvisati, dopo la chiusura delle frontiere in Nord Europa e dopo l’accordo UE-Turchia.

Di fronte a questa situazione non possiamo restare a guardare. Il nostro Paese ha fatto molto, moltissimo. L’Europa al contrario ha eretto muri e fili spinati, chiudendosi sempre più in se stessa. Alcuni Governi, per paura di perdere consensi a favore dei partiti nazionalisti e xenofobi, sono venuti meno alla loro vocazione di accoglienza e hanno messo in atto politiche di respingimento. Ma chi rischia la vita non si ferma davanti a un muro. Oggi più che mai è necessario difendere e promuovere il diritto d’asilo e la cultura dell’accoglienza. Non possiamo assuefarci alle morti in mare, al dolore e alla disperazione di chi scappa, al dramma di chi chiede di entrare e rischia di essere rimandato indietro o a vivere da recluso. Non lasciamo  – ha concluso – che l’indifferenza abbia la meglio sulla nostra umanità”.