“Pensando a Salvo Parigi, alla sua vita e al suo impegno, noi socialisti non possiamo che pensarlo amministratore, al Comune di Bergamo e in Regione. Certo era anche uomo di partito, un dirigente, per anni segretario provinciale, prima di essere assessore, ma noi lo pensiamo amministratore perché lui era per tutti noi un’ancora solida ed una bussola sui temi dell’amministrazione”. Lo ha detto Pia Locatelli, intervenendo a Bergamo, nella sende dell’ANPI, alla commemorazione di Salvo Parigi scomparso venerdì scorso.
“Era un amministratore e insieme un formatore per tutti noi militanti e amministratori socialisti, quasi tutti all’opposizione. La cosa bella di Salvo era che era a disposizione di tutti con le sue consulenza, pur essendo noi divisi tra correnti, e a volte le lotte correntizie erano feroci.
Salvo era socialista demartiniano e bertoldiano, cioè dell’ala sinistra dei demartiniani, e per questo non contribuì all’elezione di Bettino Craxi, continuando però a dare il suo contributo al partito come quando il segretario era De Martino, avendo lui il senso dell’appartenenza al partito oltre che una profonda lealtà.
A parole poteva apparire un massimalista, nei fatti aveva la concretezza dell’azione. Era un amministratore pragmatico nel senso che partiva dalla realtà per quella che era per poi trasformarla, cambiarla in senso progressista, da riformista.
Per questo girava la provincia, andava nelle sezioni rispondendo alle nostre richieste su problemi amministrativi, soprattutto urbanistici: faceva formazione.
Salvo entrò in Consiglio Comunale di Bergamo nel 56, e occupò i banchi dell’opposizione per otto anni. Nel ‘64 i socialisti, con i socialdemocratici, entrano a far parte del governo della città con l’avvio, nel dicembre del’63, del primo governo nazionale di centro-sinistra.
E segnano l’amministrazione in modo significativo: partono i primi asili comunali con Lina Dasso, il primo festival jazz, il nuovo piano regolatore. Salvo Parigi è assessore ai lavori pubblici: ed è protagonista di un’opera nascosta ma importante: il completamento del sistema fognario (come fece un altro assessore socialista, Rino Tiani recentemente scomparso). Ci troviamo ma nel quinquennio segnato dalla preparazione del nuovo piano regolatore che porta la firma prestigiosa di Astengo: un piano studiato in tutta Italia ed anche in Europa. La Rai gli dedica una trasmissione di due ore (allora c’era unico canale).-
Poi ci fu la scissione tra socialisti e socialdemocratici, i socialisti uscirono dalla maggioranza (che errore! E giustamente la DC non volle scegliere tra i due) e così rimanemmo all’opposizione fino al 1985 quando Salvo rientrò in consiglio comunale per altri cinque anni.
Ovviamente Salvo Parigi non rimase inattivo, al contrario. Nel 1970 nascono le Regioni e Salvo viene eletto in Consiglio Regionale e vi resta per dieci anni. Diventa assessore regionale nella prima legislatura (nella seconda sarà capogruppo) e la segna in modo importate con la sua attività: fa approvare la legge regionale 51 del 1975 “Disciplina urbanistica del territorio regionale e misure di salvaguardia del patrimonio naturale e paesistico.” L’anno prima era stata approvala la legge che istituisce il Parco della Valle del Ticino.
Anche il Parco dei Colli lo dobbiamo a Salvo: il piano passò al terzo tentativo perché i DC lo bocciarono fino a che la legge non portò anche la firma del democristiano Galli oltre che del Socialista Parigi (1977).
Aveva una sensibilità ai tempi ecologici in anticipo sul paese. Ricordiamo infatti che da noi i Verdi sono nati un decennio dopo, con il disastro di Chernobil. Anticipava i tempi e spiegava che salvaguardare il territorio, trattarlo bene, era un modo perché tutti ne godessero (da socialista) e a lungo, anzi per sempre. Lavorava e ci formava.
Noi giovani socialisti di Clusone lo conoscemmo nella prima metà degli anni ‘70, quando in un bel gruppo entrammo nella sezione PSI guidata da Guerino Giudici, il ciclista del paese, il socialista che insegnò a tutti noi come si sta in Consiglio comunale. I due erano amici, oltre che compagni. Chiamammo Salvo per fermare la costruzione di una piscina in zona vincolata. Si mise a disposizione dicendoci che avrebbe fatto quello che poteva essendo lui “un semplice ingegnere elettrotecnico” (era già assessore). Poi ci aiutò più tardi nella battaglia per realizzare il piano di edilizia economico popolare previsto nel piano regolatore di Clusone, ma alla cui realizzazione la DC, che pure quel piano aveva votato, si opponeva. La proprietà privata dei terreni su cui insisteva la previsione dell’edilizia economico-popolare era di difficile accettazione per i DC.
A Clusone così come in tanti paesi della provincia di Bergamo, paesi piccoli e piccolissimi che non trascurava, se chiamato. A disposizione: era il suo modo di essere socialista. Così lo abbiamo per troppe sere e troppe ore sottratto a sua moglie Imelda,a suo figlio Ettore cui dobbiamo gratitudine per aver accettato di essere trascurati perché lui potesse dedicarsi a noi, alla sua città, alla sua regione ,al suo partito, il PSI.
Il PSI era il suo partito e non ci perdonò quando nel 1994 lo sciogliemmo. Fummo costretti a farlo, per liberarci del fardello dei debiti che il partito si portava addosso.
Ero a quell’assemblea alla fiera di Roma, 23 anni fa, votai con dolore a favore di quella decisione e tornai a Bergamo a spiegarlo. Non me lo ha mai perdonato. Non si iscrisse più al PSI -che prese anche nomi diversi: SI, SDI, PS- perché non c’era più quel partito, quello in cui aveva militato, quello che era stato la sua vita, Continuando a seguirci con attenzione però: era informato di tutto quello che il partito erede del PSI faceva. Naturalmente non si iscrisse a nessun altro partito. Mi mandò un messaggio affettuoso quando fui eletta presidente dell’internazionale socialista donne e quando l’anno dopo, Roberto Bruni fu eletto sindaco di Bergamo ed io parlamentare europea lo sentimmo vicinissimo e contento. La generazione successiva alla sua era impegnata a continuare il suo lavoro e non abbiamo ancora finito. Grazie Salvo, e con te ricordiamo anche Eugenio Bruni e Giuseppe Giupponi: tre socialisti, tre antifascisti”.
Di seguito l’articolo su L’eco di Bergamo