PROPOSTA DI LEGGE
d’iniziativa dei deputati
MARAZZITI, GOZI, SANTERINI, RAMPI, CENTEMERO, LOCATELLI, ZARATTI, GITTI, SCHIRÒ PLANETA, BERGAMINI, BUTTIGLIONE, MARCON, DAMBRUOSO, NICOLETTI, FITZGERALD NISSOLI, SBERNA, GUTGELD, PARRINI, BONOMO, DI GIOIA, BALDUZZI, REALACCI
Modifiche al codice penale concernenti l’abolizione della pena dell’ergastolo
Presentata il 9 agosto 2013
Onorevoli Colleghi! Un grande italiano e un grande poeta come David Maria Turoldo ci aiutava a capire che già di per sé il crimine è pena. Ma so quanto questo possa sembrare un ragionamento raffinato, da anime belle, a tanti di noi che, giustamente, come chi vi parla, come noi, ma anche come padre David, avevano e hanno a cuore le vittime dei reati e i loro familiari, la parte immediatamente più debole perché già colpita in maniera dura. Ma non si aiuta la guarigione delle ferite subite con la promessa di una pena infinita, che congela nella mente e nel cuore vittime e autori del reato nel momento peggiore della loro vita. Vedete, se immaginiamo un condannato a morte capiamo con facilità come la promessa di guarigione per i familiari delle vittime attraverso l’attesa del momento magico e terribile dell’esecuzione del reo rappresenti una falsa promessa di guarigione. La guarigione è un processo, non è mai un atto puntuale. È sempre un vento di vita, mai di morte. Ha a che vedere con la comprensione, spesso il perdono dell’altro, sicuramente una maggiore comprensione di sé. Non con la vendetta. Nel caso della morte lenta del carcere che non finisce mai è difficile credere davvero che sia una forma di giustizia verso le famiglie delle vittime congelarle nel terribile e amaro gusto della vendetta, del rendere male per male, come nell’agonia. Dobbiamo aiutare a guarire davvero dal dolore anche le famiglie delle vittime senza la promessa di una guarigione che apre ad altri mali, affettivi, psicologici, di visione del mondo.
L’ergastolo ostativo è una pena di morte al rallentatore. La pena di morte ripugna all’Italia e agli italiani, e il nostro Paese è in prima fila a livello internazionale in un’intelligente ed efficace diplomazia dei diritti umani, che raccoglie il meglio della nostra politica estera e della grande capacità di mobilitazione e innovazione della società civile e delle organizzazioni non governative in questo campo. Questo Parlamento è molto sensibile a questo tema: per la prima volta 160 tra senatori e deputati, con chi vi parla, hanno accettato di dare vita a un intergruppo parlamentare contro la pena di morte.
In Italia ci sono ergastolani entrati da giovani nel sistema carcerario, che invecchiano e sono destinati a morire in carcere. Vi è una dose ineliminabile di tortura e di stortura nel pensiero che qualunque cosa buona io possa fare questa non avrà mai un impatto all’esterno e nessuno potrà mai goderne né potrà mai incoraggiarmi a continuare su questa strada. Quando lo Stato si appropria della vita di un cittadino vi è una sproporzione, una irrimediabilità che non possono essere spiegate. È chiaro nel caso della pena di morte, ma è chiaro, anche se più implicito e sommesso, nel caso di vite sequestrate per sempre, maledette per sempre, senza la possibilità di riabilitazione. E si priva il reo dell’ambizione a emendarsi, o la si affida a capacità personali e spirituali che nulla hanno a che vedere con lo Stato e con la nostra responsabilità a che le pene inflitte siano sempre giuste e tendenti a emendare il crimine commesso e il reo.
È del resto la finalità rieducativa e risocializzante la funzione cui la Carta costituzionale subordina l’irrogazione, e ancor prima la comminatoria edittale della pena. In assenza di tale componente teleologica, di questo fine, la misura diventa contraria all’ordinamento di uno Stato di diritto, nonché al sistema costituzionale nel suo complesso, fondato come noto sul principio personalistico, che vieta la strumentalizzazione della persona per fini che la trascendano, siano anche gli interessi meta-individuali alla difesa sociale, alla prevenzione del crimine, alla sicurezza collettiva.
È del resto il divieto di strumentalizzazione della persona il nucleo fondamentale del diritto alla dignità sancito dagli articoli 2 e 3 della Costituzione, nella misura in cui delinea ogni persona quale titolare del diritto inviolabile al rispetto del proprio valore e alla propria singolarità, insuscettibile di strumentalizzazione alcuna.
La pena perpetua è stata ritenuta legittima dalla Consulta nella misura in cui, paradossalmente, il reo possa beneficiare della liberazione condizionale e delle misure previste dalla legge 10 ottobre 1986, n. 663 (cosiddetta «legge Gozzini»).
Tale argomento dimostra quindi a contrario come la legittimità della pena suddetta sia subordinata al fatto che non diventi poi in realtà tale, che sia cioè limitata e interrotta da benefìci che consentano al condannato una possibilità di reinserimento sociale, quale esito del percorso rieducativo, teso alla riacquisizione dei valori condivisi dalla società e dall’ordinamento giuridico di riferimento.
L’esperienza insegna come, in linea generale, la gravità della pena, oltre un certo limite, non abbia affatto efficacia preventiva, che è invece realmente assicurata dal restringimento delle aree di impunità e dall’efficienza e rapidità del processo.
Inoltre, il carattere fisso e immodificabile della comminatoria edittale dell’ergastolo viola palesemente i princìpi di eguaglianza-ragionevolezza, di proporzionalità tra reato e pena, di individualizzazione della sanzione criminale, nonché di colpevolezza per il fatto.
L’assenza, nel caso della comminatoria dell’ergastolo, di una cornice edittale entro cui modulare la risposta sanzionatoria adeguata al caso concreto, impedisce di fatto al giudice di esercitare la doverosa funzione di commisurazione della pena, in relazione alle caratteristiche del fatto di reato, del suo disvalore penale, dell’elemento soggettivo e degli altri criteri di cui all’articolo 133 del codice penale.
La presente proposta di legge propone pertanto la sostituzione della pena dell’ergastolo con quella della reclusione di anni trentatre, che rappresenta peraltro un limite di comminatoria edittale di pena detentiva decisamente superiore rispetto a quanto previsto dalla maggioranza dei Paesi europei.
I primi quattro articoli riformulano il sistema delle sanzioni penali alla luce della soppressione dell’ergastolo; gli altri operano un puntuale coordinamento del complesso delle disposizioni vigenti con le innovazioni proposte.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
Art. 2.
«Art. 17. (Pene principali, altre pene e sanzioni sostitutive). – Le pene principali stabilite per i delitti sono la reclusione speciale, la reclusione e la multa.
Le pene principali stabilite per le contravvenzioni sono l’arresto e l’ammenda.
La legge prevede i casi e le condizioni per l’applicazione di altre pene e di sanzioni sostitutive delle pene principali e ne determina la specie».
Art. 3.
«Art. 18. (Denominazione e classificazione delle pene principali). – Sotto la denominazione di pene detentive o restrittive della libertà personale la legge comprende la reclusione speciale, la reclusione e l’arresto.
Sotto la denominazione di pene pecuniarie la legge comprende la multa e l’ammenda».
Art. 4.
«Art. 22. (Reclusione speciale). – La pena della reclusione speciale si estende sino a trentatre anni».
Art. 5.
«Salvo quanto disposto dall’articolo 22, la pena della reclusione si estende da quindici giorni a ventiquattro anni, ed è scontata in uno degli stabilimenti a ciò destinati, con l’obbligo del lavoro e con l’isolamento notturno».
Art. 6.
«Art. 28. – (Interdizione dai pubblici uffici). – L’interdizione dai pubblici uffici è temporanea. Essa non può avere una durata inferiore a un anno né superiore a dieci e, salvo che dalla legge sia altrimenti disposto, priva il condannato, durante l’interdizione stessa:
1) del diritto di elettorato o di eleggibilità in qualsiasi comizio elettorale, e di ogni altro diritto politico;
2) di ogni pubblico ufficio, di ogni incarico non obbligatorio di pubblico servizio, e della qualità ad essi inerente di pubblico ufficiale o d’incaricato di pubblico servizio;
3) dell’ufficio di tutore o di curatore, anche provvisorio, e di ogni altro ufficio attinente alla tutela o alla cura;
4) dei gradi e delle dignità accademiche, dei titoli, delle decorazioni o di altre pubbliche insegne onorifiche;
5) di ogni diritto onorifico, inerente a qualunque degli uffici, servizi, gradi o titoli e delle qualità, dignità e decorazioni indicati nei numeri precedenti;
6) della capacità di assumere o di acquistare qualsiasi diritto, ufficio, servizio, qualità, grado, titolo, dignità, decorazione e insegna onorifica, indicati nei numeri precedenti.
La legge determina i casi nei quali l’interdizione dai pubblici uffici è limitata ad alcuni dei diritti, uffici, servizi, qualità, gradi, titoli e onorificenze di cui al primo comma».
Art. 7.
«Art. 29. – (Casi nei quali alla condanna consegue l’interdizione dai pubblici uffici). – La condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni importa l’interdizione del condannato dai pubblici uffici per la durata di anni dieci; la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni importa l’interdizione stessa per la durata di anni cinque.
La dichiarazione di abitualità o di professionalità nel delitto, ovvero di tendenza a delinquere, importa l’interdizione dai pubblici uffici fino a quando essa venga revocata».
Art. 8.
Art. 9.
«Nel caso previsto dall’articolo 22 la sentenza di condanna è pubblicata mediante affissione nel comune ove è stata pronunciata, in quello ove il delitto fu commesso, e in quello ove il condannato aveva l’ultima residenza».
Art. 10.
«Nel caso previsto dall’articolo 22 non operano le disposizioni di cui al presente articolo e si applica la pena della reclusione speciale di anni trentatre».
Art. 11.
«Art. 65. – (Diminuzione di pena nel caso di una sola circostanza attenuante). – Quando ricorre una circostanza attenuante e non è dalla legge determinata la diminuzione di pena, le pene sono diminuite in misura non eccedente un terzo».
Art. 12.
«1) gli anni trentatre, se si tratta della reclusione speciale;
2) gli anni trenta, se si tratta della reclusione;
3) gli anni cinque, se si tratta dell’arresto;
3-bis) e, rispettivamente, 10.330 euro o 2.066 euro, se si tratta della multa o dell’ammenda; ovvero, rispettivamente, 30.987 euro o 6.197 euro se il giudice si avvale della facoltà di aumento indicata al secondo comma dell’articolo 133-bis».
Art. 13.
«Se concorrono più circostanze attenuanti, la pena da applicare per effetto delle diminuzioni non può essere inferiore a dieci anni di reclusione nel caso previsto dall’articolo 22».
Art. 14.
«Al colpevole di più delitti, ciascuno dei quali importa la pena della reclusione speciale, si applica tale pena nella misura di anni trentatre, con l’isolamento diurno da sei mesi a due anni.
Nel caso di concorso di un delitto che importa la pena della reclusione speciale con uno o più delitti che importano pene detentive temporanee di specie diversa, si applica la pena della reclusione speciale con l’isolamento diurno da due a dodici mesi»;
Art. 15.
Art. 16.
«Nel caso di concorso di reati preveduto dall’articolo 73, la pena da applicare è sino ad anni trenta di reclusione se per uno o più dei delitti concorrenti deve essere applicata la disposizione di cui all’articolo 22. Negli altri casi la pena da applicare non può essere superiore al quintuplo della più grave fra le pene concorrenti, né comunque eccedere:».
Art. 17.
Art. 18.
Art. 19.
Art. 20.
Art. 21.
«Se per il delitto commesso è stabilita dalla legge la reclusione non inferiore nel minimo a dieci anni, la misura di sicurezza è ordinata per un tempo non inferiore a tre anni».
Art. 22.
Art. 23.
Art. 24.
Art. 25.
Art. 26.