Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo
Discussione generale
Brevi considerazioni su questo disegno di legge atteso da quattro legislature che ha il sostegno convinto del gruppo socialista. L’essere riusciti a portare a conclusione questo percorso è merito soprattutto del Viceministro Lapo Pistelli, al quale va la nostra gratitudine.
Le leggi vanno di pari passo con un Paese di solito, ma, a volte, capita che anticipino o, addirittura, guidino l’evoluzione dei costumi; altre, invece, non sono in grado di tenere il passo con le realtà che si evolve. È il caso della legge n. 49 sulla cooperazione, perché dalla sua approvazione è cambiato il mondo: è cambiato negli attori, negli interlocutori, nei Paesi partner, negli strumenti utilizzati, compresi quelli finanziari.
Quando fu approvata la legge n. 49, ai tempi del secondo Governo Craxi, era una
legge innovativa, ma ventisette anni sono tanti, troppi, anche perché, nel frattempo, gli altri Paesi hanno fatto passi da gigante. Ad esempio, non si fanno quasi più interventi settorializzati e gli interventi hanno assunto un carattere si dice olistico, integrato, per lo sviluppo economico, l’ambiente sostenibile, l’empowerment umano o la good governance; e i soggetti, istituzionali e non, pubblici e privati, sono aumentati per numero e per tipologie: accanto a quelli tradizionali, ci sono ora le associazioni dei migranti, gli attori della cooperazione decentrata, che ha assunto un ruolo crescente, le università, le aziende, le fondazioni.
La cooperazione, però, continua ad essere una parte importante, anzi qualificante della nostra politica estera, come dice l’articolo 1 del nuovo provvedimento, per cui il titolare delle politiche di cooperazione è il Ministro – nel nostro caso, la Ministra – degli affari esteri, con delega al Viceministro, che partecipa al Consiglio dei ministri quando la cooperazione è all’ordine del giorno; e, poi le politiche dei vari Ministeri sono programmate e coordinate in un Comitato interministeriale, previsto dall’articolo 15, per quelle azioni di Governo che hanno un impatto internazionale: quindi, parliamo di politiche ambientali, di immigrazione, di politiche commerciali e anche culturali, e non solo.
Cambia il nome del Ministero, che diventa, appunto, MAECI, e in questo modo, noi riconosciamo alla cooperazione una dignità politica rilevante, prioritaria nelle relazioni interministeriali.
Due parole brevi sul Comitato interministeriale. È il luogo di indirizzo politico, di programmazione strategica, con visione triennale, garante della coerenza complessiva delle politiche. Il provvedimento – questo è un punto dolens – prevede un lavoro programmato per un arco di tempo che vada oltre l’anno – si parla di tre anni – e il Consiglio dei ministri, infatti, è chiamato a predisporre un documento triennale di programmazione che va aggiornato annualmente. Tutto logico, sembra logico prevedere questa programmazione, perché serve al Viceministro, ma serve soprattutto ai vari attori della cooperazione che devono avere una qualche certezza di orizzonte medio.
Noi diciamo che questa è la logica, altrimenti, di fatto, come si fa a concordare con un partner internazionale un impegno, ad esempio, di tre anni, se non si è certi di poterlo rispettare ? Ma qui sta uno degli ostacoli in cui ci siamo imbattuti. Il parere della Commissione bilancio ha bocciato l’emendamento votato all’unanimità in Commissione affari esteri, che prevede la non possibilità di riduzione degli stanziamenti previsti dalla programmazione triennale. Dal punto di vista tecnico, niente da eccepire nei confronti della decisione della Commissione, ma questo è proprio uno dei casi emblematici in cui il rispetto delle norme rende, di fatto, difficile un lavoro serio, coerente, programmato, che dia una qualche certezza, e non siamo in grado di risolverlo.
Altra grande novità del disegno di legge è l’affidamento degli aspetti gestionali ed operativi ad un’Agenzia. In questo abbiamo copiato l’esperienza di altri Paesi, facendo tesoro delle loro pratiche, perché loro sono più avanti di noi; più elegantemente il Viceministro Pistelli ha parlato di riallineamento del modello italiano a quello largamente prevalente in Europa e fra i Paesi OCSE, quindi: al Ministero le strategie e le politiche di cooperazione e la vigilanza sull’Agenzia, all’Agenzia gli aspetti gestionali e operativi, le istruttorie sul campo, la predisposizione dei bandi, la valutazione dell’efficacia degli interventi e la rendicontazione delle spese.
A noi socialisti sembra davvero un buon disegno di legge capace di cogliere appieno le opportunità e le nuove sfide mondiali, perché ora la cooperazione, o meglio la promozione dello sviluppo, ha ambizione, ambiti e progetti più complessi: la tutela ambientale, l’institution building of empowerment economic e così via. Va bene, ma noi avremmo voluto presentare qualche emendamento e ne sottolineo, tra gli altri, un paio: all’articolo 1, alla lettera b), quando si parla di affermazione dei diritti umani, noi chiediamo di aggiungere l’empowerment delle donne. Si tratta sia di
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adeguare il linguaggio a quello usato a livello ONU sia di favorire azioni positive a favore delle donne del sud del mondo.
Un secondo emendamento lo proponiamo a proposito della parte che si riferisce alla prevenzione dei conflitti e a sostenere i processi di pacificazione dove noi chiediamo di aggiungere il contrasto alla violenza contro le donne e i minori. È inutile che ne spieghi la motivazione: sta nella risoluzione 1325 dell’ONU e, soprattutto, sta nel fatto che l’Italia ha sempre dato attenzione e impegno al contrasto e al contenimento di questi fenomeni, cioè della violenza contro le donne, in diversi Paesi, come in Afghanistan, Libano, Palestina e in questo caso la coerenza vale doppio. Quindi, insistiamo perché questi due emendamenti siano accettati.
Un’ultima cosa, sempre a proposito di donne, vorrei ringraziare la relatrice, una giovane donna che ha fatto un lavoro ottimo; Lia Quartapelle è stata bravissima, insieme al Viceministro, a portare a casa questo lavoro.